A volte, un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato. (Nelson Mandela) Cari fratelli laziali, come state? Dove siete tutti quanti? Persi nelle nostre videochiamate, nel nostro smart-working, nelle file al supermercato, nelle piccole ma indispensabili attività di tutti i giorni, non ci siamo quasi resi conto di essere arrivati a primavera inoltrata, alle porte di maggio, il mese nel quale la Lazialità esplode in tutta la sua bellezza, come i fiori che si protendono dalle terrazze romane e incorniciano l’azzurro del cielo, quando si sogna con il naso all’insù. “Eh già” – direte voi - “in questi giorni avremmo dovuto giocare contro la Juve e magari l’avremmo definitivamente staccata”, ed invece eccoci qua, annoiati dai ripetitivi bollettini della Protezione Civile ed anche dai contradditori summit della Lega Calcio, dai quali vorremmo essere ragguagliati su quando le squadre potranno tornare ad allenarsi, per poi riprendere a giocare e portare a conclusione il campionato, non si sa bene come, dove e quando. Proprio come voi, anche noi siamo convinti che la squadra più penalizzata dallo stop sia stata proprio la lanciatissima Lazio, che aveva il bersaglio nel mirino e viaggiava con la freccia di sorpasso già inserita. E dunque in questi giorni i nostri dovrebbero iniziare a riprendere gli allenamenti. Quel che sarebbe potuto diventare il mese del trionfo sarà ricordato come il mese della “rinascita”. Tra tre o al massimo quattro week end l’aquila dovrebbe riprendere a volare. Certo, lo stadio resterà una chimera, ma potremo rivedere i volti, le maglie, le azioni di gioco di questi ragazzi dei quali abbiamo sentito una mancanza quasi adolescenziale. Ripartiremo e non ci fermeremo mai, perché giocheremo a ritmi serratissimi, e ci sembrerà di vivere un lungo mondiale di calcio tra le pareti di casa nostra. In attesa di questo torneo nel torneo, prendiamoci solo un momento per ricordare la gioia e le soddisfazioni che la nostra Lazio ci ha spesso regalato, nei mesi di maggio della nostra storia. Cominciamo dal 12 maggio 1974: la Lazio “dei migliori anni della nostra vita” conquista lo scudetto con una giornata d’anticipo, in un Olimpico così tanto gremito che questo record resterà impossibile da battere per sempre. Per “chiunque”. Rimarchiamo il concetto perché qualcuno, nel 1983, ebbe la faccia tosta di scrivere che al concerto di Venditti al Circo Massimo, per la Roma scudettata, fossero presenti circa 500.000 persone. Dopo i lavori di ristrutturazione per i mondiali del ’90, che hanno comportato una riduzione della capienza dell’Olimpico, perfino gli “straccali giallorossi” - come simpaticamente li definisce Guido De Angelis - hanno dovuto ammettere che in questo caso, non ci sarà rivincita. 19 maggio 1999: quando iniziò la partita, a Birmingham era ancora giorno. Vista alla TV, la gente laziale giunta nella seconda città più grande d’Inghilterra, formava una muraglia umana che brillava nella luce del tramonto ed emergeva per compostezza e misura. La parola d’ordine era una soltanto: vincere! Sarebbe stata l’ultima edizione della Coppa delle Coppe, seconda solo alla Coppa dei Campioni nelle gerarchie della UEFA: per parteciparvi, occorreva aver vinto la coppa nazionale. Una manifestazione affascinante e romantica, l’ultima possibilità per entrare in un albo d’oro dove tutti le grandi big avevano posto il loro sigillo: Barcellona, Tottenham, Atletico Madrid, Amburgo, Chelsea, Milan, Bayern Monaco, le immancabili due di Manchester. Dopo aver perso la finale di coppa UEFA a Parigi l’anno precedente, la Lazio conquista il suo primo titolo internazionale battendo il Real Club Deportivo Mallorca per 2 a 1. 14 maggio 2000: AAA, regista cercasi per trasposizione cinematografica della più avvincente domenica che un campionato italiano ricordi. Non ce ne vogliano i tifosi dell’Arsenal e gli amatori di Fever Pitch (noi siamo tra quelli), ma pensiamo che una storia così avvincente dovrebbe oltrepassare i confini nazionali e diventare patrimonio comune della Tribù del Calcio, con un film in grado di raccontarne il thrilling. Il titolo? S.S Lazio, la squadra che vinse due volte. 18 maggio 2000: “ma come porti i capelli bella bionda?”, pensammo inter nos quando vedemmo comparire sul teleschermo i nostri giocatori - arrivati a Milano per giocarsi contro l’Inter la Coppa Italia edizione 1999-2000 - agghindati con capelli biondo platino! Forti della vittoria conseguita all’andata sarebbe bastato anche un pareggio. Ebbri, ubriachi, con pettinature improbabili, commossi e appagati dal finale thrilling dal quale erano trascorse meno di cento ore, i nostri giochicchiarono un po’ troppo in punta di piedi per tutti e due i tempi. All’ultimo minuto, la super-parata di Marco Ballotta fece da preludio alla prima Coppa Italia vinta con uno 0 a 0 in trasferta. Un nuovo unicum, firmato Lazio! 