Cari fratelli Laziali,
dopo tanto tempo, finalmente lo scorso fine settimana ci
siamo divertiti parecchio. È sempre bello vincere nella splendida Firenze,
specialmente dopo aver assistito ad una prodigiosa vittoria della asroma per 0
a 0.
A parte gli scherzi, anche i risultati provenienti dagli
altri campi sono stati favorevoli. Dietro l’Atalanta, in (apparente) caduta
libera, facciamo parte di un terzetto di squadre che possono aspirare al quarto
posto utile per una qualificazione alla prossima Champions League. Un mese fa
era in dubbio perfino la Conference League.
Non che questa coppa ci interessi, stiamo solo osservando la classifica.
Ci avrebbe interessato molto di più la Coppa Italia. Abbiamo incassato tre gol
su altrettante disattenzioni della difesa. Il quarto è stato incassato da una
squadra privata di tutto, anche del suo capitano. Lo sanno anche i parrucchieri
di Ponte Milvo come Patric sia inadeguato in difesa, figuriamoci in fase di
impostazione: dal 2 a 0 la partita ha cambiato volto. Speriamo che questa
batosta non rallenti la forza d’inerzia che si stava generando in campionato.
Per l’amarcord che precede il prossimo turno, abbiamo scelto
un Lazio-Bologna particolare. Vorremmo provare a dare una nuova chiave di
lettura alla stagione 1972-73, quella in cui, come affermano illustri storici
di “cose di Lazio”, i biancoazzurri giocarono il più bel gioco di sempre.
Essendo trascorso quasi mezzo secolo sarà meglio ricordare
due fatti:
1 - siamo una neopromossa.
2 – abbiamo Vincenzo D’Amico in rampa di lancio: il 5
ottobre 1972 la Lazio si trova a Rieti per una partita amichevole. Vincenzo
s’infortuna gravemente al ginocchio. Oggigiorno un infortunio del genere si può
risolvere in 3-4 mesi. Nel 1972 il futuro capitano della Lazio rischierà di
dover smettere col calcio. Avrebbe saltato tutta la stagione 1972-73. Questo
fatto lo ricordano in pochi.
Comunque sia, alla fine dell’anno Tommaso Maestrelli sta
realizzando un capolavoro. La squadra (l'intero organico è ritratto nella foto che alleghiamo), partita per una salvezza tranquilla, è
clamorosamente nelle zone di testa della classifica. Da qualche settimana si
nota però un po’ di affaticamento, probabilmente di natura fisica ma sicuramente
il rallentamento è legato allo stress. Si gioca di sabato, è il penultimo
giorno dell’anno: è la tredicesima giornata del campionato, arriva il Bologna
di Bruno Pesaola.
Noi giochiamo con Pulici, Facco, Martini, Wilson, Oddi,
Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e La Rosa. Il Bologna
non è più quello che tremare il mondo fa, ma è una squadra ostica. Il Petisso
schiera Battara, Roversi, Mei, Caporale, Cresci, Gregori, Novellini, Ghetti,
Savoldi, Vieri e Liguori.
Dirige un giovanissimo Casarin, un arbitro della sezione di Milano.
È una partita che vorremmo sbloccare prima possibile. Il Bologna si presenta chiuso a riccio. Non già per un fatto di strategia, quanto di contingenza: ai felsinei mancano Scorsa, Fedele e Bulgarelli. Non ci sono ancora i moduli tattici come li conosciamo oggi, ma quello che Pesaola attua è una sorta di 6-3-1, con il solo Beppe Savoldi piazzato davanti a tentare di impensierire Felice Pulici. Attacchiamo con grande confusione, un’azione continua e sterile. Chinaglia colpisce la traversa con Battara ormai superato. Manca molto tempo alla fine della partita ma nei nostri giocatori per la prima volta serpeggia l’ansia di non farcela.
Sì, è ansia da prestazione: una cosa clamorosa se si pensa che la Lazio del 1972 viene dalla Serie B. Frustalupi, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, tutti ammucchiati al centro. Si potrebbe giocare come si fa di solito, sfruttando le fasce laterali con Martini e Re Cecconi, invece tutti si accentrano, e a testa bassa. Sembrano tori infuriati, tanta polvere ma poco costrutto. Al 39’ sembra essere arrivata l’occasione buona, ma Battara para d'istinto il colpo di testa di Garlaschelli. Al 56' è Cresci a sfiorare l’autogol. Nella fase finale piantiamo le tende nella difesa avversaria. Al 58' c’è un contatto più che sospetto tra i due numeri 9. Savoldi ha atterrato Chinaglia, i 45.000 infreddoliti tifosi sulle tribune fanno piovere bordate di fischi in direzione dell’arbitro. Al 75’ Frustalupi passa a Garlaschelli, Renzo s’invola lungo l’out e rimette al centro. Tazio Roversi, uno che si distingue facilmente per via delle bionde chiome, colpisce il pallone con un braccio deviandone la traiettoria. L’Olimpico esplode con le proteste anche perché i risultati sul tabellone non sono favorevoli. Nella giornata in cui Felice Pulici non ha mai toccato un pallone, le altre concorrenti vincono tutte. Ci siamo sorbiti una tramontana implacabile, siamo retrocessi al secondo posto, a 18 punti, con Juventus e Milan. L’Inter è prima a 19. Dicembre non è stato un buon mese. Ebbene, generazioni di laziali sono cresciute nel mito dello scudetto sfumato a Napoli all’ultima giornata del campionato. In realtà, non saremmo dovuti arrivare a giocarci lo scudetto e maggio. Mancammo molte occasioni e quella che abbiamo ricordato oggi fu assai pesante. Fa il pari, a voler cercare analogie con una Lazio del secolo scorso, a quell’Empoli Lazio in cui non riuscimmo a schiodare lo 0 a 0 nonostante le due dozzine di giocatori molto forti a disposizione del tecnico Eriksson.
Per quel pareggio di Empoli perdemmo lo scudetto, non lo perdemmo altrove. Questi 0 a 0 proprio non li digeriamo e non ci rimane che sperare che la Lazio dimentichi in fretta la batosta di Coppa Italia: oltre i 4 gol sul groppone, il tabellino dei tiri in porta registra quota zero. Se sabato Ciro dovesse dare forfait, perfino contro il Bologna servirà l’impresa. Forza Lazio!
Ugo Pericoli