Cari fratelli Laziali,

siamo a 180 minuti dalla fine di questo Campionato. Tra sosta mondiale, penalizzazione bianconera e titolo assegnato con mesi di anticipo, è stata certamente una stagione atipica. Ciò nonostante, arriviamo a questo Lazio-Cremonese al secondo posto, un risultato che nessuno, all’inizio, avrebbe mai osato sperare perfino nei suoi sogni più mostruosamente proibiti.

Sarà una partita dal sapore completamente diverso da quanto stiamo per ricordare. Vi riporteremo al 28 ottobre 1984, alla Lazio targata Giorgio Chinaglia, al suo secondo anno come Presidente di una Lazio di Serie A. È la VII giornata, Juan Carlos Lorenzo si sta barcamenando nel trovare il suo Centro di gravità permanente, con atteggiamenti e scelte tecniche in precario equilibrio tra strategia, tattica e volgare scaramanzia.

Ce la stiamo passando maluccio e quel giorno ci giochiamo una mano importante. Solo che al tavolo verde mancano sia Manfredonia che Batista, due dai quali ti aspetti solo carte buone, dal Full in su. Sono quasi le due e mezza quando i nostri fanno capoccetta dal tunnel della Sud: Orsi, Calisti, Filisetti, Vianello, Podavini, Storgato, D'Amico, Torrisi, Giordano, Laudrup e Garlini. In panchina vanno Cacciatori, Marini, Spinozzi, Fonte e Dell’Anno.

Emiliano Mondonico può contare sui soliti noti: Borin, Montorfano, Galvani, Garzilli, Paolinelli, Galbagini, Viganò, Bonomi, Mei, Nicoletti, Bencina e Chiorri. Può contare su Rigamonti, Ami, Finardi e l’ex laziale Mauretto Meluso.

Dopo nemmeno cinque minuti la Cremonese si impossessa del pallino del gioco e non lo molla più.

Chiorri sfiora il vantaggio, poi, alla mezz’ora, un Orsi in splendida forma riesce ad ipnotizzare Nicoletti quando questi è già sicuro di aver fatto gol. Anche Mondonico era certo che il suo attaccante avrebbe segnato e, per la rabbia, tira un pugno che spacca il vetro della panchina. Se il primo tempo si fosse chiuso sul 2 a 0 per i Grigiorossi nessuno avrebbe avuto da ridire.

Ma noi in Curva non ci stiamo, perché non abbiamo la minima intenzione di tornare in Cadetteria, e allora prendiamo a fischiare la squadra “pretendendo” un maggior impegno, in una partita che è assolutamente da vincere. Non abbiamo ancora vinto, è da agosto che abbiamo iniziato a soffrire any given Sunday, solo pareggi e sconfitte.

Il secondo tempo inizia come peggio non si potrebbe, la Lazio è rimasta negli spogliatoi e dopo cinque minuti la Cremonese passa meritatamente (e finalmente) in vantaggio. Viganò segna in diagonale, sotto una Nord dalla quale inizia a levarsi più di un fischio. Anche la Monte Mario ulula, il gioco è stato veramente miserabile, un’offesa al Calcio e un affronto a noi tifosi. Sono circa le quattro, il sole caldo del mattino sta calando velocemente e sono arrivate le tenebre, buie quasi quanto il nostro umore.

Giordano e Torrisi (quest’ultimo, ritratto nella rara immagine della partita che accompagna l’articolo) evanescenti, D'Amico e Laudrup hanno predicato in un deserto tattico. In panchina c’è un ragazzetto dallo sguardo tagliente, un look vagamente da Clan dei Marsigliesi, nelle partitelle a Tor di Quinto è uno dei Primavera in grado di farsi rispettare anche dai difensori più esperti come Vianello e Spinozzi.

Si chiama Francesco.

Lorenzo lo spedisce in campo al posto del nervosissimo Torrisi e da quel momento la partita cambia. Francesco Dell’Anno ha un talento che ricorda il primissimo D’Amico, la squadra inizia a girare come mai si era visto negli ultimi due anni. Dell'Anno ha il baricentro basso, i difensori della Cremonese, sorpresi, pur spingendolo non riescono a fermarlo. Francesco affonda sulla sinistra, poi vira verso il centro, neanche un minuto dopo il suo ingresso, un allungo e un cross teso, sul quale Giordano giunge in ritardo ma su cui si avventa Garlini. Ne nasce un batti e ribatti, molto simile al rocambolesco pareggio segnato da Paolo Rossi in Italia-Francia a Mar del Plata di Argentina ’78. Chiorri e Borin provano a smorzare il tiro di Garlini, la sfera rimbalza sulla gamba di Borin che si trascina il pallone dentro la porta: 1 a 1.

Sul più bello, Garlini si fa espellere dal signor D'Elia, per un fallo di reazione su Garzilli a gioco fermo, sotto gli occhi del guardalinee. Un'ingenuità colossale. In dieci, incredibilmente, iniziamo a giocare meglio e con più velocità. Lorenzo manda in campo Marini al posto di uno Storgato apparso in ambasce, soprattutto nel primo tempo. Mancano meno di dieci minuti. È un altro giovane, Michael Laudrup, a prendere per mano la squadra insieme a un Vincenzo D’Amico autoesaltatesi nell’ultima mezz’ora. Fuga sulla sinistra, assist per Giordano che tira male e spreca a lato. Nell’azione successiva, Laudrup salta gli avversari come birilli, dribbling e assist in area per D'Amico, che piroetta freddamente aggiustandosi il pallone, prima di scaricarlo in rete di collo pieno, per il gol della liberazione. Avevamo vinto e avevamo vinto in dieci.

Sarebbe stato il momento più leggero in una delle annate più catastrofiche della nostra storia, che ci vide retrocedere, dopo aver concluso all’ultimo posto, insieme all’acerba Cremonese.

Domenica pomeriggio, la partita è da vincere per tre motivi:

-        si deve provare ad arrivare secondi, perché non sono da escludersi nuove depenalizzazioni a favore della Juventus;

-         si devono fare più punti della Juventus, ché non si dica che ci hanno fatto dei favori;

-         si deve onorare la Storia, è il 10° anniversario della vittoria del Derby in finale di Coppa Italia 2012-13. Non si può non battere una squadra già retrocessa sotto gli occhi degli “Eroi del 26 maggio”.

Dovremo mantenere calma e concentrazione. Se riusciremo vinceremo, perché siamo molto più forti. Forza Lazio!

Ugo Pericoli