Mi ritorni
in mente - domenica 31 ottobre 1993 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Udinese 2-1
Cari
fratelli Laziali,
usciamo a
testa alta da questa edizione della Champions League. Imbattuti in casa,
abbiamo pagato lo scotto di una campagna acquisti condotta, molto
probabilmente, con quale valutazione errata e un ottimismo forse eccessivo.
Sentiamo di
voler ringraziamo i giocatori, per la straordinaria cavalcata che ci ha
condotto fino allo scadere del primo tempo, in perfetta parità contro i
pluridecorati campioni bavaresi. Da un corner negato, si è arrivati alla rete
del raddoppio tedesco. Poi i giocatori si sono scoraggiati, non hanno mai
tirato nello specchio della porta difesa da Manuel Neuer, nemmeno nel
secondo tempo, quando era indispensabile mostrare un segno di reazione. E a
quel punto, è stato giusto uscire.
Ci siamo
concessi una digressione tecnica che non ci compete. Pertanto, ce ne andiamo di
corsa verso l’amarcord di oggi, in vista della nuova notturna di lunedì
prossimo.
Vi
riportiamo al 31 ottobre 1993, al Lazio Udinese della decima giornata
del Campionato di serie A 1993-94, alla prima “Lazio cragnottiana”,
allenata da Dino Zoff. Quel pomeriggio Super-Dino deve
fare a meno di molti giocatori, fra i quali spiccano i nomi di Gascoigne
e Boksic.
La
formazione, infarcita di tanti giovani, si direbbe competitiva: Marchegiani,
Bergodi, Favalli, Bacci, Bonomi, Di Matteo, Fuser, Doll, Casiraghi, Winter e
Signori. In panchina il solito Orsi, poi Di Mauro, De Paola, Sclosa e Saurini.
L’Udinese è
guidata da Adriano Fedele, un decennio in Serie A tra Bologna e
(soprattutto) Inter. Manda in campo Caniato, Pellegrini, Rossini, Sensini,
Calori, Desideri, Rossitto, Kozminski, Branca, Biagioni e Pittana. In panchina si porta Battistini, Bertotto,
Carnevale, Pierini e Delvecchio.
Proveniamo
da una striscia negativa. Non siamo partiti benissimo, con qualche pareggio
casalingo di troppo. Abbiamo rinnovato molto il parco giocatori, Di Matteo
e Winter si sono inseriti subito molto bene, già dal precampionato. Ma alcuni
giocatori, dal nome non troppo altisonante, non sono ritenuti all’altezza di
una Lazio che aspira a diventare una squadra di statura europea.
Partiamo a
spron battuto e già 10' Favalli colpisce in pieno il palo dopo uno
slalom degno del miglior Tomba.
Doll e Winter appaiono
brillantissimi, Signori sembra in grande giornata. L’Udinese sembra
essere stata schierata con l’unico obiettivo di difendersi: in 10, tutti insieme
appassionatamente, davanti alla porta di Caniato. Una visione e una
strategia decisamente modesta.
Ed infatti,
al quarto d’ora, Di Matteo pesca Winter dalle parti dell’area
friulana, una piroetta dell’olandese, colpo ravvicinato e Lazio in vantaggio.
Sull’1 a 0 iniziamo a tener palla, un torello incessante, a tratti quasi
noioso. L’Udinese non si fa viva dalle parti di Marchegiani.
Alle nostre
punte, a Signori e a Casiraghi, di palloni interessanti non ne
arrivano, e così decidono di fare tutto da soli. Casiraghi, che non sta
giocando benissimo, ha vinto un contrasto, passa a Signori che entra in
area, si aggiusta il pallone sul sinistro, poi lascia partire, dalla sua zolla preferita,
un diagonale imprendibile per Caniato. Tre tiri, due gol, non c’è male! All’intervallo
ci spariamo un panino e una coca, certi di dilagare nel secondo tempo.
