Cari fratelli Laziali, diciamocelo francamente. Mercoledì scorso abbiamo compreso quanto sia difficile gestire non tanto le forze quanto l'ansia che assale ogniqualvolta sei li', sul filo del traguardo. Durante l'intervallo abbiamo fatto una perlustrazione in giro per le tribune. La preoccupazione era palpabile, la classica paura di non farcela. Un sentimento che ha accumulato giocatori e tifosi, divenuti veramente una cosa soltanto, come non accadeva da tempo. Una tifoseria unita e coesa intorno a quelle maglie biancazzurre capace di realizzare una scenografia degna di una inaugurazione di un'Olimpiade, uno squarcio nella notte che ha avvolto in una emozione indimenticabile tutti i fratelli Laziali che hanno provato a sospingere la squadra, finalmente non soltanto dalla Curva Nord. I tifosi della Lazio "lo scudetto del tifo" lo hanno già vinto da tempo e siamo certi che il meglio dovrà ancora venire! Perciò avanti, fratelli Laziali, perché tra poche ore sarà già Parma-Lazio. Pochi giorni fa ha festeggiato le 72 candeline Sven Goran Eriksson, l'allenatore del secondo scudetto. Ebbene, forse non tutti ricordano che lo svedese fu l'unico a crederci fino alla fine, anche quando i punti di distacco dal vertice erano 9. E perciò, a titolo beneaugurante, abbiamo scelto il Parma-Lazio proprio di quella stagione, la partita nella quale si intuì che quel Campionato avrebbe seguito traiettorie inconsuete, capaci di cambiare il destino alla solita storia. Sono le 20 e 45 di domenica 26 settembre 1999, è la quarta giornata del Campionato di Serie A 1999-2000. In una serata tiepida di fine estate il Parma si presente con Buffon, Lassissi, Thuram, Cannavaro, Fuser, Dino Baggio, Boghossian, Benarrivo, Ortega, Crespo e Amoroso. Noi rispondiamo con Ballotta, Pancaro, Nesta, Mihajlovic, Favalli, Veron, Almeyda, Simeone, Nedved, Boksic e Salas. Abbiamo da poco vinto la Supercoppa Europea nella magica notte di Montecarlo, dopo tre partite siamo primi in classifica e iniziamo sulle ali dell'entusiasmo della precedenti prestazioni. I parmigiani invece sono inaspettametne in crisi ma partono subito all'attacco. La prima azione infatti è dei gialloblù, con Crespo che manda la palla di poco a lato. Al 7' Lassissi fa una mossa di kung-fu su Nedved, spedendolo in infermeria con un profondo sghinbescio sulla gamba. Ancora il Parma si propone con l'ex Fuser ma il suo tiro è sventato in angolo da Ballotta. Al 24' Salas si scontra con Benarrivo e crolla a terra, perdendo conoscenza per pochi secondi. Il Matador si rialza e rimane in campo un po' intontito. Poi è proprio Salas che, in mischia, tira una rasoiata che Boghossian devia alle spalle di Buffon. Siamo alla mezz'ora esatta, passiamo in vantaggio. Il primo tempo si chiude senza sussulti e nella ripresa partiamo con un piglio diverso. Al 57' Salas aggancia un pallone e lo gira verso la rete ma Buffon riesce a parare con la classe che lo ha sempre contraddistinto. Quattro minuti dopo arriva l'inatteso pareggio parmigiano. Corner di Fuser, deviazione aerea di Amoroso che si stampa sulla traversa. Raccoglie Boghossian che supera Ballotta. Noi proviamo a reagire ma sembriamo aver perso la determinazione dei giorni migliori. C'è una appiccicosa aria di bonaccia e la partita è in fase di stanca. In una azione di attacco neppure troppo convinta, un pallone si sta dirigendo a forte velocità verso l'accorrente Matias Almeyda, ritratto nella foto. Capigliatura fluente alla Che Guevara, Almeyda non ci pensa due volte e lascia partire un incredibile esterno al volo da oltre trentacinque metri. Il tiro assume una traiettoria che sembra sfidare le leggi della balistica. Buffon è sorpreso, è leggermente fuori posizione e non può far altro che seguire con lo sguardo il pallone infilarsi sotto il "sette". Siamo al minuto 70', Matias è seppellito dai festanti e increduli compagni. Il Parma è demoralizzato e noi controlliamo la gara fino al termine. Alle ventidue e trenta Pierluigi Collina dichiara concluso il confronto e così ci ritroviamo, seppure in coabitazione con l'Inter, in testa alla classifica. D'accordo, direte voi, era un'altra Lazio che poteva permettersi il lusso di tenere in panchina gente come Roberto Mancini, Simone Inzaghi, Lombardo, Stankovic, Couto, Sensini, Negro, Conceicao. Tuttavia, quella super-Lazio, quella multinazionale del football che arrivò per prima sul traguardo dello scudetto nel maggio del Duemila non aveva la continuità ne' l'abnegazione quasi militare che caratterizza la Lazio di Simone Inzaghi. A breve riavremo a disposizione Cataldi e Correa. L'Inter e la Juventus saranno assorti nelle Coppe Europee - con tutto lo stress psicofisico che questo comporta anche quando hai quasi due squadre - nonché la Coppa Italia da giocarti contro avversari che lottano con il sangue agli occhi dell'ultimo traguardo rimasto. Non ci sembra dunque il caso di avere paura di volare! Andiamo avanti, fratelli Laziali. Tutto può succedere e vedrete che il meglio dovrà ancora venire... Forza Lazio Ugo Pericoli