Cari fratelli Laziali,


frastornati dall’esito di un Lazio Parma gestito male, sia dal tecnico che dalla maggior parte dei nostri giocatori, ce ne andiamo subito all’amarcord in vista del prossimo Empoli Lazio.

Vi porteremo indietro di quasi quarant’anni, esattamente al 5 gennaio 1986.

Eccoci a Empoli. La maggior parte di noi, stampa cittadina inclusa, crede ancora nella promozione in serie A, nonostante un ritardo causato dalle performances, assolutamente insufficienti, fornite nelle partite lontano dall’Olimpico.


Si gioca la XVII giornata, speriamo tutti in una svolta decisiva.

L’Empoli è la rivelazione del campionato. Li allena Gaetano Salvemini, navigata volpe della cadetteria. Schiera Drago, Miggiano, Gelain, Della Scala, Picano, Salvadori, Cecconi, Urbano, Della Monica, Casaroli e Cipriani.


Gigi Simoni non può contare su molti giocatori. Manca Giuliano Fiorini. Manca soprattutto il capitano di sempre, l’insostituibile Vincenzo D’Amico. Però la squadra, seppur menomata, è apparsa rigenerata dalle vacanze natalizie, dichiarandosi pronta a rivoluzionare il mondo.


Largo dunque a Malgioglio, Podavini, Spinozzi, Galbiati, Calcaterra, Magnocavallo, Poli, Corti, Garlini, Dell'Anno e Toti. Anche in panchina saremmo ben attrezzati, con Ielpo, Filisetti, Vinazzani, Damiani e Torrisi.

Il primo tempo è di una noia infinita ma a noi, affamati di punti, il pareggio andrebbe “quasi” bene.


Lo stesso si direbbe per l’Empoli, in soggezione al cospetto della “grande” Lazio, vissuta dai tifosi locali come una nobile decaduta.

Il rientro dall’intervallo è quanto di peggio potesse capitarci. Uno dei nostri giocatori più rappresentativi, Galbiati, una vita tra Fiorentina e Torino, prima sbaglia completamente l’appoggio per lanciare un nostro contropiede, poi provoca un autogol deviando con la schiena un tiro di Casaroli da 25 metri. Malgioglio prova a rinculare, ma la deviazione ha sorpreso anche lui: 1 a 0 per il piccolo e sconosciuto Empoli. I toscani esultano, per noi è notte fonda, nonostante siano da poco passate le 15:30. Proviamo a reagire, Dell'Anno si procura un calcio di punizione incaricandosi della battuta. Il tiro è forte e preciso ma Drago compie un mezzo miracolo. Solo una mezz’ora ci separa dall’ennesima sconfitta stagionale, che equivarrebbe a dover scendere definitivamente dal treno diretto verso la serie A.

Dell’Anno e Toti, i due baby-laziali, ci sembrano i più battaglieri in campo, quantomeno, sono loro a tener viva la fiammella della speranza. Ma tutto si spegnerà a dieci minuti dalla fine. Siamo all’80’. Ancora Galbiati, stralunato più che mai, sbaglia un facile disimpegno, lasciando via libera a Casaroli, che serve Cipriani, che salta anche Spinozzi, prima di sparare un sinistro a giro che vuol dire game-over.

Tre minuti più tardi, il signor Magni di Bergamo, che fin qui ha ben diretto, concede un generoso rigore per una spintarella che manda a terra Magnocavallo.

A casa noi balziamo su dal divano, avvicinandoci al televisore per meglio udire la radiocronaca di Teleroma 56:“Sul dischetto è andato Garlini: tiro, noooo parata di Drago!”

Non passano che due minuti che l’arbitro concede un nuovo calcio di rigore, questa volta a favore dei padroni di casa. Cecconi è stato platealmente ostacolato da Calcaterra e da Galbiati e si presenta sul dischetto. Per nostra fortuna, il tiro si rivela un nulla di fatto, risparmiandoci una figuraccia insostenibile.


Sarà la sesta sconfitta su nove gare in trasferta, una percentuale da retrocessione.


L’immagine che accompagna il nostro articolo ci sembra il ritratto fedele della Lazio di quella stagione. Giorgio e Vincenzo sono due di noi, piccoli laziali dallo sguardo triste e preoccupato. Con il cuore altrove, alla ricerca di un tempo ormai perduto, un presente grigio tendente al nero, ricco solo di debiti finanziari e tanti punti interrogativi.

A sera, Chinaglia verrà raggiunto telefonicamente negli USA. Giorgio sarebbe restato in silenzio, dissimulando calma e ottimismo. Vista l’impalpabilità del vicepresidente Franco Chimenti, equamente diviso tra voci di ribaltoni e un possibile interessamento dell'imprenditore Lamberto Mazza, Gigi Simoni decise in autonomia e, sentiti i giocatori, portò la Lazio in ritiro.


Sperava di salvare la stagione. Ancora non sapeva che avremmo visto l’inferno.

Tra poche ore, ad Empoli, ci aspetta una partita da dentro o fuori.

Una di quelle che non vorremmo giocare mai. Per di più, pure all’ora di pranzo.Forza Lazio!


Ugo Pericoli