Cari fratelli Laziali,
una prima metà di dicembre peggiore di questa non potevamo aspettarcela. Con ancora negli occhi le folate offensive laziali intraviste a Benevento fino al goal del pareggio dei campani, ci verrebbe da scrivere che nulla è cambiato. E invece no, molto è andato perduto, per colpa anche di qualche irritante fattore esterno, ma soprattutto, per colpa nostra.
Sta per arrivare il Napoli, squadra temibile, tosta, una rivale storica.
Che ne dite di fare un salto alla fine degli anni Ottanta?
Esattamente al 30 dicembre 1989, un assolato sabato pomeriggio di fine anno, quando nella “Bombonera” del Flaminio si incontrarono i sopravvissuti al decennio horribilis laziale e il Napoli di Diego Armando Maradona. Era la 17° giornata del Campionato di Serie A 1989/90
Il nostro allenatore, Giuseppe Materazzi, era al suo secondo anno. Un amore mai sbocciato appieno con la tifoseria: aveva ricevuto dalla Presidenza Calleri l’ingrato compito di far dimenticare un certo Eugenio Fascetti. Quel pomeriggio c’era poco da scegliere, il più forte della squadra, Ruben Sosa, fermo ai box per infortunio; optò per il meno esperto portiere Fiori e seguì la stessa filosofia, orientata al ringiovanimento della rosa, anche per il resto della formazione. Pensava con concretezza, faceva cioè quel che possono fare gli allenatori di squadre “piccole”, perché - di fatto - quello eravamo. Fiori, Bergodi, Sergio, Icardi, Gregucci, Soldà, Di Canio, Troglio, Amarildo, Pin e Bertoni. Si andò a sedere in panchina, a pochi centimetri di distanza dal vetro di sicurezza piazzato tra il terreno di gioco e la retrostante Tribuna Numerata (l’equivalente della Monte Mario, per intenderci), insieme a Bubu Orsi, Nardecchia, Monti, Piscedda e Beruatto.
Strinse la mano ad Albertino Bigon, sempre ben pettinato ed elegante, nella sua impeccabile giacca cammello, la divisa sociale di quel Napoli 1989-90. Loro con Di Fusco, Ferrara, Francini, Crippa, Alemao, Baroni, Fusi, De Napoli, Careca, Maradona e Mauro. In panchina, oltre all’acciaccato Renica, anche il povero Giuliani, Corradini e un giovanissimo Zola.
Era la partita di cartello della 17° giornata che venne affidata alla conduzione di Luigi Agnolin da Bassano del Grappa. Era uno dei migliori arbitri in circolazione, l’Orsato dei suoi tempi, tanto per darvi un’idea delle capacità tecniche di un signore che ci ha lasciato poco più di due anni fa.
Lo stadio era pieno. Con l’Olimpico in fase di ristrutturazione, il Flaminio andava spesso in sofferenza. Per di più arrivava una squadra con una delle tifoserie più appassionate d’Italia. Come spesso accadeva in quegli anni, per evitare problemi di ordine pubblico, Rai Tre aveva l’autorizzazione a trasmettere la partita all’interno del perimetro delle regioni interessate, in questo caso Lazio e Campania. Eravamo in undicimila quel giorno, qualcuno di noi a mezze maniche ma con varie birre in corpo! Assistemmo ad un grande spettacolo, ad una delle più belle vittorie di tutta la storia della Lazio!
Questo è il nostro ricordo.
Siccome avevamo molte cose da fare dopo la partita, tipo il rituale momento di shopping che precede il San Silvestro, ci recammo allo stadio con molto anticipo per “cercare” di prendere un posto più comodo. Vivere lo stadio era un qualcosa di molto diverso da come lo intendiamo ora. Ci acquattammo in curva Nord, verso una Tevere immaginaria, che potremmo chiamare Tribuna Parioli! Maradona era l’avversario da battere, il simbolo di un Calcio superiore con il quale stavamo piano piano familiarizzando, dopo gli anni bui del decennio horribilis. Gli Eagles Supporters prepararono uno striscione memorabile, recante la scritta “Careca Lambada, Maradona Lombata”, alludendo alla pinguedine cui il buon Diego tendeva, ed alla musica, dal sapore caraibico, del ballo che colorò quell’epoca.