Non siamo
i soli ad esserci rilassati. Anche il nostro reparto difensivo, che appare distratto e
presuntuoso. Biagioni, Branca
e Desideri, iniziano ad insidiare la porta di Marchegiani. Dieci
minuti in cui raramente ci affacciamo in attacco, un tempo che scorre lento,
mentre Signori passeggia anziché correre, e allora arretra anche lui, a dar
manforte ad un centrocampo che non brilla più. È il 61': Branca
s’inventa il gol del 2 a 1 e iniziamo a credere che, visti i numerosi
precedenti, anche l’Udinese possa riprenderci.
Fuori Doll,
scomparso dal momento del raddoppio di Signori e spazio a Di Mauro, meno
tecnico ma più pesante. I Friulani hanno reclamato due rigori. Uno dei due era
apparso netto, l’Udinese si disunisce, a Calori saltano i nervi, si fa
espellere. Espulsione giusta, che facilita non poco il compito dei nostri.
Manca ormai
poco allo scadere. Casiraghi, Fuser e Winter – ritratti
nella foto articolo insieme a Signori - hanno ancora le ultime forze per
lanciarsi in contropiede. Beppe-gol è però esausto, ha corso a
vuoto per gran parte del secondo tempo, sta calando la sera. Quando il signor
Arena di Ercolano fischia la fine, qualcuno sta già sulle scale dello
stadio.
Stava
imbrunendo, la Madonnina del Don Orione, sulla
collina di Monte Mario, stava già con le luci accese. Era stata una domenica
piacevole, condita dalla vittoria della Lazio. Tutto sommato, una domenica come
tante altre.
Solo molti
anni più tardi, dopo tante indagini, rivelazioni e dichiarazioni a dir poco
stupefacenti, saremmo venuti a conoscenza che quella che avevamo trascorso
all’Olimpico, poteva diventare una delle giornate più terribili della storia
del Nostro Paese.
Eravamo nel
bel mezzo della stagione stragista 1993-1994: dopo Capaci
e Via D’Amelio, dove persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino,
dopo gli attentati a Roma, a Firenze, a Milano. A pochi
mesi dalle bombe nelle chiese, quelle di San Giorgio al Velabro e di San
Giovanni in Laterano. Nel corso delle indagini della Procura di
Caltanissetta, Gaspare Spatuzza, un pentito di Cosa Nostra,
rivelò che la mafia aveva progettato una strage allo stadio.
La mafia
pretendeva infatti l’abolizione dell’articolo 41-bis. Per aumentare la
pressione e convincere lo Stato a cedere, venne pianificato un attentato terrificante,
che prevedeva l’impiego di cinquanta chili di tritolo mischiato a tondini di
ferro dal diametro di un centimetro.
Gaspare Spatuzza rivelò di essersi posizionato sulla
collina di Monte Mario insieme ad altri elementi di Cosa Nostra. Avrebbero
dovuto far scoppiare una bomba, piazzata all’interno di un’auto, attraverso un
telecomando. La mafia aveva parcheggiato l’auto nel parcheggio del Foro
Italico, lungo Viale dei Gladiatori, il vialone che conduce ai cancelli della
Tribuna Monte Mario e della Curva Sud con il preciso intento di realizzare una
strage, una carneficina tra Carabinieri e gente comune, tifosi, ragazzi, famiglie
che tranquillamente facevano ritorno a casa.
Per
l’individuazione della data più propizia, la scelta era caduta sulla
partita Lazio Udinese.
Verso le ore 17, quando la partita stava per terminare, l’impianto elettrico dell’illuminazione della Madonnina di Monte Mario funzionò perfettamente. Si accesero puntualmente le luci, che divennero sempre più forti, man mano che si faceva sera. In quegli stessi istanti, alcuni mafiosi armeggiarono invano con il loro telecomando, che miracolosamente non funzionò. L’autobomba restò inesplosa, noi la sfiorammo inconsapevoli e tranquillamente ritornammo a casa. Forza Lazio!
Ugo Pericoli