Cari fratelli Laziali,

oggi vi portiamo al 1° aprile 1979, alla ventiquattresima giornata del campionato di Serie A 1978-79.

Il Verona sta disputando un campionato a dir poco deludente. Beppe Chiappella è un allenatore con un volto antico, fa pensare ad un attore del film La Strada: la sua mimica facciale, sempre particolarmente espressiva, ricorda i personaggi che condividevano le giornate di Gelsomina e Zampanò, i protagonisti del capolavoro cinematografico di Federico Fellini.

Quella domenica Chiappella manda in campo Superchi, Logozzo, Antoniazzi, Massimelli, Gentile, Negrisolo, Trevisanello, Mascetti, Musiello, Bergamaschi e D'Ottavio.

Bob Lovati ha a disposizione una bella Lazio che sta provando a riaffacciarsi in zona Uefa dopo la tranvata rimediata a Lens quindici mesi prima: Cacciatori, Ammoniaci, Pighin, Wilson, Manfredonia, Cordova, Cantarutti, Viola, Giordano, Nicoli e D'Amico. In panchina vanno il portiere di riserva Fantini, un Agostinelli molto dimesso rispetto alle stagioni precedenti ed il fido, immarcescibile, Renzo Garlaschelli.

Abbiamo un’occasione più unica che rara per tornare a vincere una partita in trasferta. Siamo nel 1979, un’epoca in cui le vittorie fuori casa costituiscono un evento raro quanto – letteralmente – la pioggia nel Sahara. Ma stavolta non potremo che vincere perché il Verona è sul fondo classifica e dunque, sarà da sfruttare al meglio questo turno che vede un derby incrociato tra le due romane e le due venete della Serie A. Alla stessa ora, infatti, all’Olimpico si sta giocando Roma Lanerossi Vicenza ed è l’occasione propizia per migliorare l’attuale settimo posto rimanendo in corsa per l’Europa.    

Partiamo bene, nel senso che abbiamo vita facile a centrocampo per via degli errori di impostazione di Massimelli e Bergamaschi che perdono palla con una frequenza disarmante. Ci mettiamo in posizione di attesa, convinti che, prima o poi, un golletto Bruno Giordano lo segnerà. C’è in ballo anche la classifica-marcatori, Bruno ci terrebbe molto ma, nonostante ciò, il suo tiro al quarto d’ora è di quelli che vanno dimenticati in fretta, pallone fuori da posizione più che favorevole.

Sarà un primo tempo da sonno. Appena rientrati in campo, buona occasione per noi: capita sulla fronte di bisteccone Cantarutti, che si eleva quel poco che serve per deviare un pallone che Superchi respinge assai a fatica. “Guardate che è gol!” – pensa a voce alta un onesto tifoso scaligero seduto in tribuna. Il pubblico resta in silenzio per osservare i laziali. Che faranno? Nessuno che reclami il gol, la sfera era decisamente oltre la linea, nessuno che vada a parlare con il guardalinee o con l’arbitro Reggiani. Il nulla più assoluto, eppure sarebbe un gol fondamentale per la corsa Uefa!

Il secondo tempo prosegue sulla falsariga del primo, una mediocrità generale che ti fa venire voglia di spegnere la TV e uscire a fare una passeggiata. Assistiamo ad un calo dei nostri più forti: da Wilson a D’Amico, da Manfredonia a Giordano, con Ciccio Cordova non pervenuto. Giordano è quello che sta messo peggio, è francobollato sistematicamente dal baffutissimo Antonio Logozzo: pare che la Lazio lo stia cercando. Dopo Luigi Polentes, non ha più avuto difensori coi baffi, calciatori che per il loro aspetto incutono un certo timore reverenziale. I baffi di Antonio Logozzo sono molto simili a quelli di Romeo Benetti, uno che in campo riesce sempre a marcarti e quando non gli riesce ti mena. Noi tifosi ce li sogniamo dei difensori così e Totò Logozzo sarebbe perfetto: oggi sta oscurando Bruno Giordano e non sarebbe neanche la prima volta.

Avete presente la sensazione “effetto moviola”, o quella “arrivare sempre un istante dopo l’avversario”? Ebbene, questo è quel che si vive seguendo “in campo con Roma e Lazio”: mancano cinque minuti, la asroma sta stravincendo la sua partita per 3 a 0 contro il Lanerossi di Pablito Rossi. C’è un corner per il Verona, lo batte Mascetti, mega dormita della nostra difesa e gol, il primo ed unico gol in serie A, dello sconosciuto difensore Bruno Antoniazzi. Lo stadio Bentegodi esplode, mai si sarebbe aspettato un finale di partita come questo. D’Amico e Giordano rimettono subito palla al centro, mentre la linea telefonica si fa pessima e a noi non resta che osservare le buffe espressioni che compaiono sul volto di un Lamberto Giorgi visibilmente raggiante, per il trionfo giallorosso e la nostra pessima figura.

La linea di Teleroma 56 cede del tutto e quando il collegamento riprende, abbiamo la conferma di come la striscia in sovraimpressione apparsa durante Domenica In (stava nascendo il fenomeno conosciuto come “zapping” e noi lo abbiamo fatto) fosse purtroppo veritiera. Incredibilmente, il Verona aveva raddoppiato con l’ex romanista Musiello. La linea ritorna a partita conclusa, abbiamo perso due a zero contro gli ultimi in classifica. Il Verona non vinceva da 15 domeniche, praticamente da metà campionato - e non segnava un gol da quasi 1000 minuti. 

Negli spogliatoi del Bentegodi il Presidente Lenzini urlò tutto il suo rincrescimento verso quei ragazzi che sentiva come dei veri e propri figli. Si sentiva tradito ed annunciò multe ed epurazioni, preannunciando rinnovamenti epocali. Confermò il suo interesse per Antonio Logozzo, “che a noi servirebbe, come il pane”, stando alle affermazioni di alcuni tifosi “anziani” che, nei giovedì pomeriggio di quarant’anni fa, impressionarono non poco il vostro cronista all’epoca quattordicenne. Impressioni raccolte a bordo campo a Tor di Quinto, appoggiato alla rete, durante un allenamento del giovedì pomeriggio. È curioso ricordarle oggi, dopo una sessione di calcio-mercato in cui abbiamo detto “passo” per l’ennesima volta. Purtroppo, l’indimenticabile Umberto Lenzini non disponeva di risorse infinite ed il forte Antonio Logozzo non sarebbe arrivato mai.

La settimana seguente, infatti, non sarebbe accaduto nulla in seno alla Società se non che il Presidente Lenzini avrebbe ingoiato un altro di quei bocconi amari cui l’avevano abituato alcuni giocatori.

Umberto Lenzini è stato un grande Laziale. La sua capacità manageriale si riscopre oggi ed assume un valore diverso, più grande e profondo. Nonno Umberto era persona mite e generosa ed avrebbe meritato ben altra ricompensa per quanto ha donato a tutti i tifosi della Lazio.

Nella foto che vi proponiamo in testa all’articolo possiamo vedere il Presidente in un momento di relax (con Martini e Re Cecconi), un’immagine dei tempi felici. Vogliamo ricordarlo così nell’amarcord di oggi, un piccolo ma affettuoso omaggio a pochi giorni dall’anniversario della sua scomparsa, il 22 febbraio di trentasei anni fa.

Lunedì sera dobbiamo andare a Verona a riprenderci i punti che non siamo stati capaci di portarci a casa con la Fiorentina. Forza Lazio!

Ugo Pericoli