Cari fratelli Laziali,

non avremmo mai creduto a poche ore da Lazio Juventus di dover dedicare un commento alla nostra nazionale neocampione d’Europa. Troppo brutta per essere quella vera, la nazionale vista lunedì sera. Una nazionale rimandata a marzo come uno studente svogliato qualsiasi. Guai a non qualificarci per questo mondiale! Ve l’immaginate che noia-che rabbia se, nel novembre prossimo, dovessimo sorbirci un altro mondiale in tv? 

L’unica soddisfazione ce l’ha nuovamente regalata Ciro Immobile. Fantastico leggere gli sguardi degli straccali dell’altra sponda e quelli dell’informazione falsa e “rosea”, consapevoli di doversi arrampicare sugli specchi per non dover asserire che, dato che 2+2 fa 4, non era colpa di Ciro Immobile se la squadra zoppicava. E che anzi, fino a quando Immobile era stato disponibile, eravamo primi in classifica.

Detto questo, forza Mancini e forza Azzurri.

E adesso veniamo alla nostra Lazietta. Ne sentivamo già la mancanza. La prossima partita non è mai una partita qualsiasi: non c’è niente da fare, Lazio Juventus è sempre un’emozione a parte, insieme al derby è la partita più attesa dell’anno.

Per il ricordo di oggi torniamo indietro alla Lazio di Maestrelli e Chinaglia. Giorgione ha finalmente il tricolore sul petto: è domenica 5 gennaio 1975 (nella foto l'ingresso delle squadre in campo), la dodicesima giornata del Campionato di Serie A 1974-75

Per quelli della nostra generazione era la domenica di Lazio-Juventus e della... Befana. E a piazza Navona, nel tardo pomeriggio dopo la partita, andò anche qualche piccolo tifoso con tanto di bandierina e sciarpone in lana, rigorosamente cucito a maglia dalla mamma, con due gomitoli di lana bianca e azzurra. Torniamo però alle 14:30, orario del fischio d’inizio. Maestrelli manda in campo Pulici, Ghedin, Martini, Wilson, Oddi, Badiani, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e D'Amico. In panchina il silente Moriggi, il malconcio Nanni ed il fido Polentes.

La Juventus è ancora quella di Carlo Parola, alla sua ultima stagione juventina. Manda in campo Zoff, Gentile, Cuccureddu, Furino, Morini, Scirea, Damiani, Causio, Altafini, Capello e Bettega. In panchina vanno Piloni, Longobucco e Anastasi.

Splende un sole freddo che non riscalda abbastanza gli 80.000 dell’Olimpico. Lo stadio offre un colpo d’occhio fantastico, sembra Lazio-Foggia, seppur con uno sventolio di bandiere ridotto tre-quarti rispetto al 14 maggio. Sono successe tante cose: non andiamo benissimo, abbiamo avuto piccoli incidenti di percorso ai quali non eravamo più abituati. La partita inizia bene ma dopo due errori di Giorgione e Vincenzino, la ruota sembra girare dalla loro parte. Intorno al 20’ il signor Michelotti, forse tradito dalle caloriche libagioni natalizie, riesce a non vedere Wilson che centra Damiani in piena area di rigore. Pochi istanti dopo, nuovo blackout dell’arbitro: annulla un'autorete di Gentile per un impalpabile fallo di Garlaschelli e due minuti più tardi sorvolava su un aggancio in area di Morini su Giorgio. Insomma, per il buon Michelotti non è proprio giornata. Siamo alla fine della prima frazione. Dopo il presunto rigore su Chinaglia arriviamo rapidamente al 41': Altafini con un colpo di testa spaventa tutta la gente laziale ma Pulici para con un balzo felino. Un minuto dopo arriva il nostro gol: Chinaglia vede Ghedin, molto avanzato rispetto alla sua linea. Tiro del difensore, la palla colpisce la schiena dell’incolpevole Scirea e poi termina in rete. 1 a 0 e tutti a prendere un tè caldo. La ripresa inizia con l'inserimento di Longobucco al posto di Morini. Passano quattro minuti e nuovamente Michelotti sorvola su un’intempestiva (definiamola così...) entrata di Wilson su Damiani.  Giova ricordare, a vantaggio dei lettori più giovani, il seguente antefatto: Oscar Damiani due anni prima giocava nel Napoli, ed era presente nell’ultima e decisiva partita di campionato, il giorno che noi pensammo di farcela.

Invece giocammo molto meno bene del previsto e perdemmo per 1 a 0 con un gol, indovinate di chi, di Oscar Flipper Damiani. Pino Wilson sembra avercela proprio con lui, con i suoi riccioli da francesino supponente, da francesino dall’erre moscia. Capitan Wilson giocò con il coltello fra i denti. E Michelotti sembrò volerci dare una mano. Comunque: il nostro centrocampo riprende a macinare, Re Cecconi sembra potersi scrollare di dosso la marcatura arcigna di Furino per almeno dieci minuti, il tempo per costruire un paio di buone occasioni che puntualmente divoriamo. Al 78' Michelotti proprio non può fare a meno di espellere Garlaschelli. Renzo ha reagito, colpendolo, ad un brutto fallo di Longobucco. Certo, Michelotti avrebbe dovuto espellere anche Longobucco ma come abbiamo ampiamente descritto, l’arbitro parmigiano non era nella giornata migliore. All'82' ancora Furino, ancora di testa, obbliga Felice ad una nuova presa felina. La partita finisce così, con l’autogol di Scirea e con l’illusione di poter riaprire un campionato che invece non si concluse benissimo, perché terminammo solo quarti (probabilmente a causa dei tanti errori difensivi che causarono 28 gol subiti, una delle peggiori difese del torneo) e dietro la Roma, che si era risvegliata dopo lungo torpore, dovuto ai nostri successi nell’ultimo biennio.

Noi bambini pensavamo di essere invincibili, eravamo sicuri che avremmo rimontato tutti, che avremmo assistito ad un altro Lazio-Foggia e che Chinaglia, prima o poi, avrebbe sfondato la rete con una delle sue cannonate. E andammo a Piazza Navona a goderci una Befana bellissima, attendendo l’arrivo dei regali sotto l’albero, una volta fatta mattina.

Altri i tempi, troppi i ricordi. Sabato (forse) mancherà Ciro. Ci vorrebbe un regalo. Stavolta veramente ci vorrebbe la Befana. Forza Lazio!

Ugo Pericoli