Cari fratelli laziali,
giovedì sera ci siamo emozionati molto, per l’energia e la passione mostrata dagli uomini di Sarri. Possiamo dire una cosa soltanto: che ci voleva.
Concentriamoci sul prossimo avversario. Vi riportiamo indietro al 18 gennaio 1970, la diciassettesima giornata del Campionato che poneva di fronte Lazio e Bologna.
Eravamo reduci dalla batosta patita al Comunale di Torino. Il Toro ce ne ha fatti tre. Contro il Bologna di Edmondo Fabbri, Lorenzo schiera una Lazio più abbottonata: Sulfaro, Papadopulo, Facco, Wilson, Polentes, Marchesi, Massa, Ferruccio Mazzola, Chinaglia, Ghio e Governato. In panchina, il fido Di Vincenzo e Fortunato.
Seppur ridimensionato, il Bologna resta sempre un bel Bologna: Adani, Roversi, Prini, Cresci, Janich, Gregori, Perani, Bulgarelli, Mujesan, Righi e Beppe Savoldi.
L'inizio è da brividi. Dopo soli sessanta secondi, Sulfaro, ancora stordito dall'autogoal di Torino, esce fuori tempo su un traversone di Bulgarelli; il pallone giunge a Savoldi, che scheggia la traversa. Il pericolo spaventa l’Olimpico ma scuote i giocatori, che adesso manovrano con più ordine. Sbocchi in avanti però non se ne vedono. Chinaglia e Ghio stazionano sulla tre quarti, la difesa felsinea, ben schierata, è molto efficacie. Arbitra la partita il signor Antonio Di Tonno. La sua è una storia particolare, in carriera ne ha combinate di cotte e di crude. Il 6 gennaio 1965 è crollato a terra per la tensione al termine di Vicenza-Fiorentina, partita in cui ha sbagliato di tutto e di più. E sentite questa: ha appena decretato la fine di una partita e se ne va negli spogliatoi. Poi svicola fuori, rivolgendo al pubblico il segno delle corna, proprio come Long John, per intenderci, dopo la famigerata partita col Napoli. “Mi hanno insultato per tutta la partita”, proverà a giustificarsi con i vertici AIA. Questo gesto gli costerà tre mesi di stop. E che dire di quando si presentò in campo con un cappello da montagna in testa? “Sta nevicando, che volete da me?” In effetti, la partita si sarebbe svolta in un gelido stadio del nord Italia ma tutti scoppiarono a ridere. Le sue avventure degenerarono nello splatter: quando non era ancora arrivato alla Serie A, arbitrava le partite della D. Un giorno, sul campo del Rutigliano, un tifoso gli staccò con un morso il lobo dell’orecchio; fu solo grazie all’intervento di un contadino munito di un’ascia che venne liberato dall’aggressore. Nel suo passato, una lunga serie di errori e di orrori. Nemmeno durante il nostro Lazio Bologna smentirà la sua “fama”: prima non vede uno sgambetto in area su Governato negandoci un rigore nettissimo, poi trasforma il placcaggio di Prini su Ghio in un fallo commesso da quest’ultimo sul suo marcatore. Che volete, era il calcio pittoresco e un po’ naif dei nostri mitici anni Sessanta.
Per quanto riguarda la partita e le occasioni da goal, ce ne sarà solo una nel primo tempo. Capita sui piedi di Facco, che la fallisce, calciando al volo, da pochi metri, alto sulla traversa. Nella ripresa nulla sembra cambiare. La Lazio preme blandamente, come per inerzia. Ci vorrebbe uno scossone, perché al Bologna il pari va bene. Su calcio d'angolo Massa trova il tempo giusto e supera Adani ma Bulgarelli salva sulla linea. All'80' Cresci, già ammonito, commette un ennesimo fallo su Chinaglia. Stavolta perfino il cogitabondo Di Tonno non può esimersi dal cacciarlo dal campo. Il Bologna resta in dieci ma pochi minuti dopo, Bulgarelli indovina un millimetrico passaggio su Mujesan, che si libera di Baffo Polentes e spara una botta che termina di poco alto. Mentre qualcuno già sta scendendo i gradini per uscire, arriva il nostro goal vittoria: Facco avanza sulla sinistra, oltrepassa la metà campo e cambia gioco sul lato opposto per Massa, che vede Chinaglia in condizioni di calciare e gli serve prontamente l’assist. Giorgio arriva come un treno e scarica il diagonale che vale la vittoria. Era il minuto numero 88. Il giovane Chinaglia – qui ritratto in una foto di quei giorni, stava facendo le prove generali per diventare veramente Long John. Era una Lazio in costruendo, che avrebbe concluso il campionato in ottava posizione.
Analogie con questa Lazio? Diremmo di no, perché quella attuale, pur non disponendo di un bomber decisivo come Chinaglia, è nettamente più dotata sotto il profilo tecnico e strutturale. Aggiungiamo che, uno come lui, risolverebbe il 50% dei problemi di Sarri.
Arriva un Bologna in stato confusionale. Hanno ancora sei punti di vantaggio: se vinciamo, dimezziamo il ritardo. Valutate tutte le combinazioni e capirete che, dopo Lazio Milan, vedremo un’altra partita da dentro o fuori. Forza Lazio!
Ugo Pericoli
