Cari fratelli Laziali, mentre vi scriviamo ci scorrono sotto gli occhi le noiose immagini delle sfide di Coppa Italia. Diciamocelo francamente: quando la Lazio gioca come sa giocare, le settimane non passano più. Inter-Lazio è un’idea fissa, per i motivi che tutti conosciamo. Pertanto, non ci dilungheremo e andremo dritto al sodo. Per il ricordo di oggi andremo a bussare alla porta della pazza e meravigliosa Lazio di Tommaso Maestrelli, proprio nel giorno in cui prese definitivamente coscienza di poter arrivare fino in fondo. Ecco, se ancora ci concedete un parallelo con il presente, l’atmosfera di quell’Inter Lazio ricorda in tutto e per tutto quella di domenica sera. Anche quel giorno c’era una grande attesa. Il girone d’andata si era appena concluso, tra l’incredulità (e l’invidia) di tutta la Roma calciofila. La squadra di Maestrelli era la rivelazione dell’anno e volò a Milano con la consapevolezza di non avere troppo da perdere. Era il 28 gennaio 1973, la prima giornata del girone di ritorno. L’Inter è allenata da Giovanni Invernizzi, un lombardo di Albairate, un piccolo comune nell’hinterland milanese. Ha sempre allenato solo e soltanto l’Inter, partendo dal settore giovanile, passando per la Primavera, fino alla prima squadra, già dalla seconda metà degli anni Sessanta. Insomma, conosce assai bene l’ambiente e sebbene sia poco più che quarantenne sembra essere molto più “anziano” della sua età anagrafica. La sua Inter proveniva da un campionato deludente, se comparato alla stagione precedente, nella quale aveva vinto lo scudetto succedendo al Cagliari dei miracoli (e di Gigi Riva). Al giorno d’oggi, una formazione come questa, potrebbe tranquillamente essere definita un super-team: Vieri, Oriali, Facchetti, Bedin, Bellugi, Burgnich, Massa, Mazzola, Boninsegna, Bertini e Corso. In panchina ci sono anche due giovanotti di belle speranze, Ivano Bordon e Adelio Moro. E noi? Beh, potremmo anche fare a meno di scrivervi la formazione, ma è sempre bello scandire una sequenza che è quasi una poesia: Pulici, Facco, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e Manservisi. Tommaso Maestrelli fatica ancora un po’ a rinunciare all’esperienza di Mario Facco, che comunque – nella sua Milano – ci tiene a non sfigurare. Pertanto, il buon Sergio Petrelli dovrà nuovamente accomodarsi in panchina, forse per scontare ancora un po’ il suo passato da romanista. Avelino Moriggi confermerà invece la sua immarcescibile vocazione al panchinariato di lungo corso. Fa freddo ma lo stadio è abbastanza pieno, anche per via della bella giornata di sole, sotto il quale le maglie delle due squadre risaltano per la purezza dei colori pastello. In tribuna siede uno dei futuri miti del nostro calcio, Enzo Bearzot, al quale il C.T della Nazionale Ferruccio Valcareggi, ha chiesto di attenzionare alcuni giovani laziali, solo quattro mesi prima, dei perfetti sconosciuti: Wilson, Oddi, Re Cecconi e Chinaglia. Arbitrerà la partita Luciano Giunti, della sezione di Arezzo. “Sarà una partita abbastanza semplice” - deve essersi detto il giorno prima, mentre stappava lo spumante – “Ma sì, dopo tutto è solo un incontro tra la “Beneamata” e una neopromossa, non avrò problemi se mi concederò anche un bel Montepulciano”. Il signor Giunti ha appena festeggiato il suo quarantaduesimo compleanno ed è ancora perfettamente ignaro del pomeriggio a cui andrà incontro. Noi partiamo a mille: due tiri, di Giorgione e Luciano, vengono parati con difficoltà da Vieri, mentre Martini picchia insolente sulle caviglie di Mazzola, che tentenna e quasi rinuncia alla sfida. Però al 24° proprio Sandrino Mazzola serve perfettamente Boninsegna, che è lesto ad appoggiare su Massa, per ricevere il passaggio di ritorno. Oddi e Wilson lo mettono in mezzo come una sottiletta nel tramezzino, sarebbe rigore netto, ma il signor Giunti sta ancora smaltendo i rossi effluvi del Nobile di Montepulciano del giorno prima. Passa un solo minuto e Manservisi attacca lo spazio per provare ad intercettare un lungo lancio proveniente dalle retrovie. Il pallone è abbastanza imprendibile ma l’inesperto Oriali oppone maldestramente la mano. Un errore piccolo piccolo, ma il rigore è ineccepibile. Giorgione Chinaglia tira una frustata che Vieri vede solo partire. Noi (immeritatamente) in vantaggio e Inter che deve attaccare a testa bassa smoccolando per i rigori negati. Infatti, oltre al sandwich su Mazzola, anche i successivi interventi su Boninsegna prima e su Corso poi, non saranno del tutto ortodossi. Si va negli spogliatoi con i laziali su di giri. Maestrelli ha incrociato lo sguardo con quello dello scaramantico dottor Ziaco, un’occhiata sorniona che vale più di mille parole: “Hai visto la classifica?” – sembrano ammiccare l’un l’altro. Nella ripresa si ripete il copione dei primi quarantacinque minuti, Inter in attacco e noi in rapidi e minacciosi contropiede. Si arriva al 60°: lungo cross proveniente da destra su un’insistita azione nerazzurra, palla tesa sulla quale si avventano sia Facco che Boninsegna. Avete presente la “mano de Dios” di San Diego Maradona ai mondiali di Mexico ’86? Senza paura di sembrare blasfemi, vi diciamo che "Bonimba" quel giorno pareggiò esattamente alla stessa maniera. Che scene sotto la “curva Nord” di San Siro! Partirono in sei: Pulici, Facco, Nanni, Wilson, Martini, perfino il mite e ponderato Cecco trattenne a stento la lingua. Niente! Il signor Giunti aveva troppo da farsi perdonare. Accerchiato dalle maglie biancazzurre, prese di corsa la via del centrocampo facendo verso, con il braccio ondeggiante, di rimettere prontamente la palla al centro. Il tutto sotto gli occhi increduli e l’ilarità leggera degli stessi tifosi dell’Inter, che si dissero certi di aver assistito alla versione calcistica di “Oggi le Comiche”. Cosa vogliamo ricordare dell’ultima mezz’ora? Una Lazio bella e impossibile, con Long John irresistibile numero 9 e il duo Frustalupi-Re Cecconi degno di giocare titolare nella Germania Ovest. Vedemmo un’Inter stanca, con Mazzola, Facchetti e Bellugi già forse un po’ appannati, e un ex divo del calcio, Mariolino Corso, ormai agli sgoccioli della lunga carriera. Avemmo l’impressione di una Lazio regale e caravaggesca (la celebre foto dell’estate del 1972 rende perfettamente l’idea), che sembrava sbucare dalle tenebre della Serie B per illuminare, con lo splendore del suo calcio totale, l’intero panorama calcistico nazionale, non soltanto il cielo di Roma. A quasi cinquant’anni di distanza riviviamo la stessa sensazione, nel pieno di una rincorsa che solo quaranta giorni fa era semplicemente inimmaginabile. Ciro, Luis Alberto, il Sergente.. quanto sarebbe bello se i tre moschettieri firmassero un goal, uno per uno. Certo, anche un pareggio non sarebbe da disprezzare. Ma quando arriva, domenica sera? Forza Lazio! Ugo Pericoli