Cari fratelli Laziali,
la straordinaria vittoria ottenuta col Bayern Monaco
ha riportato l’entusiasmo a livelli altissimi. Abbiamo battuto una delle
squadre più forti, ricche e titolate del mondo. È stato sufficiente questo, per
riscaldare nuovamente tutto l’ambiente-Lazio, che adesso attende la prossima
partita col Bologna sotto un cielo azzurro che profuma di primavera e di
Lazialità.
Avrete certamente notato nelle ultime due settimane,
come il cambiamento climatico di cui tanto si parla, sia risultato
particolarmente evidente nella nostra città.
Già, non ci sono più gli inverni di una volta. Perciò,
per il ricordo di oggi, vi proponiamo una partita disputata in un contesto
decisamente più invernale. Torniamo indietro a domenica 7 marzo 1971.
Per prima cosa vi domandiamo: quanti di voi hanno mai
assistito ad una partita della Lazio giocata in mezzo alla neve?
Quella domenica, dovevamo incontrare il Bologna di Edmondo
Mondino Fabbri, per la XX giornata del Campionato di serie A
1970-71.
Già dal venerdì mattina, le mamme ci avevano obbligato
ad infilarci i guantini e a coprirci bene il capo col cappellino. Sì, faceva
freddo, ma nessuno si aspettava un week end così gelido. Invece, correnti
siberiane investirono tutta l'Italia, una profonda circolazione depressionaria
portò la neve in molte città. Roma fu interessata nella notte tra il 5 e il 6:
la neve scese copiosamente, raggiunse i 10cm in centro e 20 nei quartieri più periferici.
Molti di noi non avevano né mai visto, né mai toccato la neve. Eravamo
letteralmente impazziti, scendemmo per le strade e fu subito “palle di neve”,
proprio come mostrato nella foto. Probabilmente, non saremmo tornati a scuola
il lunedì! La speranza si trasformò in certezza quando tirammo su la
saracinesca di domenica mattina: aveva nevicato nuovamente. Anzi, stava
nevicando: erano le 7, mancavano meno di otto ore alla partita. Si sarebbe
giocato? E con che mezzo saremmo andati, come saremmo arrivati allo stadio, con
il traffico in tilt?
Verso mezzogiorno le strade erano percorribili, anche
senza catene, gli autobus giravano normalmente. Una volta giunti, constatammo
che il servizio stadio aveva lavorato alla perfezione: il campo di gioco,
grazie ai teloni disposti con tempestiva puntualità, si presentava in
condizioni migliori di quelle che oggi, spesso e volentieri, fanno arrabbiare Maurizio
Sarri.
Lorenzo schiera Di
Vincenzo, Facco, Legnaro, Wilson, Papadopulo, Chinellato, Massa, Mazzola,
Chinaglia, Tomy e Dolso. In panchina, il mite Moriggi e Morrone.
Il Bologna è quasi in formazione tipo: Vavassori,
Roversi, Fedele, Cresci, Janich, Gregori, Scala, Ghetti, Savoldi, Bulgarelli e
Pace. Insieme a Fabbri, in panchina il secondo portiere Adani e Vastola.
Il Bologna parte bene, con belle azioni dei suoi
centrocampisti più eleganti, Bulgarelli e Gregori. Manca Francesco
Rizzo, il titolare. Giocherà il ventenne Pierino Ghetti, al suo
esordio nella massima serie. Sono trascorsi sette anni dal suo ultimo scudetto e
il Bologna di Fabbri gioca ancora un bel calcio. A Lorenzo invece non
sta riuscendo la magia del campionato precedente; quella chimica che aveva
prodotto risultati eclatanti, soprattutto nel girone di ritorno. La Lazio di
Lorenzo versione campionato 1970-71, ha una vocazione decisamente più arruffona.
La nostra prima azione degna di nota arriva al 13', quando Giorgione
Chinaglia, in contropiede, serve al centro Tomy, anticipato - con
consumata esperienza - dal biondo Tazio Roversi. Sono rarissimi i
calciatori biondi in Serie A. Roversi è quello più famoso: la sua figurina
non passa di certo inosservata tra noi ragazzini, ogni volta che passa di mano
in mano nel corso degli interminabili scambi all’oratorio o durante la
ricreazione.
La risposta bolognese arriva immediatamente: grande
spunto sull'out operato da Pace, cross per Savoldi che, di testa,
spizza il pallone a fil di montante, con Di Vincenzo ormai fuori causa.
Al 35' è Mazzolino a lanciare Chinaglia, che prima si libera
facilmente di Janich ma poi manca il bersaglio con un diagonale forte ma
impreciso.
Nell’intervallo ci divertiamo a tirarci le palle di
neve, un divertimento nel divertimento. Poi inizia il secondo tempo e ci
divertiamo ancora di più. Perché passiamo in vantaggio senza quasi rendercene
conto, distratti dalla neve che ci sta facendo illudere di trovarci in una
settimana bianca. È uno scambio rapidissimo, tra Dolso e Tomy che,
giunto all'altezza del dischetto, mette palla a terra con il petto, e sebbene
pressato da Fedele e da Cresci, scarica a rete un sinistro in
bello stile: 1 a 0.
