Cari fratelli Laziali,
il Celtic non sarà il Real Madrid ma è pur vero che,
se si tenesse conto solo dei risultati conseguiti negli ultimissimi minuti di
gioco, potremmo legittimamente aspirare a qualcosa di bello anche in Champions
League!
Ovviamente stiamo scherzando e quindi ce ne andiamo
senza indugio a presentarvi la prossima sfida interna con l’Atalanta.
Oggi vi riportiamo indietro di quarantacinque anni. Esattamente al 12 febbraio
1978 quando per la terza giornata di ritorno venne a farci visita l’Atalanta di
Titta Rota.
Stiamo disputando un campionato contraddittorio e
discontinuo. Siamo partiti in quarta, abbiamo battuto la Juventus con un
roboante 3 a 0, poi siamo incapparti in una delle più importanti débâcle
europee della nostra storia: abbiamo rimediato sei sberle dal Lens. Luis
Vinicio è contestato dai tifosi. Le sue scelte hanno impattato sia
tecnicamente che psicologicamente su tutto l’ambiente. ‘O Lione ha
depennato dalla rosa uno dei simboli della Lazio stessa, Felice Pulici,
per far posto al giovane Claudio Garella. In lui, Vinicio vede il
futuro. La scelta, quella di affidarsi ad un giovane e inesperto portiere, è
incoerente con le altre: via libera alla cessione del promettente Renzo
Rossi per l’anziano attaccante Sergio Clerici. Dai Partenopei, Vinicio
ha voluto portare a Tor di Quinto anche un altro dei suoi fedelissimi
ex-Napoli: Luigi Boccolini, un centrocampista di origini marchigiane che
nel Mezzogiorno sembra aver trovato la dimensione a lui più congeniale.
A Roma fa freddo già da alcuni giorni. La notte tra
sabato e domenica, Garella ha avvisato il dottor Ziaco di
sentirsi poco bene, una forte tonsillite, probabilmente causata da un’infreddatura
durante l’ultimo allenamento. Domenica mattina, a colazione, Vinicio allerta Giuseppe
Avagliano, informandolo che sarà lui il titolare. Avagliano è il
portiere di riserva, è nella Lazio da una vita, esattamente dalla stagione 1970-71.
Non è propriamente un ragazzino ma è al suo esordio nella massima serie. Di
lui, tutti i colleghi non parlano che bene, è un ragazzo che si allena
costantemente e fa gruppo.
Sono le 14:27 quando sbucano, dal tunnel tra la Sud e
la Monte Mario i calciatori Avagliano, Pighin, Ghedin, Wilson, Manfredonia,
Cordova, Garlaschelli, Agostinelli, Giordano, Lopez e Badiani. Passano in
rassegna anche i neroazzurri bergamaschi, l’iconico portiere Pizzaballa, lo
scarso-crinito (e sanguigno) Vavassori, poi Mei, Mastropasqua, Andena, Tavola,
Augusto Scala, Rocca, Paina, Festa e Pircher.
Titta Rota, bergamasco doc, è un purosangue orobico
che ha mal digerito la precedente trasferta atalantina qui a Roma. I Giallorossi
gliene hanno fatti tre e oggi, contro la Lazio, ha rivisto alcuni suoi
convincimenti.
Si giocherà in un Olimpico semivuoto, non solo
per la pioggia che sta cadendo incessantemente dal sabato pomeriggio. I tifosi
sono in aperta polemica con il Presidente. Il Sor Umberto, probabilmente
in altre faccende affaccendato, ha negato la sua presenza per un confronto con i
tifosi organizzati. Ne è nata una polemica, tanto sterile quanto
fastidiosa. Partiamo benino e sfioriamo il gol con Bruno Giordano, Andrea
Agostinelli e infine anche con Totò Lopez. Lui e Cordova si
trovano abbastanza bene, la difesa non corre nessun rischio ma davanti, Garlaschelli
e Giordano sembrano scollegati, svogliati. Soprattutto Bruno, che appare
quasi imborghesito, poco propenso alla pugna su un campo che si fa pesante ogni
minuto che passa.
