Cari fratelli Laziali,

lunedì sera abbiamo ammirato una Lazio versione araba fenice, capace di resuscitare dalle proprie ceneri, incenerendo un Genoa già malmesso di suo.

Fuor di metafora, speriamo che la prima vittoria in trasferta possa fare da apripista a nuovi successi. Occorre andare avanti a fari spenti, con il realismo e la passione di sempre.

In vista della sfida di sabato pomeriggio vi riportiamo indietro al 27 gennaio del ‘91.

Cosa stavamo facendo? Possiamo dirvi che attendevamo la XVIII giornata del campionato con la testa abbastanza altrove. Era una situazione che accumunava l’intero Paese, non soltanto i tifosi delle squadre di calcio. Da circa dieci giorni, esattamente dal 17 gennaio, 18 ore e 38 minuti dopo la scadenza dell'ultimatum dell'ONU, alle 02:38 del mattino ora di Baghdad, aveva inizio l'operazione Desert Storm. Ricordate? Si trattò della più imponente azione militare dal 1945 in poi. Molti italiani rimasero alzati fino a notte fonda per assistere al primo conflitto bellico teletrasmesso in diretta e in mondovisione. Da giorni i distributori di benzina e i supermercati delle maggiori città italiane vengono letteralmente presi d’assalto dai clienti, preoccupati per quanto sarebbe potuto accadere. Facevamo incetta un po’ di tutto, con l’ancestrale terrore di rimanere sprovvisti di cibo. A peggiorare questo stato di cose, contribuirono le notizie riguardanti due nostri militari impegnati nelle operazioni.

Durante la prima notte di guerra, il pilota Gianmarco Bellini e il navigatore Maurizio Cocciolone erano decollati a bordo del loro caccia, con altri velivoli italiani e alleati per la prima missione che li vedeva impiegati nello spazio aereo controllato dagli iracheni. Il loro aereo venne abbattuto ancor prima che iniziassero a bombardare. Dalle registrazioni di bordo si riusciva a captare un “ci hanno colpit…” e poi il nulla. Il Paese visse nell’angoscia per settimane, perché non si sapeva se i nostri militari fossero stati catturati e, soprattutto, se fossero ancora vivi.

È dunque in questo contesto che noi tifosi prendiamo posto allo stadio quel pomeriggio.

La Lazio di Dino Zoff è la seguente: Fiori, Bergodi, Sergio, Pin, Gregucci, Soldà, Bacci, Sclosa, Riedle, Domini e Sosa. In panchina Orsi, Vertova, Bertoni, Troglio e Saurini.

Il Torino di Emiliano Mondonico presenta nomi altisonanti, nonostante le assenze eccellenti di Cravero, Martin Vazquez, Bruno e Sordo. Spazio dunque a Marchegiani, Annoni, Policano, Fusi, Benedetti, Baggio, Mussi, Romano, Bresciani, Lentini e Muller. A disposizione il grande ex Roma Franco Tancredi, poi Delli Carri, Atzori, Carillo e Skoro.

Non ci riesce di vincere una partita all'Olimpico da circa cento giorni. Partiamo lentamente, poi iniziamo a prendere il controllo del gioco. Sfioriamo il goal, prima con Sergio, poi con Sosa e Riedle. È un Torino ad andamiento lento che occupa il campo con un torello difensivo. L’obiettivo dei Granata è addormentare il gioco. La tattica funziona per quasi tutto il primo tempo, finché Pin, di testa, sorprende Annoni e Fusi e infila Marchegiani con un tocco ben calibrato. Il cronometro indica il 45’. Si rientra negli spogliatoi con un risultato bugiardo, un 1 a 0 che - vista la serie di occasioni create - su cui primeggiano il palo di Ruben Sosa e l’errore a porta vuota dell’emozionatissimo Bacci, sta veramente stretto alla squadra di Zoff.

Nel secondo tempo ci aspettiamo di vedere un Torino più battagliero. L’undici di Mondonico però non sembra in giornata. Sergio e Sosa scendono indisturbati sulla fascia sinistra, come nella prima frazione, superando gli avversari come fossero birilli. Fretta, imprecisione, la bravura di Marchegiani, il risultato resta sempre in bilico. Il Torino ci prova, ma in modo molle e fortuito e dopo una ventina di minuti, sembra ormai alle corde. Solo Lentini appare in grado di impensierire i nostri difensori. Ma la Lazio insiste, incessantemente. Sergio riprende a correre lungo le praterie, poi passa a Sosa, che crossa ed incontra nuovamente la testa di Gabriele Pin, che raddoppia con misura, assecondando quel suo modo di stare in campo, in un silenzioso ed autorevole silenzio. Scendono le prime ombre della sera ma per il Toro è già notte fonda. Perché la squadra è sembrata il fantasma di quella gagliarda e invincibile del Torino dei tempi d’oro. Solo Fusi e Marchegiani si salvarono dalla disfatta di quella domenica. Insieme a Lentini, che nel finale riuscì a dimezzare lo svantaggio segnando in rovesciata una rete splendida.

Tornammo a casa, ci accorgemmo che la nostra classifica non era migliorata di molto. Certo, avevamo fatto un passo avanti in chiave qualificazione europea. Ma Novantesimo minuto lasciò presto spazio all’attualità contingente, perché i fatti provenienti dall’Iraq dominavano la scena, nel senso letterale del termine.

Nonostante gli scenari internazionali siano in questo momento altrettanto sconfortanti, se non addirittura peggiorati nella loro gravità, ci avviciniamo al prossimo Lazio Torino con maggiore fiducia nei giocatori e nei nuovi ricambi. Un Cancellieri rigenerato, un Basic ritrovato.

Nella Lazio di oggi, a parte l’inimitabile Pedro, sentiamo la mancanza di un giocatore capace di ragionare in modo lucido e distaccato. Farebbe assai comodo un personaggio come Gabriele Pin, ritratto, nella nostra foto articolo, in un siparietto padre-figlio in quel di Tor di Quinto, tanto tempo fa.

Contro il Torino bisognerà attendere e non avere fretta. Meglio far finta che il nostro campionato sia iniziato lunedì sera.

Forza Lazio!
Ugo Pericoli