Non passano che due minuti, che ancora Tomy si
dimostra reattivo al momento giusto: c’è un pasticcio tra i felsinei, “ci vado
io, no, ci vado io”, Janich e Roversi non s’intendono tra
loro, Tomy s’infila tra le maglie lasciate aperte e calcia a rete. Il
pallone entrerebbe comunque in porta, ma del tutto fortuitamente, Chinaglia
è sulla traiettoria del tiro. Giorgione ha toccato per ultimo, è suo il gol del
raddoppio! Il pubblico è incredulo, dal momento che, per la prima volta in questo
Campionato, ci troviamo in vantaggio con più di un gol di scarto.
Fabbri accelera i tempi e manda in campo Vastola
per Ghetti, un attaccante per un centrocampista.
Noi iniziamo a gigioneggiare, ci vezzeggiamo con aria
di sufficienza quando faremmo bene a restare umili e concentrati, per cercare
di concretizzare ancora, nelle azioni di rimessa.
Manca un quarto d'ora. Fa freddo, ma visto il
punteggio, ci siamo più che rilassati. Già pregustiamo il tepore della nostra
casa, la merenda che ci farà trovare la mamma: cioccolato caldo, Pavesini e
Novantesimo minuto: cosa si può desiderare di più?
Con il pensiero altrove, osserviamo Chinellato
operare un passaggio all'indietro, sul quale si avventano due attaccanti rosso-blu,
uno dei quali vistosamente in off-side. “Ma è fuorigioco grande come ‘na
casa” – balza in piedi, dimenandosi, un tifoso molto più grande e navigato
di noi - “er guardalinee ha alzato ‘a bandierina, mo’ ce fischierà fallo a
favore”. I due giudici, purtroppo per noi, non si comprenderanno: l’arbitro,
il signor Vito Porcelli della sezione di Lodi, non ha notato lo
sventolio del collaboratore; ha lasciato proseguire l’azione, che ora vede Papadopulo
in ritardo su Savoldi. Il centravanti lo salta di slancio, lui lo
stende, proprio sotto gli occhi dell’arbitro. È calcio di rigore, che lo stesso
Savoldi trasforma in gol con un preciso tiro mezz’altezza.
Ce la sentivamo calla.
Invece, il Bologna, adesso è tutto concentrato alla ricerca del gol del pari,
ha alzato il baricentro di quasi venti metri. Di Vincenzo si supera sventando
un pallonetto di Pace. Mancano quattro minuti, la nostra difesa è in
stato confusionale, il centrocampo non filtra più un pallone, Bulgarelli
e Savoldi, per un nonnulla, non riescono a spingere dentro un pallone
che Fedele aveva crossato e che non chiedeva altro che essere spinto in
buca.
C’è solo il Bologna in campo, però siamo certi di farcela:
è il minuto numero 88, Giorgione ha intercettato un pallone sulla ¾,
potrebbe alleggerire su Mazzola all’indietro, o su Massa, sulla
sinistra. Insomma, avrebbe la struttura fisica per perdere tempo: ciondolare un
po’ sul pallone, dirigersi verso una delle due bandierine. Invece, lo vediamo puntare
dritto al centro, dove viene stoppato da Cresci al primo tentativo utile.
Chinaglia è finito a terra, agita vistosamente le braccia verso il
direttore di gara, sperando di indurlo a fischiare un fallo che non c’è. Intanto
Cresci è avanzato, allungando su Scala, che ha arpionato il
pallone e lo passa a Savoldi, che infine ha allargato su Gregori.
Il centromediano rosso-blu è avanzato sornione, come non sarebbe
riuscito neanche al miglior Lorik Cana: nessuno dei nostri lo sta marcando.
Liberissimo, lascia partire un tiro dalla sinistra che gonfia la rete di Di
Vincenzo, rovinandoci un week end imbiancato di neve e di magia.
La partita si sarebbe conclusa tra i fischi
dell'Olimpico ed il bombardamento, con pallette di neve ormai sporca, indirizzato
ai calciatori che si avviavano verso il tunnel della Curva Sud. Noi piccoli preferimmo
tornare subito a casa: meglio la cioccolata calda e (quel che restava di) Novantesimo
minuto.
Non sarebbe finita bene quell’anno. Si sarebbe
rivelata una stagione più che deludente, una delle prime prove di fedeltà
per le generazioni dei giovanissimi tifosi Laziali. Avremmo chiuso penultimi,
davanti solo al Catania di Egizio Rubino e indietro al Foggia
di Tommaso Maestrelli.
Nei successivi cinquanta giorni, nonno Lenzini
avrebbe azzeccato due mosse fondamentali per la Lazialità che vive e che vivrà
in eterno, in ognuno di noi: la scelta del nuovo allenatore, Tommaso
Maestrelli, un uomo dalle visioni antitetiche al suo uterino predecessore.
E ancora, Umberto Lenzini avrebbe regalato anche noi, un calciatore dalle chiome bionde. Certo, non famoso come Roversi, ma che correva per tre. Si chiamava Luciano Re Cecconi: ancora non sapevamo che sarebbe diventata la nostra figurina più bella. Forza Lazio!
Ugo Pericoli