Cari fratelli Laziali,
la prima gara contro il Venezia ha acceso la speranza di una stagione da primattori. La Lazio è piaciuta perchè ha creato tante, nitide occasioni. Come forse mai era accaduto nell'ultima, noiosa gestione-Sarri. Ma è pur sempre (ancora) calcio d'agosto: servono conferme, altri test. E il prossimo arriverà alla Dacia Arena contro la rinnovata Udinese.
Già, la prossima partita coincide con il punto più basso mai
toccato dalla Lazio in Serie A. Si avvicina il quarantesimo anniversario di una
partita che, per un tifoso della “Generazione Lenzini”, ebbe un sapore
amaro come il fiele, anticipo di una retrocessione annunciata.
È domenica 23 settembre 1984, siamo alla II giornata del
Campionato di Serie A 1984/85. A maggio abbiamo raggiunto la salvezza a Pisa. A
giugno Chinaglia non è riuscito a vendere né Manfredonia e né Giordano. L’unico
acquisto è stato Vianello, arrivato proprio dal Pisa. Ma siccome il Liverpool
ha sbancato la Coppa sulla ruota di Roma, per noi ragazzi ingenui è stata lo
stesso un’estate felice.
In Coppa Italia, una Roma imbottita di giovani, ce ne fa due
nel secondo tempo. Quando dovremmo avere un ultimo sussulto d’orgoglio, arriva
il Genoa di un certo Giuliano Fiorini ad annunciarci che la nostra sarà una
stagione maledetta.
Arriviamo a Udine mogi-mogi, nonostante si sia giocata
soltanto la prima partita, persa in casa, immeritatamente, ancora nel secondo
tempo, contro una Fiorentina che segna con Pecci, nell’unica volta in cui lui, nella
lunga carriera, ha calciato di sinistro, il suo piede “sbagliato”.
Dal tunnel esce un Luis Vinicio che sembra di ottimo
umore. Venne scaricato dalla Lazio nel lontano 1978, non può avere sete di
rivalse. La sua Udinese gli somiglia, è tutta a trazione anteriore: Brini,
Galparoli, Rossi, Gerolin, Edinho, De Agostini, Mauro, Criscimanni, Selvaggi e
Zico.
Paolo Carosi schiera invece una Lazio dall’inedito
10+1. L’uno è rappresentato da Bruno Giordano, ormai un corpo estraneo rispetto
al resto della squadra. C’è un clima incandescente nella Roma sponda Laziale. La
campagna acquisti è stata asfittica per mancanza di fondi, la tifoseria ha rimproverato
a Giordano il mancato passaggio alla Juventus, che avrebbe consentito al
Presidente Chinaglia di rinforzare la Lazio, in tutti e tre i reparti. Lo
spogliatoio è spaccato, i compagni sanno bene che il trasferimento è saltato
per precisa volontà del centravanti di restare nella capitale.
C’è un clima già autunnale a Udine. I nostri sfilano mollemente, Orsi, Storgato, Filisetti, Vianello, Batista, Podavini, Torrisi, Manfredonia, Giordano, Laudrup e Fonte. Anche in panchina non mancano i mugugni. Sono quelli di Cacciatori, Spinozzi, Calisti, Garlini e Marini.
Seguiamo la partita sul divano di casa, sintonizzati su “in
campo con Roma e Lazio”. Si capisce subito che sarà un pomeriggio di
passione. Orsi fa due interventi, prodigiosi e consecutivi, al 18' e al 19',
poi deve arrendersi al 27': fallo di Podavini su Selvaggi, punizione di Mauro,
pallone che spiove in area e Galparoli (ritratto a terra, nella nostra foto
articolo, nell’istante in cui la palla entra in rete) realizza di testa in tuffo.
