Cari fratelli Laziali, adesso possiamo dire di aver ripreso la corsa interrotta quasi un anno fa. Avevamo salutato la Lazio prima in classifica (2 a 0 sul Bologna) per ritrovarla frenata e distratta alla ripresa in quel di Bergamo. Domenica Simone Inzaghi ha scelto una Lazio d’assalto, capace fin dai primi minuti di imporsi su un avversario ormai storico, dando l’impressione di poter vincere in scioltezza. Archiviata la pratica-Atalanta, sotto con la prossima partita. È un turno che potrebbe rivelarsi favorevole e quindi non ci resta che battere il Cagliari. Per il ricordo di oggi abbiamo scelto una giornata particolare. Seguiteci e scoprirete perché. Era domenica 21 dicembre 1975, la 10° giornata del Campionato di Serie A 1975-76. Un anno e mezzo dopo lo storico scudetto del 12 maggio 1974 siamo penultimi in classifica. Il Cagliari sta peggio di noi, chiudendo mestamente la classifica in sedicesima posizione. Tommaso Maestrelli doveva fare a meno di Ghedin e Ammoniaci, aggregò dalla Primavera Lionello Manfredonia e scelse questa formazione: Pulici, Polentes, Martini, Wilson, Manfredonia, Badiani, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, D'Amico e Lopez. Si accomoda in panchina vicino al dottor Ziaco e a Moriggi, Ferrari e un altro Primavera, Stefano Di Chiara. L’allenatore del Cagliari è Mario Tiddia. È soprannominato "Cincinnato", per il fatto di alternare l'attività di allenatore a quella di agricoltore. Quel giorno scelse questo undici: Buso, Lamagni, Longobucco, Quagliozzi, Niccolai, Tomasini, Nené, Brugnera, Viola, Roffi e Gigi Riva. In panchina Copparoni, Mantovani e il giovane primavera Pietro Paolo Virdis. È l’ultimo turno prima delle vacanze natalizie, alle 14 e 30 il signor Gussoni di Tradate avvia la partita, ma lo stadio non è pienissimo. Prevale un’atmosfera di disillusione, simile ad un risveglio da un sogno ancora “caldo” ma terminato troppo in fretta. Anche l’austerity è terminata, le automobili sono nuovamente utilizzabili dagli italiani, nelle domeniche da spendere tra famiglia e pallone. Su Roma soffia un venticello tiepido, dolce e quasi primaverile. Qualcuno però ha il cuore in tumulto. Umberto Lenzini c’è rimasto male per via di una questione legata a certi assegni poco prima di un Lazio-Cesena. I rapporti con suo fratello Aldo ne hanno risentito e anche con Tom le cose non sembrano andare per il verso giusto. Teme deferimenti e chissà quali altre conseguenze. C’è però da risalire la classifica, perché - tutto sommato - la Lazio è ancora infarcita di ex campioni d’Italia, ad esclusione di Oddi e Frustalupi. Tom è consapevole delle doti di Lionello Manfredonia. L’ha osservato a lungo in allenamento, nelle mischie delle partitelle del giovedì a Tor di Quinto, dalle quali emerge spesso petto in fuori e palla al piede. Lo schiera al centro della difesa, spostando Wilson terzino. Partiamo veloci, cercando di scardinare il catenaccio del Cagliari, che si difende come può, andando più volte in affanno. Ci si rende conto, già dopo una decina di minuti, che sarà un batti e ribatti e che solo un episodio potrà sbloccare la gara. Si arriva al 23' quando un tiro molto debole e centrale di Chinaglia viene respinto malamente da Buso, che si lascia sfuggire la palla dalle mani. Garlaschelli è nei paraggi e piomba come un falco portandoci in vantaggio. Sbloccato il risultato, arriva subito il raddoppio. Due minuti dopo, cross di Martini dalla sinistra, maldestra ribattuta di Lamagni proprio sui piedi di Chinaglia che, in semi rovesciata, fulmina il portiere rossoblù. Un classico goal alla Long John, uno degli ultimi, come scopriremo più avanti. Giochiamo sul velluto dando l’impressione che tutto sia ancora intero. Al 44' c’è una stupenda azione personale di D'Amico, che affonda sulla sinistra, semina un difensore avversario, entra in area di rigore e scocca un diagonale che s'insacca all'angolo opposto della porta. 3 a 0, intervallo col caffè Borghetti, finalmente dolcissimo, per tutti. Alla ripresa, la Lazio è accolta da uno sventolio di bandiere ma i giocatori sono già con la testa alle proprie faccende, forse alla famiglia da rivedere con più calma, sicuramente a una stagione che non va. Sarà un monologo dei sardi, sterile e triste, che proveranno a segnare, invano, per tutto il secondo tempo. Non ci riusciranno, sarà un 3 a 0 rotondo, la prima vittoria dopo il ritorno in panchina di Tommaso Maestrelli. Due punti importanti per la classifica e per il morale, ma la strada da fare sarà ancora lunga e faticosa. Una domenica dolce-amara, un pomeriggio in chiaroscuro come i palloni in bianco e nero di quell’epoca. Giorgione sta per dire goodbye, noi non lo sappiamo ancora ma mancheranno solo quattro mesi. Ma quel giorno, un altro centravanti, una delle figurine più iconiche di quel favoloso calcio che fu, stava salutando per l’ultima volta i tifosi di Lazio e Cagliari: Gigi Riva. Qualche settimana seguente infatti, domenica primo febbraio 1976, sarebbe rimasto vittima di un gravissimo infortunio durante Cagliari Milan. Una domenica amara, per Gigi e per gli orgogliosi tifosi sardi: il Milan vinse per 3-1 sul Cagliari ancora ultimo in classifica. L’infortunio avvenne in avvio di ripresa. Riva stava inseguendo una palla contrastato da Bet lungo l’out laterale di destra. Ad un certo punto, improvvisamente - Gigi si fermò, tenendosi la gamba destra e iniziando a zoppicare. Una smorfia e cadde a terra. Silenzio sugli spalti, tutti capirono in quel momento che qualcosa di grave era successo. La diagnosi sentenziò il distacco del tendine dell’adduttore. Le tecniche ortopediche della medicina di quegli anni non furono in grado di restituire Rombo di tuono al calcio giocato. Che nostalgia che abbiamo di quel calcio, giocato in stadi ricolmi di tifosi, strabordanti di bandiere e di passione. Oggi siamo ancora relegati sul divano, scambiandoci impressioni e meme più o meno divertenti sulle chat dei social network durante la partita. Ci manca la partita “vera”, il manto verde dell’Olimpico mentre Olimpia scende in atterraggio, il rito della birra con l’amico, il caffè Borghetti. Ci manca la lunga camminata tra la macchina e lo stadio e perfino l’ansia alla ricerca di un parcheggio improbabile, ci sembra un bel momento da ricordare. Eppure, nonostante tutto, l’attesa per questo Lazio Cagliari ci riporta ai vecchi tempi e perfino la supersfida contro il Bayern Monaco al momento sembra essere in secondo piano. Perché c’è una maratona da riprendere, una corsa che sembrava definitivamente interrotta e che invece possiamo affrontare con più fiato in corpo, rispetto alle concorrenti che ci precedono. C’è da scommetterci, proveremo a superarle, una per u Forza Lazio Ugo Pericoli (si ringrazia per l’utilizzo della foto il Centro Studi Nove Gennaio Millenovecento)