Giocammo all’attacco dal 1° al 90° minuto, facendo possesso palla, innamorandoci definitivamente di Paoletto Di Canio, che quel giorno fu megl é Pelè. Da un disimpegno fatato di Di Canio nasceva il tiro che Bergodi scagliava verso la porta napoletana. Di Fusco si oppose con bravura ma il pallone rimbalzò verso Amarildo, al posto giusto nel momento giusto: tap in vincente per il più facile degli 1 a 0! Era il 36° minuto. Ci fu il tempo per assistere al pallonetto capolavoro, ancora pennellato da Di Canio, respinto da una traversa indegna di tale estetica. Bevemmo un Borghetti e ci preparammo al secondo tempo. Stavamo per assistere all’apoteosi dei tifosi laziali, un piccolo indennizzo, proprio a fine decennio, per un periodo amaro durato troppo tempo. Pin prima e Amarildo poi, scrissero una pagina memorabile, bella, solare, un indimenticabile 3 a 0 finale. Fiori volò come un angelo, ad afferrare e bloccare (sì, avete letto bene, bloccare) un tiro assestato sotto la traversa proprio da Re Diego Armando.
Poco dopo, proprio sotto la Curva Nord, riccioli d’oro Troglio sferrò un tiro sensazionale, che avrebbe significato un cappotto fin troppo grosso per un Napoli forte come quello. La palla si stampò sul palo e noi pensammo che saremmo tornati in Coppa Uefa! Sapete come andò a finire la stagione? Cinque mesi più tardi il Napoli avrebbe meritatamente vinto il campionato. La nostra stagione fu “dignitosa”, nel senso che non si rischiò mai di rimanere coinvolti nella lotta per non retrocedere. Tuttavia, anche i più giovani ed “inesperti” come noi, ebbero chiara la sensazione che mai e poi mai quella squadra avrebbe potuto fare un salto di qualità definitivo. La Lazio totalizzò 31 punti e giunse 9a in classifica, a pari punti con i ruspanti galletti del Bari. Vincemmo 8 partite, ne pareggiammo 15 e ne perdemmo 11.
Segnammo 34 reti e ne subimmo 33. 22 goal furono segnati da Amarildo, Sosa e Pin.
Ricordando quella formazione, ai pochissimi goal segnati, riconsiderando il valore di una rosa come quella di trent’anni fa, oggi potremmo dire che occorre guardare con fiducia ai prossimi cinque mesi. Non bisogna mollare niente, altrimenti non ci godremmo nemmeno la doppia sfida Champions contro il Bayern, a forza di pensare agli errori commessi in sede di campagna acquisti.
Ci siamo presi la licenza di includere a questo articolo, cosa che non facciamo mai e non faremo mai più, due link.
Sul primo, potrete ammirare le azioni salienti di quel Lazio Napoli. Guardate che tifo nella Bombonera del Flaminio: quanti punti si potrebbero ottenere in più, se Immobile &. soci potessero godere di un sostegno del genere? Sul finire del video, il volto sereno e il tributo alla Lazio dello sconfitto Diego Armando Maradona. Ci manchi, caro Diego!
Sul secondo, il clip della Lambada dei Kaoma, il clamoroso successo dell’Estate 1989. È un piacere riascoltarlo in questo momento, ricordando la leggerezza di quei giorni di sole, ora che siamo intristiti nel grigiore di questo lock-down a intermittenza, che vorremmo veder svanire, con l’approssimarsi del 2021.
- https://www.youtube.com/watch?v=uiEBfHtWEOU
- https://www.youtube.com/watch?v=iyLdoQGBchQ
È il nostro modo per salutarvi quest’oggi, sperando in un tempo, e in una Lazio, migliori!
Forza Lazio!
Ugo Pericoli