Lamberto Giorgi prova a dissimulare ottimismo, mostra
una delle sue celebri “facce” per tranquillizzare il tifoso laziale. È un
continuo. Dopo dieci minuti, Orsi sventa il raddoppio ma ne passano altri
cinque che l’Udinese si porta, assai meritatamente, sul 2 a 0. Scambio
ravvicinato Criscimanni-Zico, difesa laziale imbambolata, tocco di Carnevale,
Zico allunga dentro ad occhi chiusi. Solo al 43', il nostro primo e unico tiro
in porta, proprio con Giordano, che sfrutta come può il primo pallone giocabile.
A Roma fa decisamente più caldo. Con gli amici ci facciamo
una birra mentre vediamo la classifica parziale, che ci vede ultimi in
classifica, tre gol subiti, zero segnati.
Inizia il secondo tempo. Laudrup tenta una fuga ma viene
stoppato (regolarmente) da Edinho, che lo manda alle ortiche. Dall’altra parte,
fraseggio Mauro-Gerolin, palla a Selvaggi e 3-0. Siamo solo al 13' e sarebbe
già K.O tecnico. Ma il Calcio non è la boxe, a volte fa ancora più male. Perché
quando il signor Lanese trascrive sul taccuino il nome dell’ultimo marcatore,
manca ancora più di mezz’ora. L’Udinese, che gioca con una stupenda maglia mutuata
da quella del Vasco da Gama, potrebbe farcene 10!
È un’agonia: Filisetti non si capisce con Batista e deve
ricorrere ad un fallo di mano. Tira Zico, bella respinta di Orsi ma arriva
Mauro e mette dentro: 4 a 0.
A quel punto, Vinicio concede la passarella al suo
connazionale. Zico esce tra gli applausi di un popolo che sogna lo scudetto. Poi
uscirà uno dei più attesi, il neoacquisto Criscimanni. A tre minuti dalla
conclusione, Carnevale duetta con Selvaggi e obbliga Lanese ad aprire un’altra
volta il suo taccuino. Risultato finale: Udinese 5 – Lazio 0.
Le cronache riferirono di un clima al calor bianco e un
Chinaglia incontrollabile e incontenibile. Senza dare ascolto a nessuno che
avrebbe potuto dissuaderlo, Chinaglia contatta quello che era stato il suo
“primo” padre putativo. Per noi tifosi più giovani, quella figura era rappresentata
dallo sguardo mite e saggio di Tommaso Maestrelli. Invece, Long John
Chinaglia sta per commettere il più clamoroso errore della sua vita. Al termine
di una allucinata ricerca notturna, perso tra vecchie e consumate rubriche,
zeppe di nomi, pecette e cancellature, rintraccia Lorenzo in un alberghetto di Miami.
“El mago” si trova in vacanza, in uno di quei tre stelle sparsi tra Miami e
Fort Lauderdale, location su misura per americani in pensione con badanti al
seguito. Il lunedì pomeriggio, nei paraggi di Tor di quinto, prima
dell’allenamento, Chinaglia ha spaccato bottiglie e mandato a quel paese anche
persone care. È intrattabile: nella notte tra lunedì e martedì parlerà al
telefono con un uomo con la testa in vacanza, incialtronito dalle sue ridicole
scaramanzie, ormai ai margini del giro del calcio che conta. Lorenzo prende il
primo aereo per Roma, dove fa ritorno dopo 14 anni.
Chinaglia argomenterà ai giornalisti, di aver scelto Lorenzo
perché non ha mai avuto rapporti diretti con i suoi giocatori. Indirettamente,
attribuirà tutte le colpe al buon Paolo Carosi, un uomo limpido, un innamorato
della Lazio, che aveva romanticamente condotto alla salvezza solo tre mesi
prima.
La Lazio vista a Udine era apparsa in condizioni spaventose. Con Lorenzo, sarebbe peggiorata. Se c’è un campionato che il tifoso laziale vorrebbe cancellare dal proprio curriculum, ebbene è questo. Forza Lazio!
Ugo Pericoli