Cari fratelli Laziali,
è tornata la Lazio. Visto che al momento in cui vi scriviamo
ancora non si è giocata la partita di Europa League, forse dovremmo utilizzare
il punto interrogativo. Anche perché il Lokomotiv Mosca non perde da dieci
partite e vincere non sarà certo una passeggiata. Il pensiero è già rivolto
alla sfida con un Bologna assetato di punti e per questa volta mettiamo da
parte la scaramanzia sentendoci di affermare che, da quel che abbiamo visto al
derby, la Lazio che vogliamo sia veramente tornata.
Per il ricordo di oggi torneremo indietro di trent’anni. Ad
una partita inserita in un contesto non particolarmente brillante sotto il
punto di vista dei risultati. Eravamo nel 1991, domenica 24 febbraio, al nostro
terzo anno consecutivo in Serie A. Forse qualche lettore più giovane
potrebbe pensare che non ci sia nulla di straordinario in questo ed invece,
purtroppo, era già una notizia. Era un evento che non si verificava dalla
stagione 1979-80 ed infatti, noi tifosi più maturi, ringrazieremo per sempre Gianmarco
Calleri per averci traghettato fuori dal tunnel degli anni Ottanta.
Era la ventiduesima giornata. Quel giorno faceva molto freddo,
nonostante un sole pieno in un cielo tendente all’azzurro. Stavamo tentando
qualcosa di storico, il ritorno in Europa, 14 anni dopo la disfatta di Lens, occorsa
nell’autunno del 1977.
Il Bologna era disperato. Aveva perso i suoi uomini migliori
(come un certo Bruno Giordano) ed aveva mezza squadra a marcar visita in
infermeria. Gigi Radice schierò un undici ricolmo di ragazzini: Cusin, Biondo,
Villa, Mariani, Negro, Di Già, Schenardi, Verga, Turkyilmaz, Notaristefano e
Waas.
Per noi era invece il campionato della riconferma. Pensate
che il grande Lucio Dalla, intervistato dall’inviato Rai Franco Costa durante
l’intervallo, avrebbe definito la Lazio una grande squadra. Un Dino Zoff
ringiovanito – probabilmente dalla maestria del suo parrucchiere – schierò la
formazione tipo: Fiori, Bergodi, Sergio, Pin, Gregucci, Soldà, Bacci, Troglio,
Riedle, Sclosa e Sosa.
Dicevamo di un Bologna piccolo piccolo. Giochiamo praticamente
da soli e al 22' passiamo in vantaggio: Sosa (ritratto in una foto del Centro Studi Nove Gennaio Millenovecento) scende sulla fascia sinistra,
palla per Riedle che anticipa Cusin. Kalle si sblocca in trasferta proprio a
Bologna, i rosso-blu sembrano incapaci di reagire e per di più iniziano a commettere
errori ridicoli.
Al 28' Pedro Troglio (quanto ci piace il nome Pedro) pesca
Sclosa in area, Cusin è già fuori causa ma sulla linea di porta, un ragazzino
che si chiama Paolo Negro, salva con una freddezza da campione. Non basta però la
bravura del futuro campione d’Italia 1999-2000 a fermare la Lazio di quel
pomeriggio. Ogni volta che affondiamo corriamo il rischio di raddoppiare, prima
con Ruben Sosa al 44', con una surreale respinta di Cusin e successivo salvataggio
in angolo di Notaristefano. Trenta secondi dopo, con Cusin a caccia di farfalle
anziché di Riedle, con pallonetto di Pin salvato in extremis da Villa.
Nella ripresa il Bologna prova a reagire ma è un
attacco sterile, inutile. Solo le azioni sconclusionate del Bologna ci
svegliano dal torpore di una domenica pomeriggio dove il cuore è altrove. Sosa si
divora tre gol, risparmiando all’avversario l’onta di un punteggio tennistico. La
scena finale è imbarazzante per il Bologna e ve la riportiamo, dopo tanto tempo,
perché è impossibile al giorno d’oggi ritrovare tanto fantozziano dilettantismo
come quel pomeriggio. Il portiere del Bologna Cusin, molto demoralizzato,
effettuò un rinvio corto proprio sui piedi di Sosa, che si trasformò in un cobra
e calciando di rimbalzo, non riuscì a non segnare. Per addolcire la pillola di una
domenica troppo amara l'arbitro Baldas convalidò un gol a Turkyilmaz, che aveva
segnato un metro in fuorigioco. Ma mancava poco, Zoff era più taciturno del
solito. Aveva visto la sua squadra sbagliare cinque gol, segnarne due, ad una
squadra che da li a tre mesi avrebbe chiuso all’ultimo posto il campionato di
Serie A. Dicevamo di una domenica vissuta seguendo la Lazio con il cuore
altrove. Nella notte della partita,
verso le tre, eravamo quasi tutti svegli, intenti a seguire la diretta
televisiva dell’inizio della Guerra del Golfo. Dopo mesi di bombardamenti,
sotto la costante minaccia di un attacco mediante l'uso di gas, la prima e la seconda
Divisione del Corpo dei Marines, insieme a truppe della Reale Forza Terrestre
saudita, penetrarono in Kuwait. Una volta in territorio kuwaitiano, entrambe le
divisioni dei Marines si diressero verso Kuwait City, incontrando scarsa
resistenza nel deserto: i soldati iracheni appartenenti alla famigerata Guardia
Repubblicana, dopo brevi combattimenti avvenuti nelle loro trincee-bunker, si
arresero in circa 150.000. La "Guerra del Golfo" era entrata nella
fase decisiva. Mentre il mondo seguiva le operazioni militari con il fiato
sospeso, si giocavano in tutta Europa campionati condizionati dagli
aggiornamenti sulla guerra. Ricordiamo un Gianni Morandi sorridente, anche dopo
la partita, che affermava che nonostante la sua squadra fosse destinata alla B,
la Città di Bologna avrebbe continuato ad essere di serie A. Come dargli torto?
Ricordate come andò a finire quel campionato? Il Bologna retrocesse in B e noi restammo
ancora nel limbo di una stagione anonima, se volete di transizione ma comunque
sonnacchiosa e non particolarmente esaltante.
Anche oggi soffiano venti di guerra, gli stessi di
trent’anni fa, figli e derivati di una stagione militare a dir poco
contraddittoria, in quell’area persiano mesopotamica che oggi si chiama
Iran-Iraq.
Si giocherà all’ora di pranzo. Un orario costruito su misura
per i teleutenti dei paesi orientali, dove la Serie A tira ancora quasi quanto
la Premier e viene vista distrattamente, tra i rumori e i vapori di un ristorante
del sud est asiatico, dove ti sembra che tutti vadano di fretta e che nessuno
dorma mai.
Non ci piacciono queste partite all’ora di pranzo. Cerchiamo di vincerle almeno! Negli ultimi due anni, con i Felsinei, solo la micragna di un pareggio e una sconfitta. È tempo di cambiare registro. Forza Lazio!
Ugo Pericoli