“Ti andrebbe di fare qualcosa di diverso questo pomeriggio?” “Tipo cosa?” “Magari si potrebbe mangiare con Jane e i bambini o magari portarli, non so, allo zoo, a un cinema, da qualche parte.” “Non stai dicendo al posto della partita vero?” “Bè, non potremmo fare tutte e due…” “Non hai neanche preso i biglietti!” “Ma si, i biglietti sono là che ci aspettano…” “Cioè, mi stai dicendo che hai i biglietti, però vuoi andare a vedere Il Libro della Giungla o roba simile? Mi stai prendendo in giro, giusto?” “Senti…mica dobbiamo andare a vedere l’Arsenal tutte le volte che vengo a Londra, ti pare? Pensavo l’avessimo superata questa fase” “Noi non supereremo mai questa fase” (Paul, 10 anni, tifoso dell’Arsenal) Cari fratelli Laziali, il mese di febbraio sarà decisivo. Se pensate di non andare allo stadio mercoledì sera, almeno leggete questo: - “Certo che manco a Pasqua se po’ mangia’ ‘n santa pace” – fece mamma Dora mentre abbottonava il cappotto al figlio. Marco non stava più nella pelle. Da quando aveva compiuto nove anni suo padre aveva iniziato a portarlo allo stadio, sul finire della stagione precedente. Da quel momento non aveva più mancato una partita della Lazio. - “Sta’ tranquilla Do’” - la consolò il marito – “Oggi non ci sarà neppure traffico... saremo a casa per le sei” - Dora li salutò chiudendo la porta ma la riaprì subito dopo: - “Aspetta ‘n’attimo Sandrì. Per prima cosa prendi l’ombrello ché piove e poi fammi prendere ‘n pezzetto de cioccolata per Marco” - “Vai Marcolì” - sorrise la mamma – “e forza Lazio! ”-. Salirono sulla nuova 126 bianca che Sandro parcheggiò poco dopo lungo il discesone di via Edmondo De Amicis. – “Dai papà che oggi è facile!” - fece Marco al padre mordicchiando un pezzetto di uovo di cioccolata. “Ma sì, cosa vuoi che sia questo Verona, ma chi li conosce? ma che ce ponno fa?’” – pensò Sandro tra sé e sé scrutando un cielo pieno di nuvole nere. Una Pasqua bagnata! Si accamparono sotto l’ombrello, occorreva attendere le 15:45. - “Mannaggia, ce mancava pure ‘sto sciopero, proprio oggi che volevo tornarmene a casa prima!” – pensò Sandro un po’ contrariato mentre incrociava lo sguardo del figlio. C’era in atto uno sciopero dei calciatori che aveva fatto posticipare di un quarto d’ora l’inizio di tutte le partite. Un quarto d’ora di attesa supplementare ma, in lontananza, s’intravedevano le maglie bianche e celesti di Frustalupi e Wilson, dalla bocca del tunnel degli spogliatoi, laggiù, nell’angolo della Curva Sud. E poi, finalmente, tutto lo stadio si alzò in piedi all’ingresso della Lazio. Ci sembra inutile ripetervi la formazione, che per tutti noi è più che una poesia, ma lo facciamo per dovere di cronaca: Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e D'Amico. Il Verona è una sorta di sparring partner, sta lottando per non retrocedere, ma è infarcito di nomi che presto diventeranno celebri finendo addirittura dentro una canzone ormai famosissima. Il suo allenatore è Giancarlo Cadè, che schiera questa formazione: Giacomi, Nanni, Sirena, Bachlechner, Bet, Mascalaito, Franzot, Maddè, Luppi, Zaccarelli e Zigoni. La gara inizia in discesa perché già al 5' minuto, su passaggio filtrante di Frustalupi, l’ex romanista Bet tocca la palla e spiazza il proprio portiere Giacomi: 1 a 0 per noi! Ci lanciamo in un forcing forsennato sfiorando il raddoppio ben quattro volte con Chinaglia, Nanni e D'Amico. Ma un po' per imprecisione e un po' per la bravura di Giacomi, non riusciamo a raddoppiare. Sull'unica azione scaligera arriva il pareggio: Franzot scende in area, passa a Zigoni che si gira e fulmina Felice sull'angolo opposto. Non ci rammarichiamo più di tanto e continuiamo a spingere: cross di Martini, Chinaglia anticipa Giacomi di testa, e palla fuori di un soffio. Poi ancora Garlaschelli a sfiorare il palo su cross di Frustalupi. La difesa veronese non ha tregua ma l’imprevisto è andato a nascondersi dietro a una nuvola impertinente. Sta finendo il primo tempo, il