Mi ritorni in mente - domenica 24 febbraio 1985 – Napoli, stadio San Paolo – Napoli-Lazio 4-0

Cari fratelli Laziali,

una partenza così deludente da parte della nostra Lazio non se l’aspettava davvero nessuno. Nemmeno noi, Laziali di lungo corso, noi che ne abbiamo viste di cotte e di crude in quest’ultimo mezzo secolo. Domenica sera lo stadio era pieno e ci è dispiaciuto leggere la delusione sui volti dei tifosi più giovani. Qualcuno si dice preoccupato, ché potremmo – tra un paio di turni – ritrovarci all’ultimo posto in classifica a zero punti.

Noi diciamo: “e anche se fosse?”

Siamo certi che la Lazio recupererà le posizioni perché ha una squadra forte con alle spalle una Società sana.

E già che ci siamo, per l’amarcord di oggi vi porteremo, anzi vi porterò, a quel che è stato il più tragico e deprimente Napoli Lazio di sempre. Ebbi la fortuna, se così si può dire, di assistere alla partita, testimone di una giornata storica per il Calcio: le prodezze di Maradona, da tutte le posizioni del campo, proprio contro di noi, sono tra le prime mostrate nei vari docu-film sul Pibe de Oro e fanno parte dell’immaginario di ogni appassionato a livello planetario.

Arriviamo a Napoli con un piede e mezzo in serie B.

Pensate: nelle ultime otto partite abbiamo raccolto la miseria di un punto. È successo sette giorni prima, abbiamo impattato 0 a 0 in casa con l’Ascoli. Bruno Giordano ha sparato a salve contro il portiere marchigiano, e adesso, stando ai deliri del Mago Lorenzo, dovremmo andare a Napoli, vincere a mani basse, per poi inanellare una serie di risultati fino alla salvezza – secondo lui - ampiamente alla nostra portata. Anche il Napoli, nonostante l’enorme clamore suscitato per l’ingaggio del Pibe, non se la sta passando benissimo. Hanno sì il N° 1 del mondo ma è come aver innestato una gemma luccicante su un vecchio anello incrostato.

Siamo partiti in tre, tutti abbonati in curva. Un amico ci aspetta a Napoli dove si è trasferito da qualche tempo con la famiglia. Suo padre, un alto ufficiale della Marina Militare, ci ha procurato quattro tagliandi in tribuna laterale. Prendiamo il treno a Roma Termini. A Formia, verso le 10, incrociamo dei tifosi romanisti che stanno andando all’Olimpico per Roma Milan. Arriviamo a Napoli Centrale alle 11. Quella Napoli era molto diversa dalla sorridente Napoli di oggi: Piazza Garibaldi è sporca e rumorosa, svicoliamo tra tassisti insistenti e riponiamo le nostre sciarpe biancazzurre nello zainetto. Cammineremo lungo tutto il Rettifilo, un caffè al baretto davanti alla Federico II, poi di fretta fino al porto. Incontriamo il nostro amico al Molo Pisacane: ci accoglie sventolando i preziosi tagliandi. Una volta dentro la sua Panda ci sentiamo più al sicuro ed iniziamo a cantare inni e canzonacce, arrivando a sventagliare le sciarpe fuori dal finestrino. Fuorigrotta è un tripudio di bandiere, le bancarelle fuori lo stadio, inevitabilmente monocromatiche. Siamo abituati ai cancelli della nostra Curva Nord, nel verde e nello spazio del Foro Italico. Gli ingressi della Tribuna a Napoli sono assai più angusti, lo Stadio San Paolo sorge ai margini delle costruzioni del quartiere. Provo a chiedere all’addetto al controllo di strapparmi delicatamente il biglietto, “ché ci faccio la collezione” ma questi - un signore sulla cinquantina, distrattamente me lo divide in due, come da foto. Ci accomodiamo finalmente in tribuna: che spettacolo!  Quando i nostri fanno capolino dal sottopassaggio, per saggiare un po’ il terreno, vengono sommersi da una montagna di fischi. A quei tempi non era previsto il riscaldamento durante il prepartita, ci si allenava nei sotterranei dello stadio. Ci sentiamo meno soli, quando vediamo sulla nostra sinistra, centocinquanta - duecento? – fratelli Laziali accomodati in uno spicchio, al piano di sotto della curva A.

Le loro bandiere si mescolano con quelle dei tifosi del Napoli, abbiamo più o meno gli stessi colori. Lo stadio è una bolgia, siamo quasi 80.000 ed è impossibile restare indifferenti.                                     

È domenica 24 febbraio 1985, è la XX giornata, il Napoli di Rino Marchesi è il seguente: Di Fusco, Bruscolotti, Carannante, Celestini, Ferrario, Marino, Caffarelli, Bagni, Penzo, Maradona e Dal Fiume.

