Cari fratelli Laziali,

ancora poche ore e sapremo se ed in quale delle tre coppe europee potremo partecipare nella prossima stagione.

In vista dell’ultima partita col Lecce, vi riportiamo ad un vecchio precedente di una delle ultime Lazio cragnottiane.


Bentornati al 7 aprile 2002! È la XXX giornata di Serie A 2001/02, campionato a 18 squadre.

Alberto Zaccheroni sta cercando di far risalire la china ad una squadra ancora infarcita di campioni che tuttavia sembrano starsene un po’ sulle loro. Scendono in campo Marchegiani, Stam, Nesta, Fernando Couto, Favalli, Poborsky, Castroman, Liverani, Stankovic, Fiore e Claudio Lopez. A disposizione di Zaccheroni, Favazza, Cesar, Pancaro, Mihajlovic, Evacuo, Simeone e Gottardi.


Delio Rossi è invece alle prese con ben altri problemi, una rincorsa estenuante, provando ad acciuffare una salvezza che appare abbastanza impossibile. Contro la Lazio sarà obbligatorio non perdere, nella speranza di ottenere l’intera posta contro una squadra, la nostra, che ha lasciato sul campo almeno 8 punti a causa di errori di sottovalutazione, di deconcentrazione se non addirittura, triste a dirsi, alla demotivazione.

Il Lecce entra sul terreno di gioco con Chimenti, Juarez, Popescu, Stovini, Billy, Conticchio, Piangerelli, Giacomazzi, Tonetto, Vugrinec e Chevanton. A disposizione del tecnico leccese ci sono Frezzolini, Colonnello, Konan, Savino, Silvestri, Superbi e Vucinic.


Vi stavamo parlando di demotivazione. Lo scudetto del 2000 appare lontanissimo. L’Europa futura sembra quasi un miraggio. Sergio Cragnotti e tutta la Cirio sono da qualche tempo nell’occhio del ciclone. Rumors di dissesti finanziari serpeggiano nel sottobosco della Capitale e nell’ambiente borsistico. Voci e chiacchiericci destabilizzanti, che non risparmiano nemmeno che scende in campo la domenica. Sulle tribune siamo in poco più di 35.000; ormai disillusi ma pur sempre innamorati dei nostri colori.


Pronti-via, la prima azione è subito laziale, con Claudio Lopez che scatta lungo l’out e rimette al centro, dove però nessuno si è presentato all’appuntamento. Si prosegue a fiammate, una volta si sgancia Fiore, un’altra è Castroman che prova a riscaldare l’ambiente. Niente da fare, non sembra essere giornata, nemmeno contro il derelitto Lecce. Delio Rossi prova a chiedere ai suoi di uscire dal guscio ma a Nesta e Stam, inoperosi nei primi trenta minuti, è sufficiente accennare un attacco per obbligare le punte avversarie a rinunciare ad ogni sortita. Il primo tempo termina nella noia più totale, Marchegiani si sfila i guanti consapevole di non aver dovuto fare neppure un intervento.


Durante l’intervallo gli occhi di tutti sono puntati su Simeone. Si era infortunato durante Galatasaray Lazio, partita d’esordio di Champions League. Una partita che non si sarebbe nemmeno dovuto giocare.

Come certamente ricorderete, la prima giornata della fase a gironi era prevista per martedì 11 e mercoledì 12 settembre. Il martedì si verificò l'attacco alle Torri Gemelle, il mondo intero si trovò alle prese con qualcosa di inaudito. Eravamo tutti con il cuore altrove ma l'UEFA, contravvenendo a qualsiasi norma imposta dal buon senso, decise di far scendere in campo tutte le compagini. Si disse che sussistevano rischi legati all’ordine pubblico, che il traffico aereo sarebbe andato nel caos, ma non era vero, perché l’attentato era avvenuto a New York, quando in Europa era ancora mattina. L’UEFA si mostrò sorda e irremovibile e non ordinò il rinvio delle gare limitandosi a far osservare un minuto di raccoglimento. Da casa seguivamo la partita distrattamente, facendo zapping con i vari telegiornali, finché a un certo punto vediamo Simeone perdere un contrasto a centrocampo, provare a recuperare il pallone e infortunarsi, malamente, seriamente. Le smorfie del Cholo descrivevano le sue urla di dolore, che sembravano bucare lo schermo e arrivare fino a noi.


Quel preciso momento, tutto sommato ad inizio stagione, rappresenta la sintesi perfetta di un’annata maledetta, iniziata con lo scudetto perduto e un sogno di passaggio turno spezzatosi la sera di quel maledetto 11 settembre.

E ora siamo qui, all’Olimpico, mentre seguiamo Simeone intento nel riscaldamento. Entrerà in campo un altro degli eroi di quello scudetto che sembra evaporato, attardati come siamo in classifica, indietro perfino al Chievo.


“Simeone, Simeone” – intona la Curva Nord, il Cholo ringrazia e rientra negli spogliatoi, in attesa della chiamata di Zaccheroni nella ripresa.

Il pubblico inizia a spingere e la squadra sembra rinvigorita, Claudio Lopez e Liverani tornano a dialogare con Stankovic, che appare come trasformato. Entra finalmente Diego Pablo Simeone (ritratto nella foto articolo) e ci alziamo tutti in piedi per salutarlo e applaudirlo. Al 60’ sembra fatta. Fiore ha intercettato un passaggio involontario di Conticchio ma si divora il gol del vantaggio calciando fuori a porta spalancata. La Curva Nord è desolata, vinta, tutto sembra perduto. Passano ancora cinque minuti, altrettanti giri a vuoto. Stankovic non si è ancora arreso e spinge come un rullo compressore, si libera di un avversario, ne salta un altro poi crossa, benissimo; tiro a botta sicura di Fiore, che stavolta ha calciato molto bene, il pallone supera il portiere Chimenti ma viene respinto da Popescu sulla linea.


La partita continua ma viene fermata da un guardalinee. Popescu ha bloccato il pallone oltre la linea di porta. Il guardalinee continua a correre verso il centrocampo, non ci siamo resi conto di aver segnato, la rete non si è nemmeno mossa e l’urlo ci è rimasto strozzato in gola. Ma Fiore ci ha portato in vantaggio, siamo sull’1 a 0.


Tre punti importantissimi per noi. La sconfitta, per il Lecce, sarebbe il colpo fatale. Al minuto numero 86, Vugrinec ha sui piedi il pallone della speranza ma da ottima posizione spreca maldestramente, mandando in frantumi ogni residuo sogno di salvezza. Sul finire, preso dallo sconforto, si farà sotto all’arbitro Farina, protestando per una presunta trattenuta di Nesta. Verrà espulso e il Lecce finirà malissimo una partita che aveva condotto in modo diligente.


Mancavano 28 giorni alla fine del Campionato. Sarebbe arrivato il 5 maggio, il giorno in cui impedimmo all’Inter di cucirsi uno scudetto che sembrava già vinto, surclassando i milanesi con ben 4 reti una più bella dell’altra, inclusa quella del Cholo Simeone, che segnò alla sua maniera.


Tra poche ore sarà di nuovo Lazio contro Lecce. A nostra memoria, e anche scartabellando negli annali, non ricordiamo una situazione del genere. Un incrocio con quattro combinazioni: giocare la partita sapendo di poter disputare il prossimo anno una delle tre coppe europee – perfino quella più prestigiosa – oppure restare del tutto a bocca asciutta.


2 combinazioni su 4 dipendono esclusivamente da noi. Occorre che i nostri facciano il loro, per poi mettersi alla finestra e sperare. Forza Lazio!

Ugo Pericoli