Cari fratelli Laziali, è ormai un fatto ciclico, è una ritualità, è una costante del calcio italiano: ad intervalli più o meno regolari, la Lazio è attaccata per fatti che nulla hanno a che vedere con gli aspetti tecnici. Si attacca la Lazio sui temi “caldi” del momento. Cosa c’è di più “hot” di un nuovo scandalo legato alla Pandemia? L’accusa mossa alla S.S. Lazio ed al suo massimo vertice, il Presidente Claudio Lotito, ha sortito l’effetto di aver compattato l’ambiente biancazzurro, che - tornando a sentirsi accerchiato come ai “vecchi tempi” – si chiude a testuggine per proteggersi da ogni insolenza. Riteniamo questo attacco mediatico infamante, non tanto e non solo per l’argomento tirato in ballo (la Lazio avrebbe avuto un comportamento da untore, tale da compromettere, teoricamente, la salute pubblica) quanto per la disparità di trattamento riservata alla Nostra rispetto alle altre compagini. Guardate la classifica: tutti quelli che ci precedono hanno acquistato calciatori pagandoli con un debito, talvolta con un debito sul debito. C’è stato chi, nella città probabilmente più provata dalla prima ondata del virus, se ne andava in giro per l’Europa senza dir niente a nessuno dei propri sintomi, financo a sé stesso. C’è stato chi, quasi certamente, ha commesso un reato di corruzione e di falso ideologico, facendo pressione su stimati (?) docenti universitari alla ricerca di un fantomatico patentino di lingua italiana per poter tesserare l’ennesimo calciatore in più. Ma non se parla, non se ne parla perché il colpevole (il presunto colpevole) è un intoccabile. Si cerca la pagliuzza negli occhi della Lazio e si tacciono le travi di tutte le altre concorrenti. A tutto ciò noi diciamo basta. Adesso possiamo parlarvi del ricordo di oggi, per presentarvi la partita che sabato disputeremo contro la Sampdoria. Torneremo indietro a 37 anni fa tondi tondi: a domenica 19 febbraio 1984 quando per la 20° giornata del Campionato di Serie A la barcollante Lazio di Paolo Carosi incontrava la Sampdoria futuribile di Renzo Ulivieri. Noi con Orsi, Spinozzi, Filisetti, Piscedda, Batista, Podavini, Vinazzani, Manfredonia, D'Amico, Laudrup e Marini. In panchina il “retrocesso” Massimo Cacciatori, poi Angelo Cupini, Mario Piga, il giovane Meluso e Renato Miele. La Samp con Bordon, Pellegrini, Bellotto, Pari, Vierchowod, Guerrini, Chiorri, Scanziani, Mancini, Brady e Zanone. Loro sono imbottiti di seconde linee, perché squalifiche e infortuni l'hanno privata di uomini importanti come Francis, Casagrande e Renica. La partita viene considerata una di quelle “toste” e l’AIA designa un arbitro internazionale, il signor Paolo Bergamo di Livorno. Stadio Olimpico pieno come al solito: la Presidenza di Giorgio Chinaglia ha assicurato alla squadra un sostegno massiccio, a dispetto di una classifica deficitaria già dopo un mese soltanto. Giorgione ha pagato di tasca sua l’asso brasiliano João Batista da Silva e proprio il nazionale verdeoro è stato quello che si è fatto più attendere. Salimmo i gradoni della curva e prendemmo posto in curva. Scorgemmo un ragazzo, nei pressi del muretto della Nord, dire al suo vicino: “Oggi Batista deve segnà! Se nun segna oggi, che l’avemo preso a fa’?” Nel primo tempo la Lazio attaccherà verso la Curva Nord. La Samp parte all’attacco ma è un’illusione. Per un paio di minuti il gioco è lento e frammentario da una parte all’altra, poi la partita ha una fiammata. D’Amico ruba palla a centrocampo, effettua un passaggio filtrante verso Batista il quale, con la sua caratteristica andatura un po’ caracollante, riesce a smarcarsi, portandosi dietro un paio di difensori doriani, entra in area e, mentre Bordon usciva, lo infilava con un diagonale rasoterra. La Nord esplode in un boato di quelli memorabili, mentre Batista rinverdiva le sue “corse” di un tempo, correndo sotto le Torcida di International, Gremio e Palmeiras. Rientrò in campo un po’ a fatica, dopo oltre un minuto di festeggiamenti, mentre qualcuno provava ad intervistarlo in diretta, sul campo, secondo il modo di fare del folkloristico futebol brasiliano. L’esultanza si trasformò in frustrazione poco dopo, quando il signor Bergamo convalidava un contestatissimo gol alla Sampdoria, a fine primo tempo, del ventenne Roberto Mancini. Ci ributtiamo all’attacco. Certo, ci sarebbe servito uno come Brunetto Giordano, ma questi è ancora a casa, sul divano, con mezza gamba ingessata. Sono trascorsi 45 giorni dal famigerato calcione di Bogoni e quel giorno Vincenzino giocò anche per lui. Anche Laudrup mostrò segni di maturità e di concretezza, smistando palloni sempre interessanti verso i compagni di reparto: forse fu proprio lui il migliore in campo! Michelino, come lo chiamavamo affettuosamente a Roma, sembrò scrollarsi di dosso l’apatia che spesso lo aveva frenato, è mostrò un repertorio da grande campione, come sarebbe diventato negli anni a venire. Quel giorno incrociava le spade con lo Zar Pietro Vierchwood il Grande, ma non si lasciò minimante intimidire, sfoderando un secondo tempo di gran classe. Si arriva al minuto 62: palla di Laudrup per Marini che entra in area ed è platealmente (e ingenuamente) scaraventato in terra dall’esperto Scanziani. Penalty affidato ai piedi D'Amico, ritratto nella foto, che pulisce il pallone come se fosse il suo, quasi lo accarezza, sotto la curva Sud, poi lo sistema in terra e indietreggia un paio di metri. Lo stadio trattiene il fiato, tiro secco e gol! Al meritato vantaggio seguono altre due azioni di marca biancazzurra, anche perché la Samp si mostra assai svogliata e vanesia. Il primo tentativo e soffocato da un recupero di Vierchwood, ma alla seconda occasione Laudrup lascia partire un tiro che sembra imprendibile: palo pieno e sollievo rimandato. Il 3 a 1 è sfumato di un niente, mancano 10 minuti, iniziamo a guardare il tabellone alla ricerca di risultati favorevoli. L’Avellino, Il Genoa e il Catania stanno perdendo, è un turno molto favorevole. Con qualche affanno di troppo, causato soprattutto dalla paura di sbagliare, riusciamo a condurre in porto la nave: Lazio 2 – Sampdoria 1. Fu una vittoria difficilissima. Sabato alle 15 dovremo cercare di battere la Samp, nonostante l’ennesimo infortunio di un difensore, il Soldato Stefan Radu, che complica ancor di più il percorso di avvicinamento alla sfida delle sfide, quella con i supercampioni bavaresi del Bayern Monaco. In questo momento sono inutili tutti i discorsi “se la Società avesse comprato un difensore forte”. Ci sarà tempo per le critiche, che comunque non ci riguardano. Ora è il momento di stringersi attorno ai giocatori. Non possiamo invitarvi ad andare allo stadio perché sta continuando la maledizione del Coronavirus. Possa la Lazio regalarci un sorriso, anzi due, nel corso dei prossimi sette giorni. Forza Lazio! Ugo Pericoli