Brutta botta, cari fratelli Laziali.

Non diremo nulla perché siamo frastornati come e più di voi e preferiamo assumere una posizione di attesa durante questo breve ritiro che qualcuno ha voluto definire punitivo. La partita con la Fiorentina è già prossima e dunque sotto con l’amarcord di rito. Per risollevarci un po’ ritorneremo al 5 marzo 1995 quando per la 22° giornata del Campionato di Serie A 1994-95 la Lazio del boemo Zdeněk Zeman ospitava la Fiorentina del testaccino (e romanista) Claudio Ranieri.

Eravamo reduci dalla sconfitta col Parma. Il Parma degli anni Novanta, quello di Calisto Tanzi, spesso in lotta per le posizioni di testa se non addirittura per lo scudetto. Durante la settimana Zeman non aveva modificato di una virgola il suo atteggiamento verso i media, che gli rimproveravano un rendimento sempre altalenante. La domenica la formazione era quella solita: Marchegiani, Negro, Nesta, Di Matteo, Bergodi, Cravero, Rambaudi, Fuser, Boksic, Winter e Casiraghi. Anche per Ranieri i dubbi sono assai pochi e manda in campo il seguente undici: Toldo, Sottil, Luppi, Cois, Pioli, Malusci, Carbone, Tedesco, Batistuta, Rui Costa e Baiano.

Che la Lazio sia quella della versione Zemanlandia lo si intuisce già dal primo minuto con un tentativo di Fuser di poco a lato. Passano tre giri di lancette ed ecco il primo squillo al portiere Toldo. Casiraghi al 4’ minuto segna senza nemmeno troppa difficoltà, come se fosse a Tor di Quinto per la partitella del giovedì.

Ancora due tentativi di Winter al 15’ e Signori al 20’ prima del raddoppio di Negro. La difesa viola si è aperta come un burro e le maglie azzurre sembrano sbucare da tutte le parti. Palla al centro per il 2 a 0 ma dopo 4 minuti c’è un fallo da rigore di Malusci su Boksic che il signor Treossi assegna senza indugio. Dal dischetto va Cravero che è uno specialista fin dai tempi del Torino e non sbaglia: 3 a 0, partita finita con Ranieri a bordo campo che mastica amaro. Mastica dolce invece Zeman, che trangugia le sue caramelle anche quando Casiraghi segna il 4 a 0 ad avvio di ripresa. L’atmosfera all’Olimpico è quasi carnevalesca. Tutto il Calcio, visto il punteggio, derubrica Lazio Fiorentina a partita non di cartello: da qual momento in poi, linea all’Olimpico solo per gli aggiornamenti.

Trascorrono altri sei minuti, durante i quali Casiraghi si divora letteralmente un altro gol ma un nuovo boato saluta il quinto gol laziale firmato questa volta da Boksic. Ci rilassiamo ma nemmeno troppo perché Signori indugia sul sinistro e manca un’altra possibile occasione, come se veramente si stesse giocando la partitella infrasettimanale Lazio 1 – Lazio 2.

E così la Fiorentina riduce lo svantaggio di due reti: Rui Costa al 60’ e Batistuta su rigore al 74’ segnano le marcature della bandiera prima che il carnevale laziale torni a maramaldeggiare negli otto minuti finali: nuovamente Casiraghi all’82’ per il 6 a 2. Poi all’86’ è il momento di gloria del baby Di Vaio subentrato al posto dell’alieno: 7 a 2. Infine, Casiraghi, che aveva gigioneggiato e irriso gli avversari e – tutto sommato - anche sé stesso, visti gli innumerevoli gol mangiati, fissa il risultato sull’8 a 2 proprio al 90’. Zeman non vede l’ora di rientrare negli spogliatoi per concedersi l’agognata sigaretta e il suo volto appare sereno come se avesse assistito ad una partita di un’altra squadra, non della Lazio. Ranieri è imbarazzato ma riesce a farsi apprezzare per la sportività nonostante un cappotto dalle dimensioni epocali. In tribuna, tantissimi vip: seduti uno accanto all’altro, Gianfranco Fini, bolognese simpatizzante laziale e Francesco Rutelli, romano e lazialissimo, gli ex contendenti per la fascia di primo cittadino della Capitale, una tornata elettorale partecipatissima vinta al ballottaggio dal candidato romano. E poi la sorridente Giorgia, fresca vincitrice del Festival di Sanremo. E poi ancora Suor Paola, suo malgrado guest star televisiva di un ancor giovanissimo Fabio Fazio. E i Cinquantamila dell’Olimpico, che hanno cantato, riso e giocato col pallottoliere, come ai bei tempi andati.

Quanto avrebbe potuto segnare la Lazio quel giorno? Probabilmente almeno il doppio dei gol anche se i tabellini riportarono oltre 25 tentativi verso la porta difesa da Toldo, praticamente uno ogni tre minuti. Servì alla Lazio segnare quella messe di gol? La risposta è sì se riferita alla classifica finale, arrivammo infatti secondi a pari punti (63) col Parma, superandolo appunto per differenza reti. Non ci servì per la lotta al titolo perché anche quell’anno, abbastanza incomprensibilmente, non riuscimmo a trovare la quadra per la continuità. Pensate che sette giorni più tardi avremmo perso sbadatamente a Napoli per 3 a 2, in una partita che si sarebbe dovuta approcciare in modo molto più accorto e più attendista. Ma quella era la Lazio di Zeman e del suo 4 4 2 spettacolare e spregiudicato. Oggi siamo con Sarri e con un 4 3 3 che stenta a farsi riconoscere, specialmente in trasferta. Nelle ultime battute di caccia lungo i due versanti dell’Appennino Tosco-Emiliano ci hanno impallinato per ben sette volte.  Uno score negativo “alla Zeman”, che era però capace di sorprendere critici e avversari con raffiche di gol, come nella bella domenica che abbiamo ricordato oggi.

Speriamo, cari fratelli laziali, che l’ultima settimana con l’ora legale sia foriera di luci e avara di ombre.

Perché il novembre oscur ormai bussa alla porta, la stagione sta entrando nel vivo e non è rimasto molto tempo, per evitare di sprecare una stagione. Forza Lazio!

Ugo Pericoli