Verona sta cucendo la sua seconda azione d’attacco: cross di Luppi, palla a Zigoni che rimette al centro e Oddi c’inciampa su, allungando la gamba per tentare di sventare la minaccia e finendo, invece, col restituire la cortesia di Bet. È l’1 a 2. - “Papà ma che sta a succede?” -, sussurra spaventato Marcolino a suo padre mentre l’Olimpico ammutolisce: la partita sembra stregata. Il signor Giunti di Arezzo fischiò la fine del primo tempo e Sandro si alzò in piedi allungando le braccia per stiracchiarsi un po’, come a scrollarsi di dosso il peso di un imprevisto non contemplato. Levò via il giornale dalla seduta e incrociò nuovamente lo sguardo interrogativo di Marco: - “Ma che fanno? Ma già rientrano? Sono già tutti qui!” - Quando si accorsero che i giocatori avevano rinunciato alla pausa, i tifosi tornarono a rianimarsi, incitando a tutta forza quegli uomini sotto la pioggia, undici pugili concentrati e muti, in attesa del proprio avversario sul campo di gioco con dieci minuti d’anticipo. Quando il Verona rientrò fu colto di sorpresa. Trascorrono nemmeno 4 minuti, siamo al 49': punizione di Frustalupi, Giacomi esce a vuoto e Garlaschelli è lì piazzato, “sotto misura” - come avrebbe detto Sandro Ciotti – e insacca di piatto. A quel punto la gara diventa un nostro monologo, con azioni a tutto campo e tiri in porta a cui il portiere veronese si oppone come può. Zigoni s’infortuna al 56' e da quel momento Oddi è libero dalla marcatura. Maestrelli lo sposta in avanti come attaccante aggiunto, lo stadio è una bolgia, sospinto dalle notizie provenienti da Torino, dove la Juventus sta inaspettatamente soccombendo al Cagliari. Al 76' finalmente arriva la rete del vantaggio: cross sulla destra di Frustalupi, Nanni entra al volo, in spaccata acrobatica, segnando il gol più importante della sua vita. È l'apoteosi: Nanni viene sommerso dagli abbracci, Pulici corre verso la panchina, le tribune esultano e gli ombrelli volano, finendo sul parterre. Sandro abbracciò Marcolino dicendogli - “che t’avevo detto?” - quando in realtà non aveva più unghie da mordere. Passarono altri tre minuti: Vincenzino D'Amico conquista un pallone nel cerchio di centrocampo, è magro e minuto come una figurina del Subbuteo ed avanza, imprevedibile e leggero, lasciandosi indietro il più robusto Bachlechner, che invece capitombola sul campo pesante e intriso di pioggia. Poi arriva sul fondo e crossa al centro dove c’è Chinaglia, che si aggiusta la palla e segna uno dei suoi gol più impetuosi, eguagliando il record di reti in Serie A di Silvio Piola, con 21 realizzazioni. Sandro chiese al figlio se volesse andar via prima, - “la mamma è a casa che aspetta.” -, ma Marco nemmeno si voltò. Avevamo vinto, la Banda Maestrelli aveva compiuto un'impresa! La Juventus riuscì a pareggiare nel finale ma con 4 punti di distacco e una partita in meno sul calendario, “sentimmo” di avercela fatta. Quel giorno padre e figlio tornarono a casa bagnati e felici, mancava poco all’avverarsi di un sogno. Torniamo al presente, a questi giorni di inizio febbraio 2020. Quanti “Marcolini” saranno allo stadio mercoledì sera, sfidando le raccomandazioni delle mamme che, anche dopo quattro decenni, sono sempre le stesse? Quanti papà li accompagneranno? Questo è un Lazio Verona in cui corriamo da soli. Il campionato è fermo e dobbiamo essere consapevoli che il 75% della tifoseria “televisiva” farà il tifo per il Verona, perché la Lazio di Inzaghi non ispira troppe simpatie, perché è bella, è forte, è solida, è ben costruita. Per tutti noi tifosi con i capelli bianchi, i “Marcolini” di quella domenica di Pasqua che fu, resta il ricordo scalfito dal tempo di quel Lazio-Verona. Un ricordo meraviglioso e indelebile, che non ci fa smuovere di un passo e che ci fa ribadire, proprio come il giovanissimo Paul di Febbre a 90°: “Noi non supereremo mai questa fase!”. Facciamo che sia veramente così, mercoledì sera andiamo tutti allo stadio. Forza Lazio! Ugo Pericoli