L’Atalanta è invece molto ordinata, chiusa a
testuggine e con Pircher unica punta. Paina, il centravanti,
gioca da “primo dei difensori”, oscillando continuamente tra i compagni in
difesa e in appoggio al compagno in attacco. Rota ha affidato le chiavi della
partita ai suoi centrocampisti: saranno loro ad alternarsi nelle sortite
offensive, uno per volta: tra Mastropasqua, Rocca, Festa, Tavola e Scala, uno
soltanto potrà azzardare l’affondo.
Tra vari tentativi e cinque calci d’angolo, arriviamo
al 30’ del primo tempo. Dalla bandierina dell’angolo tra Curva Sud e Tribuna
Monte Mario, l’Atalanta batte il suo primo corner: Rocca calcia un
pallone abbastanza innocuo e nell’area piccola non c’è nessuna maglia
avversaria che potrebbe impensierire il nostro portiere. Sta piovendo veramente
forte, dalla nostra panchetta in Curva, i riflettori verniciati in verde-scuro
quasi scompaiono, mimetizzandosi con il colore dei pini della collina di Monte
Mario. Forse disturbato dalla pioggia, Avagliano colpisce di pugno e, goffamente,
manda il pallone ad incocciare sul palo della propria porta, quasi sotto l’incrocio.
È una scena dal sapore fantozziano, i tifosi rumoreggiano, c’è chi
sorride e chi fa dell’ironia. Si va negli spogliatoi con questa macchia che
pende sul capo di Avagliano ma anche su tutta la squadra. Nell’intervallo,
molti hanno lasciato il loro posto in tribuna per provare, se non ad asciugarsi,
almeno ad interrompere lo stillicidio del gocciolamento - dovuto all’ombrello
del vicino - che va a infilarsi nello spazio tra il colletto della camicia e il
corpo.
Romantico ma scomodo quel calcio di un tempo! Se gli
stadi fossero stati provvisti di copertura, sarebbe stato – sempre e comunque -
un grande spettacolo!
Rientriamo in campo pronti a spaccare il mondo ma nel rapido
volgere di due giri di lancette, ci accorgeremo che oggi proprio non ne avremo.
Manfredonia, Pighin
e Badiani fanno confusione e l’Atalanta parte in contropiede: è il 59', in
due passaggi, Paina allunga verso Scala (ritratto nella foto al
momento del tiro) che scatta, supera in dribbling Wilson e batte Avagliano
con un tocco misurato: 0 a 1.
Vinicio butta nella mischia il Gringo Clerici
ma il nostro gioco non ne giova. Anzi, si appesantiscono gli scambi, i fraseggi
diventano ancora più prolungati, lenti, privi di sbocchi per le punte, abbiamo
le idee annebbiate e facciamo il gioco dei nerazzurri. Tutto lo stadio, i ventimila
bagnatissimi presenti, fischiano all’unisono. Passano 5 minuti e per noi tira
proprio una brutta aria. Wilson deve placcare come può Paina, ormai
lanciato a rete da Pircher, e l'arbitro Agnolin assegna una
punizione. Se ne incarica Augusto Scala, l’autore del gol del vantaggio.
La palla viene respinta dalla barriera, “Gusto” Scala riprende nuovamente
battendo al volo, un tiro a mezza altezza, una sassata che supera per la
seconda volta Avagliano.
Si accendono le luci dei riflettori e si spengono quelle
poche che avevano in testa i nostri giocatori. Sommersi dai fischi, i nostri
vanno in tilt, mentre in molti lasciano lo stadio anzitempo. Gli Eagles
Supporters, il gruppo più iconico dei nostri Anni Settanta, avvia una
contestazione molto rumorosa: sarà stato anche per tutto questo fragore, che nei
minuti di un insopportabile recupero, Mastropasqua spedirà alle stelle
un pallone facile-facile, risparmiandoci uno zero a tre ancora più
umiliante. Per noi si trattò della prima sconfitta in casa: ma in un campionato
in cui tutti stavano iniziando a correre (compresa la derelitta Atalanta
candidata alla retrocessione), quella sconfitta fu un inequivocabile segnale di
crisi che di lì a poco, avrebbe coinvolto la Lazio tutta.
Quanto al presente, siamo attualmente in Sedicesima
posizione, dietro alle neopromosse Genoa e Frosinone. Domenica prossima, rarità
assoluta per questo Calcio moderno dagli orari impossibili, giocheremo
alle 15, come ai cari vecchi tempi. Che sia grande Lazio!
Ugo Pericoli