Ricordate cosa accadde il primo luglio 1987 alla giovane Lazio di Giancarlo Morrone. Chi se lo ricorda quel pomeriggio?
Già, fu uno di quei pomeriggi autenticamente da Lazio. Con i tifosi accorsi al Flaminio (oltre diecimila) che avevano un orecchio alla radio (si giocava a Napoli il secondo spareggio per evitare la serie C1 tra Taranto e Campobasso) e un occhio al campo dove la Primavera del ‘Gaucho’ (nella bella foto del Centro Studi Nove Gennaio Millenovecento) inseguiva la vittoria contro il Toro, in palio lo scudetto Primavera.
Come in molte storie di Lazio la festa si completo’ in un giro di lancette d’orologio. Al San Paolo il Taranto acchiappo’ il Campobasso, passato in vantaggio, e al Flaminio, dopo un rabbioso spunto di Saurini, Antonio Rizzolo incendio’ lo stadio, regalando il gol che valeva il secondo scudetto Primavera biancoceleste, undici anni dopo quello griffato dal gruppo di Paolo Carosi.
Fini’ così, con mille bandiere al vento, i cori per il ‘Gaucho’ , alla sua ultima partita sulla nostra panchina per via di un contratto già firmato con il Napoli, Rizzolo in trionfo, complice quel gol segnato quando già lo spettro dei supplementari incombeva.
Non partiva la Lazio, prima di quella finale Primavera, con i favori del pronostico. Incrociavamo, infatti, il Toro del maestro Vatta (qualche anno dopo chiamato da Cragnotti a dirigere il settore giovanile biancoceleste), impreziosito, allora, anche da ragazzi destinati ad un grande carriera come Fuser, Venturin, Lentini, Sordo, Bresciani.
Ed i nostri mitici, giovanissimi giocatori, quel pomeriggio di ventisette anni fa, sotto la collina dei Parioli, chi erano? Eccoli: Fiori Delucca Amato Bertocchi Valentini Agostinelli Saurini Cacciatore Rizzolo Conti Biagioni. Alla festa parteciparono pure Bernardi e Greco. Non era – a mente fredda – un gruppo di fenomeni in embrione: di quella nidiata sfondarono solo Fiori, Rizzolo e Biagioni, a ripensarci. Morrone, però, con la consueta caparbia, forgiò una formazione tenace, un autentico inno alla mutua assistenza, un collettivo che sbanco’ la concorrenza, facendo sorridere persino Gianmarco Calleri, schivo e riservato per natura.
Quella settimana – come tutti i cuori biancocelesti certamente ricordano – termino’ come meglio non avrebbe potuto. La domenica successiva oltre trentamila Laziali tornarono al San Paolo, dopo la sconfitta contro il Taranto, trascinando la nostra squadra alla permanenza nel torneo cadetto. Un esodo epocale, propiziato da un amore sconfinato per i nostri colori. Preceduto, di poche ore, dal gol di Rizzolo, dal capolavoro tattico di Morrone e dal secondo scudetto Primavera sistemato nella bacheca dell'allora sede di via Margutta.
di G.Bic.