Cari fratelli Laziali,

ritorna nuovamente Lazio-Torino. La sfida con i Granata era considerata, fino alla fine degli anni Settanta, uno dei grandi classici del calcio italiano. Siamo consapevoli che oggi le cose sono cambiate. Gli scarsi risultati sportivi conseguiti dai torinisti hanno progressivamente rovinato lo smalto di questa ex grande sfida. Per le nuove generazioni di tifosi, nel loro immaginario, quella col Toro è una partita qualsiasi. Vaglielo a dire che il Torino “era”.  Quando il Toro vinse il suo ultimo scudetto noi eravamo bambini e il tricolore lo avevamo vinto solo due anni prima. Logico che Lazio-Torino fosse per noi una super-sfida. Meno logico invece che tale contesa venisse vinta quasi sempre dai nostri avversari, come nel 1975, quando con lo scudetto al petto, straperdemmo la partita per 1 a 5. E così, anche in occasione della partita che ci accingiamo a raccontarvi, approcciammo il Torino con moderata preoccupazione. Eravamo agli sgoccioli del decennio più lungo del Secolo Breve: gli anni Settanta. Proprio nel penultimo giorno del 1979 arrivava il Torino di Gigi Radice.

Uscivamo (?) dall’ennesimo periodo drammatico. Ottenuta facilmente la qualificazione al turno successivo della Coppa Italia, scopriamo che le nostre avversarie non somigliano affatto al derelitto Matera che abbiamo messo sotto al Flaminio con un perentorio 5 a 0. Iniziamo a perdere partite quasi inspiegabilmente. Partite strane, c’è un’aria strana intorno a noi e ad un certo punto, in ottobre, accade l’irreparabile. La morte - tutt’oggi assurda ed incomprensibile di Vincenzo Paparelli, marchia col fuoco della morte una stagione che potrebbe rivelarsi maledetta.

Siamo nel bel mezzo delle vacanze scolastiche e per andare allo stadio ci sarebbe tutto il tempo. Ed invece lo stadio si presenta più che vuoto. Non vinciamo una partita dall’11 novembre. Non battiamo il Torino all’Olimpico dal 14 febbraio 1971. La formazione non è al meglio e Bob Lovati dovrà ricorrere a qualche riserva.

Sono le due e mezza del pomeriggio di domenica 30 dicembre 1979 quando il signor Barbaresco trotterella verso il centrocampo seguito dai ventidue giocatori. Siamo già alla quattordicesima giornata, il campionato è iniziato prima perché si dovrà chiudere prima. A giugno si disputerà la fase finale dei Campionati Europei proprio in Italia.

Ci presentiamo con Cacciatori, Tassotti, Citterio, Wilson, Manfredonia, Manzoni, Garlaschelli, Montesi, Giordano, D'Amico e Viola. In panchina i baffoni di Avagliano e di Lopez e i tratti – decisamente più nordici – del baby Enrico Todesco.

Il Toro è sempre il Toro: Terraneo, Volpati, Mandorlini, Patrizio Sala, Danova, Masi, Claudio Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli e Mariani. In panchina con Radice ci sono Copparoni, Paganelli e il giovanissimo Claudio Sclosa.

La partita si mette male fin da subito. Ci stiamo ancora accomodando sulle panchette di legno verde, quando il Torino passa in vantaggio con un rasoterra ravvicinato di Mariani. Sono passati quaranta secondi ed è la situazione ideale per poter assistere alla dannatissima replica della sfida del ‘75. Anche sotto il profilo tattico andiamo in sofferenza, perché adesso siamo costretti ad arrembare la davanti offrendoci al contropiede del bomber di Subiaco. Siamo nel pallone, soprattutto in difesa. Su un pericoloso traversone proveniente dalle retrovie, Manfredonia è tentennante oltremisura: parte bene in anticipo ma poi tocca maldestramente indirizzando il pallone giusto all’incrocio dei pali. Sarebbe stato un autogol di quelli veramente indimenticabili. Riusciamo nell’impresa di chiudere il primo tempo solo sullo 0 a 1, abbiamo giocato male per davvero.

Nel secondo tempo le cose sembrano essere cambiate in meglio ma giochiamo sempre con eccessiva fretta. Comunque siamo cresciuti, il Torino non appare imperforabile e D’Amico e Giordano sono i primi ad essersene accorti. Al 50’ Bruno Giordano il breve svetta sui poderosi Danova e Masi, servendo di testa Vincenzino. Un po’ tutti, inclusi i difensori granata, crediamo che D'Amico sia in fuorigioco. Invece è tutto regolare e Terraneo lo sa, prova a chiudere lo spazio ma Vincenzo indovina il pallonetto vincente con un tocco da sotto che è il suo marchio di fabbrica. La partita è cambiata e in curva sentiamo improvvisamente anche meno il freddo. Qualcuno vorrebbe che si accendessero i riflettori quando ad un certo punto le luci le accende la Lazio. Si dà il caso che al Toro manchi Vullo e che sulla mediana il suo sostituto, Mandorlini - sia un po’ troppo acerbo; e si da anche il caso che anche Claudio Sala e Zaccarelli non siano al meglio. Soprattutto Zaccarelli, che da oltre una decina di minuti ha quasi rinunciato ad opporsi a D’Amico. E allora ecco che parte il Golden Boy: non deve essersi rimpinzato a Natale perché è velocissimo, scambia con Viola mentre incrocia Manzoni in copertura e si rende conto che può affondare con sicurezza. Lo segue a due metri anche Citterio, uno dei nuovi giocatori arrivati in estate. Gioca un calcio moderno ed offensivo che ricorda un po’ Gigi Martini nello stile e nella velocità. Quando vede che il pallone respinto a D’Amico è divenuto un assist potenzialmente perfetto, non ci pensa due volte a scaricare in rete per la gioia dei ventimila presenti: 2 a 1, clamoroso all’Olimpico.

Cosa dire di una partita come questa? Che a volte le partite si vincono anche con la fortuna. In questi ultimi anni – ad eccezione della roboante vittoria dell’autunno 2019 (che diede il La alla cavalcata che avrebbe potuto condurci alla vittoria del terzo scudetto) con il Toro ci ha sempre “detto male”.

Invece quel giorno il tremante Mandorlini mancò d’un soffio il gol del raddoppio e Cicco Graziani, che era al top della forma, sbagliò praticamente ogni tiro decisivo.

Se non ricordiamo male, facemmo quattro tiri in porta segnando due reti. Una percentuale che la Lazio dei nostri giorni non riuscirebbe nemmeno a concepire, tanto il modo di giocare e di stare in campo sia oggi radicalmente mutato in questo calcio che somiglia alla Playstation.

Quel pomeriggio, nonostante la fortunatissima vittoria, fummo scontenti alquanto. La asroma aveva vinto a Cagliari per ben 3 a 1.

Come si dice in questi casi, ogni riferimento a persone o cose è puramente casuale. Ma vorremmo che dalla partita di Pasquetta, arrivassero belle notizie. Forza Lazio!

Ugo Pericoli