L’uomo dentro la bara avvolta nella bandiera di raso è morto da un anno e mezzo. Per i magistrati era un latitante. Per il figlio una persona originale. Per l’ex compagno di squadra un Peter Pan. Per gli ultras che ora sono in chiesa un grido di battaglia.
L’uomo morto è Giorgio Chinaglia. È il funerale romano dell’ex centravanti della Lazio e del simbolo della squadra «pazza, selvaggia e sentimentale» che negli anni Settanta salta dalla serie B allo scudetto e poi si scioglie nella tragedia di morti premature, omicidi in gioielleria, diserzioni, scommesse e arresti. Un gruppo di outsider, ballerini, paracadutisti e pistoleri, divisi in due clan dentro lo spogliatoio. Questa è la squadra che nel ’74 vince e ribalta le gerarchie del calcio nello stesso pomeriggio in cui l’Italia vota il referendum sul divorzio e la Democrazia cristiana va sotto per la prima volta.
È l’inizio del «riflusso» che spegne il ’68 e porta dritto alle pistole e alla lotta armata. Sono passati quarant’anni esatti. Ritorna "Pistole e palloni", il libro cult di Guy Chiappaventi sull’anno che diede l’illusione a molti che la storia del calcio e del Paese potesse cambiare per sempre.