Cari fratelli laziali, che partita martedì sera! C’è voluta una Lazio sette-polmoni per piegare un Toro indomito e fortunato, passato in vantaggio con un mezzo tiro in porta, nell’unica occasione che ha visto Thomas Strakosha impegnato in un tuffo a terra. Pare infatti che nel corso della ripresa sia stato contattato dalla sezione SS. Lazio Burraco per un’esibizione divulgativa alla prossima riapertura del circolo. Scherzi a parte, la banda Inzaghi, nell’occasione guidata dall’eccellente Massimiliano Farris, ha avuto ragione del nervosismo, della stanchezza, del caldo, delle ammonizioni, di un arbitraggio irritante assai, specialmente nel primo tempo. La prossima partita sarà un altro grande “classico” del nostro calcio, contro quel Milan che mantiene immutato il suo fascino nonostante alcune scelte imprenditoriali di matrice cinese ne abbiano ultimamente offuscato immagine e qualità di gioco. Di Lazio-Milan ne abbiamo davvero viste tante. Per l’amarcord di oggi vi parleremo di una Lazio di transizione, orfana del paladino Giorgio Chinaglia ma già pronta ad accogliere a braccia aperte l’avvento di un nuovo idolo. Era il 9 maggio 1976, la XXIX e penultima giornata del Campionato di Serie A 1975/76. Arbitrava il signor Ciacci di Firenze, faceva caldo e c’era profumo d’estate; il prato era verde e perfetto da sembrare finto. In tribuna Monte Mario era presente un vecchio amico: Silvio Piola, in qualità di osservatore della nazionale azzurra. Pochi giorni prima si era verificato un devastante terremoto a Gemona e in tutto il Friuli, e venne osservato un minuto di silenzio per commemorare le vittime. Eravamo in 55.000 e avevamo un imperativo unico: bisognava vincere, possibilmente con più reti possibili e sperare nei risultati degli altri campi. No, non ci stavamo giocando lo scudetto e nemmeno il secondo o il quinto posto valido per l’accesso in Coppa Uefa. Stavamo lottando per la salvezza, a soli due anni dalla vittoria dello scudetto, in un’annata che sarà ricordata tra le più disgraziate della nostra storia. Quel 9 maggio di 44 anni fa la salvezza rappresentava l’unico obiettivo e, credeteci, per ottenerla occorreva che si concretizzasse un miracolo. Di fronte c'era il Milan e prima di scendere in campo la situazione in classifica era la seguente: Sampdoria e Verona a 22 punti, Ascoli a 21, Como e Lazio a 20 mentre il glorioso Cagliari di Gigi Riva ha già salutato la Serie A con due giornate d’anticipo. In uno dei più drammatici e appiccicosi pomeriggi della storia laziale Tommaso Maestrelli si affidò ai "suoi" ragazzi, con il giovane trasteverino Bruno Giordano che sembrava l’antitesi del suo illustre predecessore. Rispetto al massiccio e poco aggraziato Chinaglia, Brunetto è smilzo ed elegante e ha dimostrato di saperci fare, anche nei rapporti con uno spogliatoio che non ha perso la propensione a dividersi in clan. Questa la nostra Lazio di quel giorno: Pulici, Ammoniaci, Martini, Wilson, Polentes, Badiani, Garlaschelli, Re Cecconi, Giordano, D'Amico e Lopez. Sulla panchina del Milan siede un milanista D.O.C, un giovanissimo e trentasettenne allenatore di Cusano Milanino. Si chiama Giovanni Trapattoni e farà molta strada. Questo il suo undici di partenza: Albertosi, Anquilletti, Sabadini, Turone, Bet, Biasiolo, Gorin, Benetti, Vincenzi, Rivera e Chiarugi. Sotto un cielo azzurro cemento e un pubblico trepidante, la Lazio parte in avanti come se fosse indemoniata ed al 10' è già in vantaggio grazie a Vincenzo D'Amico che su rigore spiazza e supera Albertosi battendo di piatto alla sua destra. Come d'incanto, in campo c'è solo la Lazio, che annichilisce i rossoneri incredibilmente mai in gara, e per noi lì presenti sembra esser tornati a due anni prima, quando dominavamo il Campionato mettendo alle corde tutte le squadre avversarie. Al 38' arriva il raddoppio: Giordano sfrutta abilmente un rimpallo nel cuore dell’area e realizzare dall'area piccola, defilato sulla sinistra. Bisogna aspettare che finisca il primo tempo e tutti siamo con un occhio al tabellone e un orecchio al regalo della Prima Comunione, la radiolina con l’auricolare: verranno resi noti i risultati parziali dagli altri campi. Tutto lo stadio è col fiato sospeso finché lo speaker non inizia a leggere i risultati: Ascoli-Bologna 0-0, Cesena-Como 0-0, Juventus-Sampdoria 0-0, Verona-Torino 0-0. C'è poco da stare allegri, perché la situazione è ancora molto ingarbugliata e i 2 a 0 fin qui conseguito rischia di diventare un mero esercizio estetico. La ripresa inizia con Gianni Rivera sostituito e negli spogliatoi e con il tabellone che segnala subito il vantaggio della Juventus contro la Sampdoria. Noi continuiamo ad attaccare davanti ad un Milan che non abbaia e non morde. Al 60' arriva la terza rete: una caparbia azione di Luciano Re Cecconi, pressato da Anquilletti e Turone, vede l’angelo biondo servire dal vertice sinistro dell'area Renzo Garlaschelli (ritratto nella foto), che fulmina Albertosi vanamente proteso in uscita disperata. Contemporaneamente arriva la notizia del vantaggio del Cesena sul Como. C'è il tempo di segnare anche il quarto goal con Badiani, a completare la mission impossible di quel pomeriggio: un vero miracolo che però dovrà essere completato la domenica successiva. Si dovrà andare a pescare la salvezza sul lago di Como e sapremo solo dopo sette giorni di aver completato un’impresa. Nel frattempo, la classifica della 29° giornata era la seguente: Verona a 23 punti, Lazio, Ascoli e Sampdoria a 22, Como a 20 e il povero Cagliari a 17. Analogie tra quella Lazio e quella di oggi? Nessuna. Tra quel Milan e quello odierno? Abbastanza. Erano e sono una squadra in cerca di identità, lontani da troppo tempo dal giro che conta, oggi come 44 anni fa. Certo, non disdegneremmo un altro 4 a 0, ma sappiamo che ci basterebbe vincere con un gol piccolo piccolo, in qualsiasi modo e maniera. Certo, ci piacerebbe assistere al ritorno al gol di Correa, del quale si avverte, in questo momento così particolare (Ciro e Caicedone inevitabilmente squalificati in contemporanea e lazialistica coincidenza) un disperato bisogno di apporto tecnico e tattico. Una curiosità: l’azione del gol di Brunetto Giordano venne immortalata in una foto in cui Bruno appare di spalle, nell’atto di “caricare” il tiro del raddoppio. Quell’immagine sarà la “figurina” dell’album Panini 1976-77. Vogliamo chiudere così. Ci serve un Correa brillante come il Giordano di quel giorno. Peccato non esserci allo stadio: saremmo stati nuovamente in 55.000! Forza Lazio! Ugo Pericoli