Cari fratelli Laziali,

Mancano 180 minuti alla fine di un campionato che per il momento vorremmo definire di transizione.

Anche se ci fossimo qualificati per il quarto posto, avremmo dovuto ricostruire almeno il 40% della rosa, a cominciare dalle riserve. Vuoi per l’anagrafe, vuoi per qualche (un po’ troppe in verità) scelta di mercato decisamente opinabile, rispetto al passato abbiamo fatto alcuni passi indietro. Confidando sulla permanenza di Simone Inzaghi, uno degli allenatori più bravi di tutta la Serie A, e sulla sagacia della Società che non ripeterà gli errori delle ultime campagne estive, pensiamo di poter tornare competitivi già dal prossimo inizio autunno.   

Detto ciò, torniamocene indietro di 45 anni “tondi”, al 1°maggio 1977, quando per la 27° giornata del Campionato 1976-77 la Lazio ospitava i campioni d’Italia del Torino.

Arrivavamo alla gara in gran spolvero. Dopo aver perso ingiustamente il derby per via di uno strabiliante gol della Roma nell’unico tiro indirizzato verso la nostra porta (lo segnò Bruno Conti, con un gran destro al volo dal limite dell’area, sotto la Curva Nord) non ne avevamo più sbagliata una e viaggiavamo ad una media scudetto. Arrivava il Torino di Gigi Radice, la squadra che l’anno precedente aveva fatto rivivere il sogno del vecchio Cuore Toro firmato Valentino Mazzola.

Luis Vinicio, ritratto nella foto, riproponeva la formazione in serie positiva da alcune settimane: Pulici, Ammoniaci, Martini, Wilson, Manfredonia, Cordova, Renzo Rossi, Agostinelli, Giordano, Viola e Badiani. Lasciava in panchina Garella, Ghedin e Renzo Garlaschelli.

Anche il Torino è in formazione tipo: Castellini, Danova, Salvadori, Patrizio Sala, Mozzini, Caporale, Claudio Sala, Pecci, Ciccio Graziani, Zaccarelli, e Paolino Pulici. Con Radice si accomodano in panchina Cazzaniga, Butti e Garritano.

Dirigerà l’incontro, attesissimo da tutti i tifosi italiani, un mito dell’arbitraggio degli anni Settanta, il signor Alberto Michelotti di Parma.

Come ogni Primo Maggio che si rispetti, non splende il sole, è nuvoloso, e soffia un leggero vento caldo. Siamo in quasi 50.000 allo stadio. Sono passati tre anni esatti dalla vittoria dello Scudetto del 12 maggio, ma siamo comunque rimasti nel giro che conta, ad eccezione dell’anno maledetto, il 1976.

Stiamo vivendo una nuova primavera, ai tanti giovani, Agostinelli, Giordano, Manfredonia, si è aggiunto l’ultimo acquisto per la panchina, il ventiseienne Renzo Rossi, il quale è apparso decisamente migliorato nelle ultime partite della stagione. Dicevamo che era una partita attesissima. Soprattutto della Juventus, in lotta con il Torino da oltre due anni, non solo per la supremazia cittadina quanto per le sorti del Campionato stesso. Erano anni di grandi cambiamenti sociali e naturalmente, anche tecnologici: pensate, per la prima volta la Rai avrebbe mostrato la sintesi di una partita “a colori” e la scelta cadde proprio su Lazio Torino, commentata dall’indimenticabile Nando Martellini!

La Rai mostrò la sintesi del secondo tempo e mai scelta si mostrò più indovinata. Nella prima frazione i giocatori sembravano sulle gambe, probabilmente condizionati dal caldo ma soprattutto dalla strategia di gioco, che recitava in quegli anni il famoso motto: “primo non prenderle”.

Sapete com’era soprannominato il portiere del Torino Castellini? “Giaguaro”. Quel pomeriggio parò letteralmente tutto. Giocammo praticamente il secondo tempo ad una porta sola. Al 52', gran batti e ribatti con stecca finale di Giordano ribattuta da Castellini. 67': angolo battuto da Viola, colpo di testa di Ghedin da due passi, a colpo sicuro, altra respinta. In contropiede, vediamo le streghe: palla persa sulla tre quarti, fuga di Salvadori che si sgancia e avvia l’azione di rimessa, noi non chiudiamo e, leggermente defilato a destra sotto la tribuna Monte Mario, Patrizio Sala tirò un sinistro che lambì il palo opposto. Poi l’arrembaggio finale: 81', Brunetto impazza in area e si libera di Mozzini, potrebbe tirare, non c’è nessuno altre Castellini, ma questi lo ipnotizza, così Bruno cincischia e tira debolmente, lasciando il tempo a Patrizio sala di salvare sulla linea. All’89’ c’è ancora Ghedin che prova un tiro ma Castellini era veramente in stato di grazia.

Finì 0 a 0, un pareggio a reti bianche che non renderà giustizia al bel gioco visto quel giorno. Avremmo potuto vincere con due gol di scarto, ma il Toro avrebbe potuto punirci in un paio di casi. Ricordiamo la bellezza delle maglie di quei tempi, la nostra, identica a quella indossata dai giocatori il 12 maggio 1974, e quella del Torino, puramente granata, senza le scritte, i loghi e pecionate varie che oggi deturpano quella maglia gloriosa. Ci ritornano in mente alcuni frame: la vistosa maglia di Castellini, dal look tanto antico quanto splendido: maglione verde su pantaloncino granata. Quella del nostro Felice Pulici, in stile tardo sovietico, grigio chiaro su pantaloncini neri! 

Un calcio meraviglioso quello degli anni Settanta. Domani arriva un Torino che sta vivendo uno dei momenti più difficili della sua storia. Quando sosteniamo che non è “guidato” bene, non alludiamo all’aspetto tecnico.

Comunque andrà a finire, cari fratelli Laziali, per noi non cambierà nulla. Semplicemente, non avremmo dovuto perdere l’ultimo derby; non in quel modo.

Forza Lazio!
Ugo Pericoli