Cari fratelli Laziali,
questa settimana rappresenta il momento delle verità. Vi
arriviamo sentendoci “circondati” da una stampa cittadina monocorde cui si sono
aggiunti, strumentalizzando una situazione di comodo, anche alcuni media
nazionali. Problemi loro. Noi preferiamo andare subito al ricordo odierno, che
introduce il prossimo Lazio-Sampdoria in programma sabato sera.
Ritorniamo indietro alla prima Lazio targata Cragnotti, una
squadra in fase di ricostruzione sulla quale il Patron della Cirio non ha
ancora messo veramente mano.
È il 31 gennaio 1993 quando per la diciottesima giornata del campionato
Lazio e Samp tornano ad incontrarsi a Roma. La Lazio di Dino Zoff non è affatto
un’invincibile armata ma la formazione è certamente di livello: Orsi, Corino,
Bacci, Sclosa, Luzardi, Cravero, Fuser, Winter, Riedle, Gascoigne e Signori. In
panchina vanno Fiori, Bergodi, Gregucci, Neri e Stroppa. Sulla panchina genovese
siede uno dei futuri idoli della tifoseria laziale, Sven Goran Eriksson, che
schiera una formazione ricca di star: Pagliuca, Mannini, Sacchetti, Walker,
Vierchowod, Invernizzi, Lombardo, Jugovic, Bertarelli, Roberto Mancini e
Katanec. Insieme allo svedese, in panchina vanno l’esperto Nuciari, Bucchioni,
Buso, Chiesa e Serena.
Partiamo forte e per più di un quarto d’ora comandiamo il gioco. I problemi fisici sembrano non affliggere Gazza Gascoigne, che illumina il gioco da par suo mentre Beppe Signori ci ha già fatto innamorare. Sono loro i preferiti dal popolo biancazzurro, è inutile starci a girare troppo intorno. Da un’azione condotta dal duo, nasce il ritorno al gol di Riedle (ritratto nella foto) dopo ben 1.061 minuti di astinenza. Gascoigne sembra essere veramente ispirato e per fermarlo i Doriani sono costretti a ricorrere alle maniere forti. Gazza è uno dei giocatori più leali che ci siano in circolazione e ad un certo punto si dirige verso l’arbitro Bettin. Vuole farsi sentire, protestare per i tanti calci presi in meno di mezz’ora di gioco. Era ancora un altro calcio, un altro stile: l’arbitro padovano, vedendolo rosso in volto, gli offre una gomma da masticare. Gascoigne l’accetta abbozzando un sorriso, gli toglie l’incarto e se la porta alla bocca mentre la nostra panchina assiste divertita. Si prosegue: Gazza sembra essersi placato, anche un po’ troppo. Che la gomma del signor Bettin contenesse anche una certa percentuale di bromuro? Tutta la Lazio rallenta, troppo. Riemergono sia Katanec che Jugovic i quali, ben assistiti da Invernizzi, fanno girare a vuoto il metronomo Winter. Giochiamo in undici ma con Gazza che cammina sulle punte, a centrocampo ci ritroviamo costantemente in inferiorità numerica. Prima dell'intervallo un brivido: Lombardo pianta in asso Bacci, e converge, e lascia proseguire Mancini, pure favorito da un rimpallo – e questi serve un assist assai invitante per Bertarelli. Fortunatamente Luzardi è fulmineo e riesce a sbrogliare la matassa.
Da parte nostra, soltanto Beppe, con le sue accelerazioni improvvise, da l’impressione di poter mandare in affanno la difesa avversaria, anche perché il suo avversario diretto è lo Zar Pietro Vierchowod, in difficoltà sulle sue lunghe leve con un piccoletto come lui. Proprio il futuro Beppe-Gol si divora quello del raddoppio. Dino Zoff preferisce rinforzare il reparto difensivo e manda in campo Stroppa, posizionandolo davanti alla linea dei difensori come primo interditore. Gascoigne è già negli spogliatoi quando ci accorgiamo di essere molto più bilanciati. Mancano una decina di minuti quando Signori supera prima Mannini e poi Invernizzi, e converge al centro imprendibile, assumendo la sua caratteristica curvatura durante ogni corpo a corpo in velocità. Purtroppo, ancora una volta Riedle non riesce a concludere la brillante azione del compagno di reparto. Dopo due minuti, è Attilio Lombardo a trovarsi a tu per tu con Orsi. Nando lo ipnotizza e sul capovolgimento di fronte Winter e Signori si scambiano un pallone che innesca l’azione di Riedle. Pagliuca va in chiusura, Kalle lo salta e viene atterrato.
È fallo da ultimo uomo, Pagliuca sportivamente rinuncia ad invocare l’involontarietà. Espulsione giusta, per Eriksson non c'è neppure la possibilità di schierare il secondo Nuciari: le due sostituzioni sono già state operate e Mannini deve infilarsi una maglia da portiere. Ci apprestiamo a battere il calcio di punizione. Stroppa riceve il breve appoggio da Signori mirando l'angolo: Mannini s’impegna ma non è certo un portiere e dunque raddoppiamo in modo alquanto beffardo, blindando il risultato. Sappiamo bene che un tifoso della Lazio è destinato a soffrire sempre: a due dalla conclusione c’è un calcio di punizione per la Samp, con pallone proprio al limite dell’area. Roberto Mancini è stato abile a “farsi fare” fallo. Mancio non ha giocato bene, diciamo pure che ha giocato male.
Disegna una palombella, che s’innalza, poi discende leggiadra, e
infine s’insacca imparabilmente all'incrocio dei pali. Una punizione alla
Maradona, un colpo di biliardo applicato al gioco del calcio. Non basterà alla
Sampdoria, che ha anche battuto un numero esagerato di calci d’angolo. Per noi
saranno due punti d’oro. In quell’inverno del 1993 gettammo le basi per un ritorno
in una competizione europea, che mancava dal campionato 1976-77, quinto posto e
un pass per la Coppa Uefa. Dopo ben 16 anni tornavamo ad arrivare ad un
piazzamento di prestigio, al quinto posto dietro a Milan, Inter, Parma e
Juventus. Escludendo il Parma, rimasto invischiato in fatti con poca attinenza
al calcio giocato, notate la gerarchia del calcio italiano di trent’anni fa: è del
tutto identica a quella di oggi.
La sensazione è che per riconfermare la nostra partecipazione all’Europa League, nelle ultime tre partite si debba fare, non diciamo filotto, ma quasi. La tifoseria, complice un clima da accerchiamento, sembra essersi nuovamente ricompattata. Proviamoci. Forza Lazio!
Ugo Pericoli