Cari fratelli Laziali,

che Lazio, quella Lazio! In attesa di Bologna Lazio di sabato, oggi ricorderemo una partita che si svolse in una giornata particolare. Prima vorremmo dirvi che, nonostante la comprensibile delusione per il risultato conseguito contro i bavaresi campioni di tutto, la Lazio attuale non è poi così lontana da quella scintillante di fine secolo scorso. La misura di come questa Lazio incuta timore e rispetto, l’hanno fornita gli sfottò (alcuni davvero ridicoli quanto a coerenza e a memoria storica) pervenuti dall’altra sponda del Tevere. Un sospiro di sollievo da parte dei dirimpettai per la nostra sconfitta a pochi metri dal Tevere. Anche la Lazio cragnottiana non avrebbe avuto vita facile contro la rossa corazzata tedesca. Da fiume a fiume, chissà se in riva all’Isar, il prossimo 17 marzo, la serata non possa essere più piacevole per i nostri colori!

Dicevamo di come quel Bologna-Lazio fosse una giornata “particolare”. Iniziamo col dirvi che era il 7 maggio del 2000, la 37° e penultima giornata dell’ultimo campionato del millennio. Eravamo indietro la Juventus di due punti, all’ultima curva prima del rettilineo finale.
Era stata una settimana avvolta da una strana atmosfera. In città, un misto di delusione, di rabbia, soprattutto di rassegnazione. Sì, perché nonostante la Juve stesse balbettando ormai da più di un mese, in pochissimi cullavano ancora il sogno di un aggancio bello e impossibile. Tra questi il nostro Sven Goran Eriksson. Preparò la trasferta emiliana con estrema cura, all’insegna del ‘mai dire mai’. I padroni di casa erano allenati da un signore assai di moda, Francesco Guidolin. Loro con Pagliuca, Falcone, Bia, Paganin, Dal Canto, Binotto, il povero Gigante Buono Klas Ingesson, Marocchi, Nervo, Andersson e Cuore di Lazio Beppe Signori. Il volto serissimo del Conte Marchegiani sembrò bucare il teleschermo quando lo vedemmo uscire dagli spogliatoi. Con lui, Negro, Nesta, Couto, Pancaro, Conceição, Simeone, Veron, Nedved, Salas, Mancini. Seduti a fianco di Eriksson anche Ballotta, Favalli, Lombardo, Almeyda, Stankovic, Ravanelli e Sensini.

In tantissimi partirono da Roma, oltre 15.000, intasando una volta ancora l’Autostrada con un lungo carosello colorato di biancoceleste, con auto, pullman e camper. Una volta a Bologna, sotto un cielo color mastice e un sole quasi caldo, l’azzurro stentava a farsi notare. Non così sulle tribune: molti laziali occupavano anche i posti riservati a quelli rossoblù, acquistando biglietti della curva di casa. Una cosa impensabile con le esagerate (?) norme del calcio di oggi. Partiamo subito all’attacco ma la prima occasione è del Bologna con Signori che trova un corridoio libero per Andersson ma Marchegiani, in uscita, para infortunandosi nuovamente alla spalla. Che jella il Conte: è appena rientrato dall’infortunio occorsogli nel derby, durante il quale cadde malamente al suolo dopo una presa aerea. Neanche due minuti e vediamo Ballotta riprendere nuovamente posizione trai pali. Al 15′ Veron scalda i motori: tiro poco di fuori ma ormai è chiaro che ci siamo svegliati e al 25′ passiamo: Roberto Mancini smarca Matador Salas in piena area, questi è anticipato da un difensore ma piomba come un rapace Conceição, che insacca a botta sicura. Ci rilassiamo, o meglio, ci distraiamo ‘cercando’ il risultato della Juve, che gioca con un Parma in gran forma. E così prendiamo il goal del pari, al 39′, proprio da Beppe Signori, che pareggia i conti con un guizzo dei suoi lasciandoci attoniti e abbastanza preoccupati. Fa caldo, è un inizio d’estate anticipato e riviviamo i magoni di dodici mesi prima, quando il Milan ci sfilò lo Scudetto sul filo di lana. Il primo tempo finisce in pareggio, come in pareggio a reti bianche è l’incontro di Torino tra Juventus e Parma. Negli spogliatoi, Eriksson opta per Ravanelli al posto di Conceição, per dare ulteriori centimetri davanti.

Sarà un assalto. Al quarto d’ora arriva la notizia del vantaggio juventino, ci sembra di sprofondare a quattro lunghezze ma tre minuti dopo anche noi ci riportiamo in vantaggio: Veron crossa e Simeone non perdona. Al 75′ Salas, ritratto nella foto, sfrutta l’ennesimo cross di Pancaro dalla sinistra, portando a tre il bottino nel più totale tripudio generale. “Lazio-Lazio”- sale l’urlo da gran parte delle tribune. Ci concentriamo in una “seduta spiritica”, convinti che oggi potrebbe essere la volta buona. A casa facciamo zapping tra radio e TV, per scaramanzia e per allentare la tensione, spostandoci da Tele+ a Quelli che il calcio, nell’attesa che da Torino il Parma possa regalarci un urlo gigantesco.

Quando Signori, all’88’, dopo aver dribblato l’intera nostra difesa (Negro e Nesta, anche voi stavate ascoltando la radio?) batte Ballotta, quasi non ce ne accorgiamo. Beppe ha appena segnando il suo 150° goal in Serie A, ma noi abbiamo il cuore altrove. Un minuto dopo quel gigantesco urlo tanto atteso si strozza in gola, davanti alle TV, alle radio, sugli spalti. Il Parma ha pareggiato con Cannavaro ma la rete viene inspiegabilmente annullata. È un colpo alla bocca dello stomaco, un dolore amaro come lo sguardo (indimenticabile!) che Cannavaro rivolge all’arbitro. Una giornata particolare, un rientro in città altrettanto particolare, con la certezza – quasi una prova provata – che qualcosa di strano sia veramente successo. È l’ennesimo sapore dell’atroce beffa, proprio come dodici mesi prima. Le polemiche nel dopogara e le discussioni alle radio e nelle varie trasmissioni televisive saranno furiose.

Dobbiamo confessarvi che poco fa, mentre scrivevamo i nomi di quella Lazio, di fronte a cotanta grazia di Dio ci siamo nuovamente emozionati. Eppure, ripetiamo, la Lazio di Claudio Lotito non è lontanissima dal magic team erikssoniano. Contro il Bayern mancava il 66% della nostra difesa titolare. Siamo abbastanza certi che la Società abbia completamente sbagliato l’impostazione dell’ultima campagna acquisti, ma nonostante questo, la nostra Lazio è veramente competitiva. Come 21 anni fa, non dobbiamo smettere di crederci!

Pensiamo a battere il temibile Bologna e a guardare dritto negli occhi un certo signor Giacomelli. Chissà cosa gli dirà Ciruzzo nostro: “Proprio tu, ma non dovevamo vederci più?” Insomma, il Bayern può attendere; il Bologna, meno.

Forza Lazio!

Ugo Pericoli