Cari fratelli Laziali,
è la settimana di Lazio-Porto e di Lazio-Napoli. È la
classica settimana di passione, in cui ci si gioca tanto e forse tutto.
Superare il Porto arrecherebbe entusiasmo e prestigio, nonché un discreto
tesoretto economico. Fare bene con il Napoli equivarrebbe a far punti contro uno
dei candidati allo Scudetto. Se la partita col Porto rievoca una sconfitta
occorsa in un periodo - tutto sommato - felice, il prossimo Lazio Napoli coincide
con il 60° anniversario della più clamorosa svista arbitrale della storia del
Calcio italiano. Entriamo dunque in quel ricordo: torniamo al 4 marzo 1962.
Ci troviamo allo Stadio Flaminio, è domenica e sono
le tre in punto. Piove che Dio la manda. Lazio e Napoli stanno per incontrarsi
nella XXV giornata del Campionato di Serie B 1961-62. Fino a quel punto,
abbiamo raccolto abbastanza delusioni, sia noi che i partenopei, ma siamo
pienamente in corsa per l’ultimo posto disponibile per la risalita nella
massima serie. Mancano ancora due mesi alla conclusione del campionato ma
indubbiamente per Lazio e Napoli, attardate in classifica, è una partita da
dentro o fuori. Il Napoli è andato in ritiro in un albergo a Grottaferrata.
Anche noi ci siamo messi in clausura, per tentare di ritrovare concentrazione e
nuova linfa. Se i campani hanno optato per i Castelli noi abbiamo scelto l’Alto
Lazio: da martedì mattina Morrone &. Co sono in ritiro ad Acquapendente. A
guidare la Lazio è stato scelto uno a caso. No, non è un modo di dire, è storia:
le cose stanno andando male e l’allenatore Paolo Todeschini è finito sul
banco degli imputati. Per sostituirlo, anziché guardare all’area tecnica, il
pittoresco presidente Costantino Tessarolo ha posto al vertice tecnico
il segretario amministrativo della Società Alfonso Ricciardi. Questi
inizialmente rifiuta, ma viste le insistenze e i modi un po’ naif del presidente,
cede alle lusinghe diventando l’allenatore che proverà a riportare i
biancazzurri in Serie A.
Il 4 marzo 1962 scendiamo in campo con Cei, Noletti, Eufemi,
Carosi, Seghedoni, Mecozzi, Longoni, Gasperi, Landoni, Morrone e Maraschi. Il
Napoli è allenato da un argentino emergente. Si chiama Bruno Pesaola, è
soprannominato “il Petisso”, ed è forse il primo cittadino di Buenos Aires ad
essere nato a... Napoli.
Manda in campo Pontel, Molino, Mistone, Bodi, Schiavone,
Girardo, Gilardoni, Ronzon, Corelli, Fraschini e Tacchi.
Dicevamo della tanta pioggia. Non fa freddo, lo Stadio
Flaminio è un catino bagnato ricolmo d’acqua e di spettatori, pigiati come
sardine. Il Flaminio può contenere 37.000 spettatori ma ce ne sono oltre 40.000.
Si gioca ai piedi dei Parioli ma sembra di stare a Fuorigrotta.
Quasi metà del pubblico è composto da tifosi del Napoli che hanno organizzato
un sabba infernale con mortaretti, castagnole e tric e trac. Nell'esplodere, i
botti vanno a formare una nebbiolina leggera che la piaggia pulisce velocemente.
Il terreno è in condizioni pessime e la visibilità non è delle migliori. L’inizio
è per il Napoli, con un tiro d'assaggio dell'azzurro Ronzon che termina fuori.
