Cari fratelli Laziali,

nel calcio, come nella vita, le gioie più belle sono quelle che sopraggiungono all’ultimo minuto, quando non le si aspetta più. Un secondo tempo giocato in modo magistrale contro una Juventus che non aveva più nulla da chiedere al suo campionato, deludente assai.  Se, da un lato, ci siamo irritati nel dover assistere alle prolungate (e stucchevoli) immagini televisive dell’addio a Paulo Dybala proprio durante i nostri assalti, dall’altro abbiamo a lungo goduto dei festeggiamenti finali, con l’inchino del Sergente ai suoi compagni, con i telecronisti costretti a rivedere in corsa i loro giudizi finali su una squadra nuovamente in Europa con un turno d’anticipo.

Abbiamo lasciato indietro una delle squadre più forti, la sorprendente Atalanta, che per quanto antipatica possa starci (soprattutto per merito del suo tecnico) resta una società da prendere ad esempio. Ed anche la rinata Fiorentina

Non è stato il campionato dei nostri sogni ma dobbiamo considerare tanti fattori. Ci limitiamo a riportare le due macro-evidenze: abbiamo cambiato guida tecnica dovendo fare i conti con un budget corrispondente a circa un sesto di quello a disposizione delle altre pretendenti.

Per il prossimo Lazio Hellas Verona avremmo potuto pescare tra tantissimi match di un passato ormai remoto. Invece vi portiamo indietro ad un passato prossimo, ad una sfida che si giocò di mercoledì, un turno infrasettimanale, il recupero di una partita prenatalizia che non disputammo per impegni pregressi.         

Torniamo al 5 febbraio del 2020. La situazione “sportiva” è la seguente: stiamo disputando un campionato luminescente e abbiamo appena vinto la Supercoppa italiana battendo la Juve a Riyad. La situazione in Italia appare invece incerta e sconcertate. Si parla ormai insistentemente di un nuovo virus proveniente dalla Cina. Lo hanno ribattezzato Coronavirus per via della caratteristica forma a coroncina visibile al microscopio. In una città cinese di qualche milione di abitanti ma del tutto sconosciuta alla maggioranza degli italiani, questo virus pare si sia talmente propagato da aver innescato una vera epidemia, che con una velocità incontrollata sta per lasciare Wuhan per espandersi nel resto del paese e in tutto il mondo. Anche in Europa si inizia ad essere preoccupati ma l’attenzione è ancora rivolta ai problemi di sempre, il lavoro, la società, il clima, la Brexit, eccetera eccetera. Per quel che riguarda noi laziali, siamo tornati al fianco di questa squadra che stiamo amando come poche altre, perché ci ricorda la Lazio del ‘74, per un insieme molteplice di coincidenze e di analogie elettive.

È da inizio dicembre che la musica è cambiata e adesso ci crediamo tutti: possiamo vincere lo scudetto. In parte perché siamo oggettivamente forti, in parte perché il gioco che Simone Inzaghi ha instillato nei suoi giocatori è molto bello da vedere. In una parola, ogni gara è un bagno di folla. Anche mercoledì 5 febbraio: è il nostro recupero della 22ª giornata. Sono le 20.45, si respira e si canta immersi in un freddo gelido, in quarantacinquemila: Strakosha, Patric, Acerbi, Radu, Lazzari, Milinkovic, Leiva, Luis Alberto, Lulic, Caicedo e Immobile. A disposizione di Simoncino ci sono Proto, Guerrieri, Bastos, Luiz Felipe, Marusic, Jony, Vavro, Minala, Parolo, Lukaku, Anderson e Adekanye.

Anche il Verona è in formazione tipo: Silvestri, Rrahmani, Gunter, Kumbulla, Faraoni, Veloso, Pessina, Lazovic, Zaccagni, Verre e Borini. A disposizione di Jurić ci sono Radunovic, Berardi, Adjapong, Bocchetti, Empereur, Dimarco, Dawidowicz, Lucas, Di Carmine, Eysseric, il sempresialodato Pazzini e Stepinski.

Inzaghi ha scelto Patric al posto di Bastos, vuole più palleggio e precisione sulla linea difensiva. Juric gioca senza attaccanti di ruolo, con Verre centravanti per una notte. Il tifo è incessante, si canta per incoraggiare i giocatori ma anche per dimenticare il freddo che fa. Anche il tifoso meno esperto comprende immediatamente come il Verona sia una quadra compatta, pronta a pressare già sulla rimessa di Strakosha come a proteggersi in blocco, scivolando in dieci dietro la linea della palla. Borini è un dual mobile: quando è libero da Radu va a rincorrere Lulic, raddoppiando la fase difensiva di Faraoni.