12 maggio 2004: la sera del 30° anniversario della vittoria della Lazio di Umberto Lenzini, una nuova Lazio sta risorgendo dalle sue ceneri. Forte del 2 a 0 conseguito nella partita di andata giocata all’Olimpico di Roma, la Lazio si presenta al "Delle Alpi" con la formazione tipo. Alla fine del primo tempo il risultato è in bilico perché Trezeguet ha portato in vantaggio i bianconeri. L’inviato della Rai è in tribuna autorità, c’è un’aria di diffuso ottimismo, perché in casa la Juve difficilmente manca un appuntamento che conta. Quando il cronista intervista Ugo Longo, gli chiede un parere sulla Lazio e sulle probabilità che possa portare a casa la vittoria. La risposta di Longo è spiazzante, guarda lo spettatore dentro la telecamera ed esclama: - “La Lazio è una grande squadra, ha un grande futuro davanti a sé e vincerà la partita”. Non passano 60 secondi che Del Piero raddoppia e per noi è tutto da rifare. La Lazio scopre di essere veramente una grande squadra quando Corradi prima e Fiore poi (Fiore sarà il capocannoniere del torneo) con autorità e classe acciuffano un pareggio che vale come una grande vittoria. È la nostra quarta Coppa Italia. A trent’anni dalla vittoria di nonno Umberto, arriva quella del professor Ugo, il presidente del sorriso! 13 maggio 2009: la normalità al potere, la favola di Delio Rossi, l’allenatore della porta accanto. Inventa quasi dal nulla una vittoria importantissima. Spesso incerta in campionato, la Lazio in Coppa si trasforma ed inanella una serie di vittorie contro Benevento, Atalanta, Milan, Torino, Juventus (in doppia sfida a/r), e si trova in finale la sorprendente Sampdoria di Mazzarri. Non basterà il super-gol di Zarate, per arrivare alla vittoria si dovrà soffrire fino a notte, al termine di una estenuante maratona ai calci di rigore, in cui la Lazio confermerà la sua meravigliosa tradizione in fatto di portieri: Fernando Muslera, dalle stalle alle stelle, tutti noi dobbiamo molto al portiere uruguagio dai denti sporgenti! 26 maggio 2013: non c’è laziale che non ricordi cosa stesse facendo, dove e con chi fosse, al gol di Senad Lulic. Ci sono gare, persone, attimi, che durano per tutta una vita. Una delle partite più importanti della nostra storia. Vi auguriamo di ritrovarvi tutti insieme, con la stessa felicità addosso, nei primi giorni di agosto. Certo, servirà il miglior Lulic .. ma adesso non divaghiamo! 15 maggio 2019: l’ultima Coppa Italia. Nel maggio più freddo degli ultimi cent’anni, una Lazio un po’ così si presenta in un Olimpico dove i supporters atalantini sono accorsi in massa. C’è da recuperare una forma che sembra essere andata perduta a Ferrara, al termine di una sconfitta inattesa e per certi versi inspiegabile. Qualche giorno prima siamo andati sotto di brutto contro l’Atalanta, nel bel mezzo di un temporale assai poco primaverile e beneaugurante. C’è forte tensione, l’Atalanta gioca a tratti molto meglio di noi e si arriva all’intervallo con gli atalantini infuriati per un mancato penalty. Verso il 30° della ripresa Simone Inzaghi ordina i cambi. Entra in campo il giocatore più deludente (fino a quel momento) della stagione: Sergej Milinkovic Savic cambia il corso degli eventi con un’imprevedibile spizzata aerea al primo calcio d’angolo. Poi verrà il momento del lungo campanile di Caicedo che Correa trasformerà in fuga per la vittoria, un 2 a 0 che varrà oro. Il resto è storia recente. Contro l’Atalanta, la Lazio giocò per l’ultima volta indossando la maglia bandiera: quella notte anche questa gloriosa maglia concluse un ciclo, una lunga e faticosa rincorsa durata quasi quarant’anni. Ci avevate mai pensato? La maglia con “l’aquila che abbraccia chi la indossa” fece la sua comparsa nell’estate dell’82. Era una Lazio a pezzi, travolta dal calcio-scommesse, in serie B, con Giordano e Manfredonia appena reintegrati e con un alter ego, dall’altra parte del Tevere, che si accingeva a vincere il suo secondo (e meritato) scudetto. Quasi quattro decadi di una rincorsa nella quale abbiamo rischiato gravemente di scomparire dal calcio professionistico, passando tutto quel che può vivere un tifoso che ama incondizionatamente e senza riserve la propria squadra del cuore. Anche Giuliano Fiorini vestiva la maglia bandiera, la stessa che indossa Lulic, mentre innalza verso la sua gente l’ennesimo trofeo, che segna il sorpasso – in quanto a titoli vinti – sulla asroma. È il 15 maggio 2019: la Lazio diventa la quarta squadra italiana per palmares, dopo Juventus, Milan e Inter. Siamo giunti al termine del nostro amarcord e sentiamo ancora di più la mancanza di certe notti di maggio! Tra pochi giorni i giornali, le televisioni, le radio, inizieranno a raccontare gli scatti di Ciro, i balzi di Thomas, i ricami di Mago Luis e il recupero dall’intervento alla caviglia dell’eroe del 26 maggio. Poi sarà finalmente campionato. Sarà meraviglioso: un’estate di Lazio no-stop con un sogno nel cassetto. Ci fermiamo qui. Noi siamo come certi sognatori, che vincono perché non mollano mai. Forza Lazio! Ugo Pericoli