Rispondiamo al 5' Longoni, con mira da rivedere. Poi, un non facile intervento
di pugno di Cei su Tacchi. Una bella punizione di Morrone impegna Pontel in un
grande balzo. All'11' il Napoli si fa nuovamente insidioso con Tacchi, con una
girata che lambisce il montante. L’azzurro Bodi si fa male e inizia a zoppicare
vistosamente. Sebbene giochino “quasi” in dieci, i partenopei però non
demordono: Corelli impegna Cei in una risposta in angolo. Più tardi è Molino a
sbrogliare una difficile situazione nell'area azzurra. Al 27' colpo di testa di
Gasperi su punizione calciata da Carosi e pallone che sbuccia la traversa. Secondo
tempo: al 52' occasionissima per il Napoli, conclusione a rete di Tacchi e
Mecozzi ribatte con un piede evitando che il pallone gli tocchi
involontariamente la mano. È passata un’ora quando la Lazio lancia il suo forcing:
Pontel è lesto nel precedere a terra Longoni ma Maraschi svirgola dal limite l’invitante
pallone. Sul finire, l’episodio chiave che condizionerà sia l’incontro che
tutto il proseguo del torneo. È il 76': l’arbitro Rigato di Mestre comanda una
punizione a nostro favore per un intervento falloso di Girardo su Longoni.
Eufemi finta il tiro che viene effettuato da Seghedoni. Il pallone supera la
barriera e atterra in rete sotto la traversa. Il Flaminio laziale esplode in un
boato mentre Pontel crolla a terra come trafitto da una lancia invisibile.
L'arbitro per un attimo indica il centro del campo ma accade l'incredibile: il
guardalinee, rimasto fermo, segnala una rimessa dal fondo, avendo osservato la
sfera terminare la corsa fra le braccia di un raccattapalle appostato dietro la
porta. Rigato asseconda il suo assistente e nega il goal. Tutti i laziali si
gettano furiosamente intorno all’arbitro, portandolo in prossimità della porta
dalla rete bucata. Individuato il foro, lo mostrano a Rigato. Incredibilmente (e
inspiegabilmente) Rigato è irremovibile: indica la rimessa dal fondo per il
Napoli. La partita finisce qui. Nel 1962 non esistevano né la VAR né la
Domenica Sportiva. A sera, dopo Carosello, le immagini televisive mostreranno
il bel gol di Seghedoni. Il giorno successivo tutti i giornali, sportivi
e non - saranno concordi nel confermare la dinamica dei fatti. La Lazio si
attiva con un duplice esposto alla Lega Calcio, sottolineando sia il
macroscopico errore della terna arbitrale, quanto il fatto che l'obbligatorio
controllo delle reti nel prepartita, non fosse stato effettuato per omissione
dell’arbitro stesso.
Come da migliore tradizione quando si parla di ingiustizie inflitte
alla nostra amata, il campionato si concluse nel peggiore dei modi. Perché, in un
torneo equilibrato che vide il solo Genoa fare un campionato a parte (54 punti
in 38 gare) ottenendo la promozione con sei giornate d'anticipo, la conquista
della massima serie fu questione di millimetri. Il Napoli era molto forte:
avrebbe vinto perfino la Coppa Italia e concluse – ingiustamente – il torneo al
secondo posto in classifica, insieme al sorprendente Modena, entrambe a 43
punti. Noi chiudemmo con un punto in meno, a 42. Assistemmo al quel furto
inermi, senza nessuno a difenderci, lontani da tutto e da tutti. Al giorno
d’oggi il gol sarebbe stato convalidato e la rete riparata all’istante. Alle TV
non se ne parlerebbe nemmeno, perché nello show-system attuale, quel che è “evidenza”
è equivalente di noia. La Lazio rimase in serie B, inaugurando una serie di
“sfortunate coincidenze” con le terne arbitrali, situazioni che sono diventate
proverbiali e che vorremmo non dover ricordare.
Questo rimane l’evento più macroscopico, la mamma di tutti gli errori arbitrali. Accadeva esattamente sessant’anni fa, giorno più, giorno meno. All’inizio parlavamo di settimana di passione ma forse dovremmo dire “settimana da Lazio”. E chissà che, proprio questa settimana, la Sorte non voglia finalmente decidersi di riparare quel buco nella rete. Forza Lazio!
Ugo Pericoli