Sulla corsia opposta, Zaccagni scivola indietro per aiutare Lazovic nella marcatura su Lazzari. Con tre difensori e sette centrocampisti fatichiamo a verticalizzare, con Lulic assai malconcio. Anche la manovra di aggiramento, una lunga ragnatela di scambi rasoterra, è comunque contrastata bene dal Verona. Ciro prova ad emulare la sorprendete prestazione fornita col Napoli: si costruisce quasi da solo la prima occasione, che è murata dai piedi di Silvestri. Ma siamo già nell’ultimo quarto del primo tempo. La prima mezzora è stata muscolarmente equilibrata, iniziamo a spingere con più convinzione, alzando il ritmo, seppur di poco. Leiva tenta qualche sortita in avanti per creare superiorità, Radu si aggiunge a Lulic, Caicedo cerca di sfilarsi dalla marcatura di Kumbulla. Servirebbe un’invenzione ma chi potrebbe farla? Silvestri si supera sul colpo a giro di Luis Alberto mentre lo stadio trattiene il fiato. Poi l’occasione più favorevole ancora con Luis Lupo Alberto (ritratto nella foto Ansa) ma il suo fendente è respinto dal palo. Alle 21 e 30 il tabellino riporta che abbiamo tirato nove volte ma solo tre nello specchio. Il Verona ha creato un’occasione pericolosa, con Strakosha decisivo sul cross tagliatissimo di Veloso toccato pericolosamente all’indietro da Milinkovic.

Continuiamo a premere nel secondo tempo, ma gli scambi tra Caicedo e Immobile non sono mai ben sincronizzati. Ogni volta manca la rifinitura calibrata, l’attimo fuggente, a Lazzari non riescono le sovrapposizioni. Dopo il palo di Luis Alberto, l’Hellas ha ritrovato coraggio e ha ripreso a far girar palla con maggiore concentrazione. Juric sostituisce Verre con Eysseric. Simone cambia i due esterni, fuori Lulic e Lazzari, dentro Jony e Marusic, senza trovare riscontri positivi nella sua scelta. L’ultimo cambio è all’insegna del “meglio un punto che niente”: dentro anche Marco Parolo, per portare più avanti Luis Alberto. Luis ha giocato una partita incantevole, in una fase del primo tempo, sotto la tribuna Monte Mario, ha sfoggiato un palleggio solo contro tre avversari, uscendone “atterrato ma vincente”. Non sono però bastati i tanti calci di punizione a favore: abbiamo mostrato una manifesta superiorità tecnica ed una sostanziale equivalenza tattica. La partita si concluderà sullo 0 a 0.

Restammo al terzo posto, a -1 dall’Inter e a meno 4 dalla Juve. Andando però a +11 sia sull’Atalanta che sulla asroma. Simoncino Inzaghi agganciò il sommo Eriksson con 17 risultati utili consecutivi: la rincorsa sul primo posto era appena iniziata, il mese ci avrebbe visto chiudere soli al comando, dopo il 2 a 0 sul Bologna giocato nel tiepido sabato pomeriggio dell’ultimo week end di febbraio. Dopo nove giorni, Giuseppe Conte avrebbe tenuto la famosa conferenza stampa a reti unificate che sanciva l’entrata in guerra dell’Italia contro questa epidemia, già pronta a trasformarsi in pandemia.        

Sono trascorsi 835 giorni da quel pareggio in notturna. Molto, se non tutto, è cambiato. Restando in ambito calcistico, in questo momento sottoscriveremmo per un altro pareggio, magari con tante reti, magari tutte di Ciruzzo nostro, al quale auguriamo di vincere nuovamente il titolo dei cannonieri.

Poi arriveranno le vacanze, l’estate, il calcio-mercato, e la lunga attesa del campionato che verrà. “Mi ritorna in mente” vi dà appuntamento alla terza settimana di agosto: il giorno 13 saremo nuovamente in campo, più o meno appassionatamente. Prima dei saluti, vi ricordiamo che tra pochi giorni si giocherà una partita europea. Nel piccolo stadio della Città di Tirana, avrà luogo una finale di quel che una volta era il vecchio torneo Intertoto, che oggi è stato ribattezzato Conference League. Fin qui nulla di male, ci mancherebbe. Di male c’è che qualcuno, con una malafede orchestrata ad arte, vorrebbe far passare questo “torneo dei settimi” per una pseudo Champion League o – peggio ancora – attribuirle un livello tecnico superiore della Coppa delle Coppe da noi vinta nel 1999 contro il Mallorca di Héctor Cúper.

Quel Mallorca all’epoca rappresentava la terza forza della Liga insieme al Real e al Barça. Atteggiamenti di questo genere ci procurano non poca irritazione. Se poi, da Tirana, questa “coppa dei settimi” dovesse metter pancia verso Rotterdam, la nostra irritazione si trasformerebbe in allegria, un’allegria che colorerebbe l’estate intera.

Arrivederci ad agosto! Forza Lazio!

Ugo Pericoli