Cari fratelli laziali, dove eravamo rimasti? Ci eravamo salutati sugli spalti di un Olimpico festante per il primo posto in classifica. Avevamo appena battuto il Bologna per 2 a 0, esprimendo un gioco superlativo per almeno 20 minuti, geometrie disegnate ad arte da Luis Alberto e Immobile e attorno alle quali si muoveva il resto della squadra, convinta - forse come non mai - di stare esprimendo il più bel calcio d’Italia. Era un pomeriggio fresco di metà inverno, nessuno di noi avrebbe osato immaginare quanto stava per succedere. Dopo quasi quattro mesi in cui ne abbiamo viste e “subite” di tutte i colori stiamo per riabbracciare la meravigliosa Lazio della stagione 2019-2020. Naturalmente parliamo di un abbraccio virtuale, ma lasciateci dire che, pur di ripartire, ci faremo andar bene le partite a porte chiuse, gli allenamenti differenziati, tutto, pur di provare a ricominciare a correre, fino alla fine. Siamo felici di ritrovarvi di nuovo qui! Siccome siamo della Lazio, cominciamo da una notizia non buonissima riguardante un giocatore che è nel cuore di tutti noi. Senad Lulic è seriamente infortunato. Non avevamo colto la gravità del suo infortunio perché le notizie giungevano in concomitanza del “primo” lockdown, in un clima dove tutto arrivava attutito, irreale, lontano. Qualche giorno fa è stata battuta una notizia secondo la quale Lulic starebbe addirittura pensando al ritiro. Ci riesce difficile immaginare la Lazio senza di lui e siamo sicuri che Senad lotterà come un leone per tornare ad indossare la fascia di capitano entro luglio, o comunque entro la prima giornata del prossimo campionato. Tra pochi giorni viaggeremo fino all’epicentro del “disastro”, la martoriata Bergamo. Per l’amarcord di oggi il pensiero corre ad una Lazio di qualche anno fa, costruita con la parsimoniosa e lotitiana arguzia che stravinse al calciomercato dell’estate 2011. È il 6 maggio del 2012, la penultima giornata del campionato di Serie A 2011/12, sono le ore 15.00. Abbiamo a lungo inseguito la qualificazione alla Champion League e teoricamente saremmo ancora in corsa. Edy Reja schiera questa formazione: Bizzarri, Konko, Diakite, Scaloni, Garrido, Gonzalez, Cana, Candreva, Mauri, Lulic e Kozak. Prudenzialmente, lascia l’acciaccato Klose in panchina, insieme a Berardi, Sbraga, Zampa e Makinwa. Colantuono non ha più molto da chiedere ai suoi: l’Atalanta si appresta a concludere un campionato senza né ombre né luci, nel limbo un po’ anonimo di un tranquillo centro classifica. Può comunque contare, portiere a parte, sull’undici titolare: Frezzolini, Bellini, Stendardo, Manfredini, Peluso, Schelotto, Cigarini, Carmona, Bonaventura, Moralez e Denis. Noi non stiamo messi benissimo, abbiamo 4 squalificati e sette infortunati. Kozak sarà l’unica punta davanti, affiancata da Candreva, Mauri e finalmente Senad Lulic, al rientro dopo quasi tre mesi di stop. L'inizio è di marca atalantina: per 20 minuti andiamo in apnea per le sfuriate di Moralez e Denis che mettono seriamente in difficoltà la nostra difesa, soprattutto a sinistra, dove Garrido non contiene lo sgusciante Schelotto. Bizzarri non è però mai chiamato ad interventi degni di nota, sebbene l'Atalanta protesti animatamente per due presunti rigori. Le proteste ci stanno tutte, ma solo nel primo caso: Denis è palesemente atterrato da Diakite con Bizzarri in uscita sui suoi piedi ad un soffio dalla porta. Proteste ingiustificate nel secondo: il tiro di Stendardo dal limite sbatte sul petto di Konko e non sulla mano. Al 12' perdiamo un altro pezzo: Schelotto e Garrido si colpiscono saltando di testa, lo spagnolo al 19' è costretto a uscire per Zauri, che va a occupare la fascia destra, con Konko a sinistra. Il cambio di Reja sembra funzionare, perché da quel momento Schelotto non pungerà più. Conquistiamo metri e creiamo alcune occasioni da gol: prima Mauri manca l'aggancio su punizione di Candreva, poi si rialza e in rovesciata impegna Frezzolini in un difficile intervento. Al 25' un bolide di Gonzalez si stampa sulla traversa e ricade sulla linea. Al 35' arriva il gol della Lazio: Konko ruba palla, scappa a sinistra, serve Mauri che crossa in mezzo, Kozak controlla, si gira e calcia verso la porta con una deviazione di Manfredini che spiazza Frezzolini: 0-1! A quel punto l’Atalanta si piazza nella nostra trequarti ma è un possesso di palla sterile, perché con Scaloni centrale conteniamo ogni sussulto senza troppi problemi. La vocazione al difensivismo di Reja è figlia di una visione del calcio tipicamente anni ’70, un dogma che fa delle “chiusure e ripartenze veloci” il credo assoluto. Quindi la partita segue uno schema monotematico anche nel secondo tempo: Atalanta a testa bassa e Lazio chiusa in difesa. Per quasi venti minuti i nostri giocano tutti