Cari fratelli Laziali, vi diciamo subito che in queste ore ci sentiamo tristi. Per chiunque guardi al Calcio com’era (e come dovrebbe tornare ad essere), un semplice gioco popolare e fanciullesco, capace di unire le genti di diverse provenienze e culture, la scomparsa di Diego Armando Maradona ha rappresentato un dolore sincero e profondo. Proprio come sosteneva John Lennon, “non ti rendi conto di cosa possiedi fino a quando non lo perdi”. Siamo stati fortunati: abbiamo vissuto la sua epoca e abbiamo “toccato” il Calcio, quello vero. Lo abbiamo visto giocare (e segnarci!) all’Olimpico. Conserveremo per sempre il ricordo di questo calciatore immenso, al quale presto verranno dedicati stadi ed aeroporti, intitolati con il suo nome. Ce la facciamo a parlare anche di Lazio? Contro i campioni di Russia la banda Inzaghi ha mostrato il suo volto migliore, con fraseggi di altissimo livello. Ciro Immobile sta vivendo, molto probabilmente, il suo momento migliore da calciatore. Nel dopo partita su Canale 5, la nostra squadra è stata incensata come le accadeva da tempo. Per una volta, nessun riferimento ad aerei e a tamponi un po’.. bulgari. Domenica ci aspetta un pranzo con pollo, patate al forno, pastarelle e Lazio. Tutto sommato va bene così, perché ci sarà più tempo per preparare la trasferta di Dortmund, per una partita che potrebbe diventare storica, in questo lotitiano ventennio. Con l’Udinese non sarà partita facile e sarà vietato distrarsi. Oggi vi porteremo ad un vecchio Lazio Udinese, la penultima partita in casa del nostro ultimo campionato di serie B. Era il 22 maggio 1988, la 34° giornata della stagione 1987/88. In panchina, abbiamo il nostro Eugenio Fascetti, che si accinge a chiudere il suo cerchio perfetto con la sua Lazio tutto cuore: Martina, Marino, Beruatto, Pin, Piscedda, Esposito, Caso, Acerbis, Rizzolo, Muro e Monelli. Fascetti è un toscano di Viareggio, e nel suo giro viene considerato un po’ burbero. Nulla a confronto di un altro toscano, Nedo Sonetti da Piombino, che nell’ambiente è considerato il “vero” sergente di ferro. Mette in campo questo undici: Abate, Galparoli, Rossi, Righetti, Bruno, Tagliaferri, Caffarelli, Firicano, Vagheggi, Manzo e Fontolan. In un pomeriggio caldo, allo stadio siamo arrivati in 45.000; ancora pochi giorni e inizieranno i lavori di demolizione delle due curve per “rifare” lo stadio Olimpico. Dopo lunghe pensate, anziché costruire un nuovo stadio adatto al calcio, si è deciso di ristrutturare l’Olimpico ad un costo doppio rispetto a quanto sarebbe servito per costruirne uno nuovo. Storie che sembrano uscite da un Romanzo Criminale del calcio. Si comincerà proprio dalla settore della Curva Nord. Noi ci sentiamo relativamente sereni, in serie A già da un pezzo, e coloriamo di biancazzurro l'attesa per una nuova vittoria che ci confermerebbe tra i promossi alla massima serie. L'Udinese dopo tutto, non è che la pallida fotocopia della formidabile rockband che poche stagioni prima aveva annoverato superstar internazionali come Zico, il Pelè bianco, o Edinho, il possente difensore brasiliano in campo in quell’ 1 a 4 con cui l’Udinese ci travolse, un grigio pomeriggio d’inverno del 1985. In jeans e T-shirt bianca assistemmo ad un primo tempo scintillante, spettacolare, con due goal a zero, a suggello di una superiorità netta. All’intervallo bevemmo una Coca e mordicchiammo un Cornetto Algida, spendendo l’equivalente del prezzo del biglietto di curva. Nel secondo tempo quasi non guardammo il campo, qualcuno fumò una sigaretta per ingannare il tempo (la partita era virtualmente già conclusa al 21’ del primo tempo con il rigore trasformato da Paolo Monelli) e puntammo decisamente l'orecchio alla radiolina, gufando alle giocate delle nostre antagoniste, Cremonese e Catanzaro, in corsa per il sospiratissimo traguardo finale. Fascetti lasciò l’ennesima volta in panca il “Nanu” Galderisi, per lasciar spazio al giovane Rizzolo, ritratto nella foto. Con Giordano approdato alla corte di Sua maestà Diego Armando Maradona Re di Napoli, intravedemmo nella corsa fluida dell’imberbe Rizzolo, un Bruno Giordano in costruendo. In quei giorni avemmo l’impressione che Antonio Rizzolo sarebbe diventato un “grande” insieme a noi. Non andò così purtroppo; ma a noi piace pensarla come quel pomeriggio, quando lo vedemmo brillare sul prato verde dell’Olimpico, e al 9’ minuto portarci in vantaggio. Sarebbe stato sufficiente un altro piccolo sforzo e saremmo ritornati a riveder le stelle. Addio piccole Catanzaro, Cremonese e Sambenedettese, mete di pomeriggi indimenticabili per noi ventenni che giocavamo a fare i grandi, a 400 Km di distanza dalle responsabilità e dai nostri appelli universitari! Addio a trasferte lontane e a panini in autogrill arrugginiti! Di nuovo tra le stelle e tra gli ori di quel calcio che ci fece innamorare, con i Gullit, i Van Basten, i Matthäus, e soprattutto lui, El Pibe de Oro, quel Diego Armando Maradona che un giorno comprenderemo di non aver amato mai abbastanza. Per oggi basta così. Forza Lazio! Ugo Pericoli