Cari fratelli Laziali,

forse ci siamo davvero sbloccati. La vittoria sul Toro, squadra notoriamente ostica, ci proietta di nuovo verso le zone alte della classifica. Gli appuntamenti si susseguono, adesso sotto con il Milan!  Per l’amarcord di oggi torniamo indietro di quattro decadi, al primo anno dei nostri terribili anni Ottanta.

Siamo in primavera inoltrata, Ilario Castagner sta facendo di tutto per riportarci in Serie A al primo giro di giostra. È una giornata fondamentale, mancano pochissime partite e sono tutte decisive. È domenica 31 maggio 1981, la trentacinquiesima giornata del Campionato di Serie B.

Andiamo a San Siro, incontreremo il Milan che sta terminando di scontare l’onta della retrocessione dovuta al famigerato calcio-scommesse. Loro sono praticamente già in Serie A mentre noi siamo impantanati in un’estenuante corsa a tre.  

Per questa sfida Massimo Giacomini schiera uno squadrone, ricco di campioni al di sopra di ogni sospetto: Piotti, Tassotti, Aldo Maldera, De Vecchi, Collovati, Franco Baresi, Buriani, Novellino, Antonelli, Battistini e Francesco Romano.

Castagner risponde con Marigo, Pighin, Citterio, Perrone, Pochesci, Sanguin, Viola, Bigon, Chiodi, Mastropasqua e Greco. Con lui, in panchina ci sono Nardin, Ghedin, Simoni, Cenci e l’inossidabile Renzo Garlaschelli.

Il Milan parte con il vento in poppa, sospinto dal suo pubblico. Sono presenti, infatti, oltre 50.000 spettatori per la partita di Serie B che profuma di Serie A. Fulvio Collovati è nel giro della Nazionale da circa tre anni ma non immagina nemmeno lontanamente che tra 14 mesi diventerà Campione del mondo. È uno dei tanti che sta giocando una partita di Serie B e quando decide di sganciarsi, lasciando nelle retrovie il giovane Franco Baresi, per poco non ci segna. Per quanto incorni alla grande, in porta abbiamo un ragazzino di ventuno anni: para bene il nostro giovane Dario Marigo, per il quale la sorte, almeno a livello calcistico, potrebbe non riservare gli stessi successi del riccioluto stopper milanista.

Ma in quel momento Marigo è lì, c’è anche lui, sul prato grigiognolo di San Siro, in un afoso pomeriggio in cui noi, dovremmo avere la faccia tosta per provare a vincere a Milano, al fine di preservarci dai rischi che ogni bagarre affollata inevitabilmente comporta.  

C’è anche Aldo Maldera. Nascosto tra i suoi baffetti old fashion, prova a beffare il nostro Dario con una punizione bomba: Marigo risponde da portiere consumato, sventando in angolo la minaccia.

I nostri difensori sembrano imbambolati e sul corner successivo, nuovamente Collovati si ritrova solo soletto - ma alza troppo la mira e il pallone finisce oltre la traversa. Cinque minuti dopo il gol del Milan: Collovati avvia l’azione, lanciando Buriani in corsa, il numero otto va via sulla sinistra, entra in area, aggira Carletto Perrone, tocca all'indietro per Novellino che al volo, di destro, batte imparabilmente Marigo.

Solo sul filo del baratro incominciamo a giocare. Viola e Bigon provano a cucire le fila di una squadra che appare sfilacciata, almeno da un paio di mesi a questa parte. Fernando Viola sfiora il gol al 32', obbligando Piotti ad una fortunosa deviazione in angolo e poco dopo ancora Piotti è costretto a ripetersi opponendosi ad un bel tiro, su calcio di punizione, tirato da Greco.

Verso la fine del primo tempo abbiamo un altro sussulto, segnando con Greco su punizione, ma Luigi Agnolin, l’arbitro venuto da Bassano del Grappa, fa ripetere perché non aveva fischiato la ripresa del gioco dopo aver sistemato la barriera milanista. Il tiro di Greco stavolta finisce tra il pubblico, poi, proprio all’ultima azione, ancora un miracolo di Piotti su Sanguin, il quale – sconsolato – si incammina smoccolando verso gli spogliatoi, mentre noi, da casa, leggiamo la classifica di Teleroma 56: siamo spaventosamente più in Serie B che in Serie A.

Ricordate quel film? Stiamo vivendo, nel senso letterale del termine, un pomeriggio di un giorno da cani. Perché, come se non bastassero le angosce legate alla nostra cara Lazio, la Serie A è giunta all’ultima giornata. Pertanto, siamo sintonizzati sia su Teleroma che su Tutto il Calcio minuto per minuto. A Torino la Juventus ha segnato quasi subito, con Cabrini, allungando nuovamente sulla Roma che si era portata in vantaggio ad Avellino con Paulo Roberto Falcao.

Ripensandoci oggi, una roba da farsi venire la gastrite. Ma anche questo fa parte della nostra storia. È stato soprattutto in pomeriggi come questo si è fortificato il nostro senso di appartenenza, questo sentimento irriducibile che si chiama Lazialità.

Ci sembra di risollevarci quando la voce di Ezio Luzzi irrompe dalla radiolina: “La Lazio si è portata sul pari”. Siamo al 69': Garlaschelli, subentrato a inizio ripresa, ha pescato Viola in un corridoio libero, Fernando è entrato in area, finta su Piotti e assist a Bigon, colpo di testa dell’ex milanista e 1 a 1.

A quel punto, le squadre smettono di giocare.

Cominciammo a passeggiare nervosamente davanti alla tele, nell’attesa che finissero le partite di Milano, di Torino e di Avellino.

Dopo venti interminabili minuti, sudati, tirammo un sospiro di sollievo. La Roma non aveva vinto lo Scudetto.

Quanto alla nostra Lazio, nel giro di tre settimane, avremmo vissuto una delle più grandi disfatte della nostra vita da laziali. Quel tardo pomeriggio, per nostra fortuna, non potevamo immaginare una sliding door così crudele. E ancora oggi, quando ripensiamo a quel rigore tirato dal povero Stefano Chiodi (ritratto nella foto poco prima del fischio d’inizio), se fosse finito dentro, i nostri Anni Ottanta avrebbero potuto prendere una piega diversa. 

Torniamo al presente: cerchiamo di chiudere al meglio settembre e forse daremo un’altra piega anche a questo campionato. Forza Lazio!

Ugo Pericoli