dietro la linea del pallone, in teoria pronti a ripartire con Kozak. Nei fatti però Libor è troppo solo ed è come se giocassimo in dieci. Senad Lulic è appena rientrato dall’infortunio di fine inverno e ce la sta mettendo tutta: il giovane bosniaco è stato prelevato a sorpresa dal Berner Sport Club Young Boys l’estate prima. Si piazza sulla linea davanti alla difesa con la sua andatura un po’ dinoccolata ed è come se a volte perdesse l’equilibrio. Invece resta sempre in piedi e, seppur sbilanciato quando preso in controtempo, è sempre reattivo al posto e al momento giusto. Probabilmente sta facendo le prove per il gol più importante della sua vita, che ha messo in cantiere per il maggio successivo, ma ancora non lo sa. E così spetta al solo Stefano Mauri il compito di tenere “lunga” la difesa bergamasca, perché è abile nell’indovinare le posizioni nel gioco senza palla. Cigarini e Bonaventura smistano palloni a ripetizione ma Cana (ritratto nella foto) e Gonzalez sono due totem nella fase di interdizione. Rispetto al primo tempo il ritmo è calato e la Lazio prova a gestire l'esiguo vantaggio. Brutta idea! E infatti l'Atalanta va vicina al gol due volte con Moralez: prima ribatte Diakite, poi Zauri. Al 20' i tecnici rimescolano i rispettivi mazzi. Colantuono mette dentro Gabbiadini per Bonaventura mentre Klose prende il posto di un accaldato Kozak. L'Atalanta continua a spingere, la partita è ormai priva di schemi, è tutta un correre sulle fasce e cross al centro, dove Diakite giganteggia e tiene in piedi la Lazio. Bizzarri è chiamato a due interventi in tuffo, prima su Schelotto e poi su Gabbiadini. Klose è entrato al momento giusto, la sua sola presenza crea ambasce all’intero reparto difensivo atalantino. Tuttavia, l’atteggiamento della Lazio è lungi dall’esser diventato più offensivo ed anzi abbassiamo ulteriormente il baricentro, limitandoci a lanci lunghissimi dove non arriva nemmeno il fresco Klose. Un atteggiamento ad alto rischio, già mostrato in tante precedenti occasioni, nelle quali abbiamo consegnato il pallino della partita nelle mani degli avversari. Nel momento di massima pressione atalantina arriva il rosso per Stendardo, un rosso tanto gratuito quanto inevitabile, dopo gli applausi polemici indirizzati verso l'arbitro per una punizione non troppo ortodossa a noi concessa dal signor Rocchi di Firenze. Mancano solo 8 minuti. Gli atalantini sono “andati”, hanno perso la tesa e commettono falli a tutto campo, arrivando a prendersi 4 gialli nel giro di 8 minuti. A questo punto ci facciamo coraggio e avanziamo verso l’area avversaria. Siamo al 90’, sta iniziando il recupero. Quand’era ragazzino Cana seguiva la Bundesliga e gli piaceva soprattutto il difensore Klaus Augenthaler. Proprio come usava fare il vecchio campione bavarese, Cana parte da centrocampo, a testa alta, facendosi largo tra le maglie della difesa bergamasca che resta in attesa di un suo passaggio smarcante verso Klose o Mauri. Avanza di altri quindici metri. Mentre tutti si aspettano un filtrante, poco prima dell’area di rigore lascia partire un bolide che s’insacca sotto l'incrocio dei pali, uno 0 a 2 tanto spettacolare quanto larghissimo. Dritti negli spogliatoi, di corsa a casa, con il sogno Champions ancora vivo, almeno per la matematica. Sono passati otto anni (e quasi due mesi) e stavolta è veramente cambiato tutto. Considerate che: 1 - di quell’undici Laziale resta solo l’ex giovane bosniaco Senad Lulic, che, se quel giorno rientrava dall’infortunio, stavolta sarà assente per lo stesso motivo (coincidenze da Lazio, non ci facciamo mai mancare niente) 2 - Simone Inzaghi rappresenta la modernità del calcio mentre Edy Reja incarnava la “vecchia guardia”. Un grazie a Edy, molte volte ci ha preso per mano! 3 - L’Atalanta è la più giovane realtà del calcio europeo mentre 8 anni fa era una neopromossa. Insomma: questa sfida sarà decisiva perché - proprio come accadde nel girone di andata – sarà il vero e proprio spartiacque del nostro campionato. Sì, forse è una partita ancora più importante dello scontro diretto dell’Allianz Arena, perché sappiamo tutti che vincere a Bergamo farebbe rinascere d’incanto la sicurezza strozzata in gola a fine febbraio. Sarebbe una stoccata all’avversario che ci precede, qualcosa di molto di più che un semplice segnale. E siccome vi stiamo parlando con il cuore in mano, vi diciamo che secondo noi l’Atalanta è superiore alla stessa Juventus, non tanto nei mezzi dei singoli e nella forza oggettiva del loro palmares, quanto nel modo di stare in campo, di saper leggere la partita, che ci ha messo in difficoltà più di una volta nel corso degli ultimi duelli. Cari fratelli, è un’attesa snervante. Fosse per noi, scenderemmo in campo anche tra 10 minuti. Forza Lazio! Ugo Pericoli