Cari fratelli Laziali, il campionato è entrato nel vivo e noi siamo stati bravi a saper rientrare in tempo. Domenica saremo a Bergamo per cercare di chiudere bene un mese che fin qui era andato benissimo. La nostra non è una rubrica di tecnica o di tattica, tuttavia ci sentiamo di poter dire che i giochi sono ancora apertissimi e tutto può veramente succedere. Cerchiamo di dimenticare in fretta il blackout di Coppa Italia, che è durato solo un paio di minuti, tempo sufficiente per negarci una qualificazione che sembrava veramente a portata di mano. Detto ciò, preparatevi ad un viaggio all’indietro di quasi mezzo secolo, ad una Lazio neopromossa in A che dopo sette giornate era imbattuta e prima in classifica. Era il 26 novembre 1972 e per l’8a giornata andammo a Bergamo con l’obiettivo minimo di mantenere l’imbattibilità. Che fosse una Lazio da tener d’occhio l’avevano capito tutti. Ad arbitrare venne infatti chiamato il signor Aurelio Angonese. Non una giacchetta nera qualsiasi, ma una con tantissima esperienza internazionale, sempre ai massimi livelli. Sono le 14 e 30 in punto quando l’arbitro veneziano fischia l’inizio dell’incontro. Noi con Pulici, Facco, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e Manservisi. La panchina è cortissima: Tommaso Maestrelli si siede accanto al dottor Ziaco. Poco più a sinistra il massaggiatore Luigi Trippanera, poi Sergio Petrelli e Avelino Moriggi. L’Atalanta è allenata da Giulio Corsini, un bergamasco doc, che proverà – tre anni più tardi - ad imporsi anche nella Lazio. I fratelli laziali nati negli anni Sessanta, ricordano bene che le cose non andarono come avremmo voluto che andassero, anche per colpa del suo “radicalismo”. Quasi sfiorammo il baratro. Ma torniamo alla partita. Corsini scelse questo undici: Pianta, Maggioni, Percassi, Savoia, Vianello, Divina, Carelli, Vernacchia, Musiello, Pirola e Pellizzaro. Anche la sua panchina è cortissima: c’è il solo portiere di riserva Grassi e un diciottenne, un anatroccolo bruno e silenzioso. Si trasformerà, di lì a poco, in un indimenticabile cigno reale: Gaetano Scirea. I primi 45 minuti trascorrono velocemente. L’aria di casa sembra non giovare a Re Cecconi. Luciano è uno di quelli che non passano certo inosservati. È abituato a farsi delle mezze maratone lungo la fascia e da quando la Lazio è tornata in Serie A, il bianco e nero de "La Domenica Sportiva" sembra esaltarne le chiome bionde, rendendolo facilmente individuabile a tutti gli sportivi italiani. Il Paese ha da poco “scoperto” la Lazio, la squadra della capitale che ha vinto di meno. Oggi però non va, non ingrana, del resto tutta la squadra sembra imballata, intorpidita dal freddo e dall’erba morta del vecchio Brumana. In più, oltre che su Cecco, Corsini ha pienamente indovinato una sorta di marcatura a zona anche su Frustalupi. Mario è molto conosciuto da quelle parti e sanno bene che la neonata Lazio è “anche” Chinaglia e Re Cecconi, ma è soprattutto il fosforo e la visione di gioco di Mario Frustalupi. Ma non è facile smistare palloni e dirigere il gioco dei compagni con due/tre avversari a soffiarti sulle caviglie. Tutto sommato, un pareggio potrebbe bastare. Si entra nell’ultimo quarto d’ora di gioco. Sono circa le quattro del pomeriggio e le brume del novembre lombardo stanno per prevalere sulla residua luce del giorno. Siamo il minuto 77: c’è un cross di Pellizzaro che Musiello sfiora di testa, Felice compie uno dei rarissimi errori con la maglia della Lazio, uscendo a vuoto. Uno sbaglio che induce all’errore anche Facco, che non intercetta il pallone vagante. C’è Vernacchia nei paraggi: cannonata e goal, per l’inatteso vantaggio atalantino. A pochi minuti dalla fine, la Lazio si trova per la prima volta in svantaggio in campionato e scopre la paura di non farcela. Ma è una Lazio super, che in tre minuti effettua un reset, si trasforma, avanza di quasi venti metri e comprime l’Atalanta fin quasi dentro la propria area di rigore. Re Cecconi sospingere i compagni in avanti, Chinaglia si libera di Vianello ma non trova sufficiente assistenza in Garlaschelli. Mancano 8 minuti: Maestrelli sostituisce Manservisi con Petrelli, chiedendo al Gringo di andare all'assalto. Anche Pino Wilson si sgancia, indietro resta solo uno spettinatissimo Oddi. E Nanni? Che ne è stato di lui per tutta la partita? Ha perduto il suo scontro diretto con Vernacchia, il quale non soltanto ne ha impedito la consueta manovra, ma ha anche segnato il goal del vantaggio degli avversari. Finalmente, anche Franco sta prendendo coscienza della propria forza: a 4 minuti dalla fine affonda sulla destra e dal limite effettua un traversone. La palla giunge a Garlaschelli che sembra come “placcato” da un muro di avversari. Invece, a dispetto di ogni tatticismo, Renzo (ritratto nella foto) segnerà uno dei più bei goal della sua carriera: stop di petto e tiro al volo, un bomba che gonfia la rete. È il goal del pareggio, sofferto e meritato. Atalanta-Lazio finirà così: con un punto d'oro che ci permetterà di rimanere in testa con 13 punti davanti alle due milanesi, l’Inter con 12 e il Milan con 11. Tutti noi conosciamo l’epilogo di questo campionato, un terzo posto dal retrogusto forse un po’ troppo amaro, ma comunque propedeutico al successo che arriverà dodici mesi più tardi. Forse, pochi ricordano come si piazzò l’Atalanta. Gli Orobici retrocessero in Serie B per via del terzultimo posto in classifica: solo 24 punti. Come quelli conseguiti dalla Roma, che si salvò solo per la migliore differenza reti su un gruppetto di quattro ritardatarie. Una Roma distratta, irritata dalla favolosa corsa con cui i biancazzurri conquistarono tutti i tifosi neutrali d’Italia. Comunque, era un altro calcio. Domenica non torneremo al mitico Brumana, ma al Gewiss Stadium, un impianto ristrutturato forse un po’ troppo in fretta (pare abbia problemi di copertura in caso di pioggia). Le panchine sono lunghissime e pronte ad accogliere un’altra intera squadra, nella comodità delle sedute sagomate sul modello dei cinema multisala. Non incroceremo più il Papu Gomez, ma abbiamo la certezza – appena riconfermata - che l’Atalanta sia veramente forte. Forza Lazio! Ugo Pericoli