Lorenzo ha rimescolato nuovamente le carte. Siamo posizionati vicinissimi alla panchina laziale, a pochi metri. Increduli, scorgiamo Vincenzo D’Amico e Arcadio Spinozzi indirizzarsi verso di noi, verso la panchina. Il Mago, non li farà giocare, ci sembra una follia! Vincenzino procede lentamente, a testa bassa, una cascata di riccioli e un passo ciondolante. Spinozzi resta più dietro, insieme a Cacciatori, i due parlottano tra loro, Lorenzo comanda qualcosa a Dell’Anno, che si gira verso il centro del campo cercando chissà cosa, ed infine arriva anche Torrisi. Lorenzo crede di aver caricato la squadra a pallettoni, invece, quel che appare ai nostri occhi, è un undici con un destino segnato: Orsi, Calisti, Filisetti, Vianello, Batista, Podavini, Vinazzani, Manfredonia, Garlini, Laudrup e Marini.

Il Napoli ci aggredisce immediatamente, un attacco confusionario ancorché sterile. Lo spettacolo più bello sono i cori dei napoletani, da “oh mamma mamma mamma” e “Maradona mei ‘e Pele’ “, è un susseguirsi di sana allegria. Noi rimaniamo impassibili, nelle pause di gioco guardiamo verso la Curva A, dove - grandi i fratelli Laziali! – i nostri tifosi orgogliosamente continuano a pensare alla salvezza, tifando più forte che possono. Quando finisce il primo tempo sentiamo qualche fischio dei napoletani verso i loro giocatori e ci diciamo certi di riuscire a fare un altro 0 a 0, proprio come con l’Ascoli e poi, dai e dai, gli altri crolleranno e noi ci salveremo anche quest’anno.

Il secondo tempo inizia con un’azione del migliore dei nostri, Garlini (ritratto nella foto, con Maradona che, a fine partita, proverà a consolarlo) ha tentato un affondo ma è stato stoppato da Ferrario appena entrato in area.  

Guardiamo l’orologio: è trascorsa quasi un’ora e siamo ancora in parità, Maradona non sembra in giornata. Filisetti, in anticipo sull’avversario, indirizza verso Orsi un pallone non lento, di più. Maradona vi piomba come un falco segnando il gol più facile della sua vita. Da quel momento in poi, veniamo “identificati” dai vicini di poltroncina ed inizierà un tiro al bersaglio fatto di sbertucciamenti continui. Un quarto d’ora più tardi Laudrup viene steso da Bruscolotti, oggi sarebbe rigore ed espulsione, ma non c’era Var. Dal possibile pareggio, riecco Filisetti, stavolta intento deviare nella nostra porta un cross che Maradona ha elegantemente liftato a Penzo: palo, miracolo di Orsi, che secondo noi ha trattenuto il pallone sulla riga, ma il signor Pieri di Genova indica il centro del campo. La gente, in preda all’euforia, ci dice di tutto, mentre scorgiamo a malapena Orsi che vorrebbe picchiare l’arbitro. 

Sul finire, avremmo assistito dal vivo alle prodezze che sarebbero passate alla storia del football planetario: Vianello, stordito dai continui richiami di Lorenzo, regala il pallone a Maradona il quale, prima sbaglia lo stop ma nell’istante successivo, avendo intravisto Orsi fuori dai pali, sebbene stia per cadere a terra, riesce a calciare un pallonetto che va a depositarsi nell'angolino lontano, dopo una parabola di quaranta metri. Il San Paolo esplode come una polveriera, due dei nostri amici decidono di alzarsi anche loro, per applaudire la prodezza balistica, io no, mi rifiuto, per me significherebbe andare contro natura.

Purtroppo, non sarebbe finita qui: mentre ci avviavamo all’uscita, allo scadere, Maradona è sulla bandierina alla sinistra di Orsi. Segnerà direttamente dall’angolo, un gol fantastico che noi quattro abbiamo soltanto intravisto, perché stavamo già con la testa alle scalette di uscita dallo stadio, per rientrare a Roma in silenzio, il prima possibile. Sapevamo di essere andati in serie B. Ci salutammo alla stazione, dove sentimmo che la Roma aveva perso col Milan. Ma cosa cambiava?

Una volta a casa, verso le undici, su Gol di Notte, apprendemmo da Michele Plastino che Lorenzo era stato esonerato e che Chinaglia aveva affidato la squadra al suo grande amico, ed ex compagno di squadra, Giancarlo Oddi.

Una domenica bestiale, una di quelle giornate in cui la Lazialità ti entra nelle ossa e diventa un segno distintivo, il tuo marchio di fabbrica, per sempre.

Eravamo ragazzi, noi della “Generazione Lenzini”: oggi guardiamo alla Lazio con la stessa passione ma con un sano realismo. Ricordandovi che abbiamo già conosciuto i nostri avversari in Champions League, vi diciamo che sì, potremmo essere a zero punti fra due domeniche, ma che questa squadra è forte e disputerà un’altra grande stagione. Forza Lazio!

Ugo Pericoli