Cari fratelli Laziali,

siamo ufficialmente in crisi a tre mesi dall’inizio del campionato. Una posizione scomoda assai, alla quale non eravamo più abituati dopo anni trascorsi nei quartieri alti della classifica. Siamo al crocevia della stagione. Occorrerebbe vincere sia a Genova che contro il Galatasaray per ritrovarci qui, fra sette giorni a quest’ora, per dirci che ci siamo sbagliati e che tutto è ancora aperto.

Lo speriamo ardentemente, perché è stato difficile prendere sonno dopo il gol del pari udinese, giunto al 99’ minuto, con un tiro quasi piazzato con otto maglie biancocelesti ferme come belle statuine davanti a Reina.     

Tuffiamoci nel ricordo di oggi che è meglio. Torniamo indietro al campionato del rinascimento laziale, quello del 1997-98, esattamente al 14 marzo 1998: si gioca Samp-Lazio, è la 25° giornata del Campionato di Serie A.

Loro sono allenati dal caro vecchio Vujadin Boškov, quello di “Rigore c'è quando arbitro fischia” ed anche “Se io slego il mio cane, lui gioca meglio di Perdomo” (Perdomo, ai tempi un calciatore del Genoa) e manda in campo una squadra semplicemente fantastica. Leggete i nomi: Ferron, Balleri, Hugo, Sinisa Mihajlovic, Mannini, Laigle, Boghossian, Franceschetti, Juan Sebastian Veron, Montella e Beppe Signori.

Comprenderete come quel pomeriggio di 23 anni fa giocammo praticamente contro il passato, il presente e il futuro.  Andiamo per ordine.

Siamo uno schiacciasassi: Marchegiani, Pancaro, Nesta, Negro, Favalli, Gottardi, Fuser, Jugovic, Nedved, Roberto Mancini e l’alieno Alen Bokšić. Eriksson (ritratto in una foto del Centro Studi Nove Gennaio Millenovecento) ha a disposizione quasi un’altra Lazio: Ballotta, Rambaudi, Grandoni, Marcolin, Lopez e Gigi Casiraghi.

Non passano che sessanta secondi quando il signor Messina di Bergamo deve scrivere il nome del primo marcatore della partita: è Jugovic, proprio lui, l’ex sampdoriano dal cuore affatto tenero ad avviare le danze. Fin dall’avvio Boskov ha pensato che bloccare Roberto Mancini con Mannini sia la cosa migliore. In attacco punta tutto sull’intesa che Montella e Signori dovrebbero aver raggiunto in tre mesi. Non possono più sbagliare, vengono da quattro sconfitte consecutive. Eriksson teme la Sampdoria e adotta un 4-5-1 con Boksic unico attaccante sostenuto dagli inserimenti di Fuser, Jugovic e Nedved.

Il primo tempo si chiude sull’1 a 0. La Samp ha combinato poco, al 9' Montella è in anticipo su Marchegiani ma Favalli sventa il pericolo. Hanno Boghossian, Franceschetti e Veron con le polveri bagnate. Sinisa Mihajlovic è apparso impacciato nel ruolo di libero: ha tentato con i suoi calci di punizione, invano, e la tifoseria blucerchiata ha dato segno di non gradire. In più, ci hanno regalato l’uomo forse più in forma: Balleri. Una manata violenta, proprio sotto gli occhi del quarto uomo, a Nedved. Un fallo gratuito, inutile, perché il signor Messina aveva lasciato correre il contatto precedente di Veron proprio su Nedved. Invece si intromette Balleri, facendosi letteralmente autogol. Da quel momento in avanti la Samp cerca di riassestarsi. Nesta e Pancaro sono già ammoniti e i doriani vanno a provocarli cercando di indurli in un secondo fallo da rosso. Inizia il secondo tempo: Nesta è in ritardo su Montella e lo stende, dovrebbe scattare il rosso ma Messina lascia correre. Stiamo ancora sullo 0-1 e realizziamo che tutto potrebbe ancora succedere, perché la palla è rotonda e perché noi ci chiamiamo... Lazio.

Ad un certo punto acceleriamo, giusto quel tanto che basta in questa benedetta domenica. Segna Pancaro al 4', ma Messina annulla. Arriviamo all'8', c’è un contropiede, partiamo in quattro contro tre: Gottardi-Boksic-Mancini-Nedved, conclusione vincente di Pavel Nedved: 0 a 2. La partita è praticamente conclusa, la Samp è andata in bambola. C’è una punizione defilata sulla sinistra: Fuser batte con precisione e con forza. La barriera doriana è burro al sole e Ferron sembra anch’egli appannato: 0 a 3. L’arbitro Messina, non al meglio quel giorno, concede un rigore alla Samp, una scelta che ha un che di compensativo: Boskov urla dalla panchina di mandare al tiro Signori ma Montella si mette di traverso, afferra la sfera e dice: “Tiro io”. Marchegiani incanta Montella, bloccando palla a terra. Marassi esplode in una pesantissima contestazione ai propri giocatori. Noi talloniamo la Juventus, quattordicesimo risultato utile consecutivo in campionato, otto punti recuperati ai bianconeri di Lippi dal 6 dicembre a oggi. La domenica di Samp e Lazio sembra una metafora della vita: a chi tutto e a chi niente, un destino felice, quello di Roberto Mancini, baciato dalla fortuna. Per Beppe Gol, ex Signori della Curva Nord, nessuna magnanimità, nessun gesto generoso, fosse pure parzialmente riparatore. In un angolo, atterrato dai ricordi e più ancora dal presente, l'ex capitano ha sentito tutta l'enormità del peso del suo errore di quel giovedì pomeriggio, quando abbandonò la corte di Cragnotti per un giro di valzer non concesso nella notte di Vienna. Il tempo di arrivare all’80’ e vedere Fuser segnare la sua doppietta, chiudere la partita sullo 0 a 4 e lasciare tutta la scena a Roberto Mancini. Mancini ha fatto come la canzone degli ABBA, “The winner takes it all”, ha vinto e si è preso tutto. A fine partita, dopo un giro di campo abbastanza sconcertante, dirà con un filo di voce che dall’arrivo in città, dal sabato pomeriggio e fino al fischio di chiusura è stata per lui una giornata che non potrà dimenticare. Ringrazierà tutti, a partire dal pubblico sugli spalti. Una storia che anche noi abbiamo sentito, tante volte, anche al contrario. Cambiano i giocatori, restano soltanto undici maglie. La Juve pareggia e noi vediamo dimezzato lo svantaggio in classifica sui bianconeri: è la domenica perfetta.

Come vedete, c’è stato un tempo in cui segnavamo 4 gol senza incassarne nessuno e un altro, assai più recente, in cui eravamo noi a segnare i gol al 99’ minuto. Le scelte di mercato, quando sono sbagliate, prevedono a volte che si paghi una sorta di contrappasso. 

Scopriremo tra pochi giorni se oggi siamo stati troppo severi. Forza Lazio!

Ugo Pericoli