Cari fratelli Laziali, in queste ultime ore la nostra amata Lazio è finita sulle pagine di tutti i giornali e nel bel mezzo dei dibattiti delle emittenti sportive. Stiamo attraversando un periodo fantastico, la classifica parla chiaro, siamo ad un punto della Juventus e in piena corsa per il titolo. “La Lazio è l’anti-Juve”, titolano i quotidiani, “La Lazio è come una famiglia”, confessa il presidente Lotito, che racconta di come i calciatori lo coinvolgano perfino nei fatti personali, chiedendogli consigli riguardanti la propria sfera personale. Insomma, il clima è realmente disteso, forse come mai prima in centovent’anni di storia. Da queste pagine continuiamo a seguire la nostra linea editoriale, caratterizzata da un consapevole realismo che guarda all’ottimismo. Come tutti voi, siamo assai scaramantici. E perciò, senza ulteriore indugio, ci andiamo a tuffare nel ricordo del Genoa Lazio del gennaio 1974, il nostro “anno felice”, il capolavoro del “Maestro” Tommaso Maestrelli, che sembra aver finalmente trovato, nello sguardo lungimirante di Simone Inzaghi, quel successore a lungo sognato. È il giorno dell’Epifania, è la XII giornata del Campionato di Serie A 1973/74: a Genova è una giornataccia. Sono due giorni che una perturbazione atlantica sta flagellando la Liguria col suo carico di nubi. Sebbene la domenica mattina le condizioni meteo siano in netto miglioramento, sussistono vento forte e pioggia battente e il campo di gioco è in condizioni impresentabili ancor prima dell’inizio della partita. Il signor Motta di Monza però non fa una piega e alle 14 e 30 in punto, a centro del campo di Marassi, si presentano queste formazioni. Il Genoa con Spalazzi, Maggioni, Ferrari, Maselli, Rosato, Garbarini, Derlin, Bittolo, Pruzzo, Corso e Corradi. Noi rispondiamo con Pulici, Facco, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e D'Amico. Nei primi quindici minuti l’avversario più temibile sembra proprio essere il fango, presente in quasi tutte le zone del campo. I nostri passaggi risultano imprecisi e il Genoa, malmesso in classifica – spezza, con l’aiuto delle pozzanghere, tutte le nostre geometrie d’attacco. Almeno fino al 18’: Chinaglia riceve sulla sinistra dell'area da Frustalupi, salta Rosato e crossa per Nanni che tira, Spalazzi respinge come può, Garlaschelli piomba come un falco e insacca con un tiro forte che entra sotto la traversa: 0 a 1 per noi. La replica del Grifone non si fa attendere: solo un minuto dopo Corso, con un tiro dei suoi, impegna severamente Pulici che blocca in due tempi. Al 20' è Pruzzo a portare lo scompiglio nella nostra metà campo con un dribbling ubriacante, finché il sobrio Re Cecconi, proprio sul più bello, ne spegne gli ardori toccandogli il pallone in corner. Mariolino Corso è un ex-uomo copertina, a Genova gioca a fare la vedette e ce la mette tutta per dimostrare di essere ancora l’uomo in più. Fino a tentare l'impossibile, come al 26' con un colpo di testa "rasoterra", su un pallone difficilissimo ricevuto da Pruzzo. Al 40' c’è il tempo per un insidioso tiro di Maggioni su punizione, toccatagli proprio da Corso: Felice, sempre attento e concentrato, sventa anche questa minaccia. Allo scadere, su cross di Maggioni, Pruzzo appoggia bene in pallonetto facendo gridare al goal, ma la palla sfiora soltanto il palo, perdendosi a lato. Si va alla ripresa, esce anche un sole freddo, che resisterà qualche minuto, giusto in tempo per osservare la calza della Befana che l’arbitro Motta ha regalato ai nostri avversari: siamo al 59', Martini e Maselli si contendono un pallone a sportellate. Siamo nella prima metà degli anni ’70, non esiste nessuna Var. i due sono entrambi al limite dell'area ma una cosa è certa: solo un arbitro su dieci fischierebbe il rigore. Il Genoa trova proprio quell'uno! C’è maretta tra Corso e Corradi, perché entrambi sono due specialisti e vorrebbero battere il penalty. Alla fine Corso desiste e Corradi trasforma il rigore nel pareggio. Maestrelli ha alzato il bavero del cappotto, Marassi diventa ancor più inospitale perché i tifosi genoani spingono e il sole è ormai tramontato. Adesso il campo lascia trasparire con maggior disinvoltura la sua fangosità gibbosa, dalle grondaie scivolano sulle tribune fastidiosi gocciolii, i laziali sembrano stanchi e provati, con quelle maglie incrostate di fango e sudore. Il Genoa continua a spingersi in avanti, sospinto da un Libeccio tanto potente quanto illusorio. Si arriva infatti al 25', Nanni passa a Garlaschelli che se ne sta lì, quasi sull’attenti, come un giocatore del calciobalilla sulla lunetta dell'area. Momento di distrazione rossoblù: Renzo improvvisamente compie una imprevedibile torsione di 180° e scocca un rasoterra mortifero, una “puntata” che sorprende Spalazzi. È davvero l’anno buono! I nostri si abbracciano, tenendosi provvidenzialmente alla larga dalla panchina perché le camicie del tecnico e dei dirigenti è bene rimangano bianche, in vista delle interviste ormi prossime. Il Genoa ha un momento di scoraggiamento, ma Giorgione si divora il gol dell’1 a 3 spedendo il pallone sul balcone di una casa di fronte. Al 35' l'ultimo vero brivido, ed è Pulici questa volta a salvarci: Maselli serve perfettamente il bomber di Crocefieschi, che è stato lasciato incautamente solo, e Pruzzo infila la porta di testa, come se stesse già giocando il derby romano, per il quale dovrà attendere altri quattro anni. Sembra il gol del pareggio ma Felice vola nell'aria e con un colpo di reni infila la mano nella traiettoria: sarà l’1 a 2 finale, la Banda Maestrelli si abbraccia felice mentre tutta la panchina è già nel tepore dello spogliatoio. La partita in due parole? Genoa all'arrembaggio per novanta minuti, noi fantastici nel tessere la tela della vittoria segnando sempre in contropiede. A pomeriggio inoltrato il Sor Umberto ci rimase un po’ male con Maestrelli e Ziaco, che non vollero fermarsi fuori per cena ma c’era da far ritorno a casa ed era pure cattivo tempo. Però alla fine saranno tutti contenti, perché la classifica vedrà la Lazio prima a 19 punti, la Juventus a 17, il Napoli e la Fiorentina a 15, il Milan e l’Inter a 14. Tante le analogie, tanti i corsi e ricorsi storici a nostro favore. Genova non è mai stata una trasferta facile, forse perché non abbiamo “quella faccia un po'così e quell'espressione un po'così”: tutto sommato, la prossima sarebbe una trasferta come tante altre, se non fosse che stiamo lottando per lo scudetto mentre loro per la salvezza. Come nel 1974, ma non si salvarono. Noi finimmo in un sogno. Pensiamo che per oggi possa bastare. Forza Lazio! Ugo Pericoli