Baldo, Gabriotti, Arena, Ghira, Ognio, Lucarelli, Gionta, Guerrini, Pampa, Anderson. Dieci volti, dieci storie: quelle degli atleti che, tesserati per la Lazio, si sono cinti al collo la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici. Giuseppe Baldo e Francesco Gabriotti trionfarono nel torneo di calcio delle Olimpiadi di Berlino del 1936. Si, i Giochi di Jesse Owens, della gazzella di colore che sfrecciava davanti al regime di Hitler. Baldo era un mediano di buon palleggio che giocò con la Lazio per sette anni, disputando quasi duecento partite. Gino Pozzo, il leggendario commissario tecnico, lo volle a Berlino, vestito d’azzurro, nell’unico squillo ai Giochi dell’intera storia italiana del pallone. Assieme a lui, in quella fantastica avventura, Francesco Gabriotti, romano e laziale. Prima di arrivare in prima squadra fece tutta la trafila nelle minori. Avrebbe avuto fortuna nel pallone se, dopo l’oro di Berlino, non fosse stato costretto a ritirarsi per via di un grave infortunio. Da un pallone che rotola in campo ad una sfera che viaggia in acqua. Gildo Arena, per Niccolò Carosio, era il “Meazza della disciplina”. Il re delle “beduine” e delle “palombelle”. Immarcabile per chiunque. Arrivò alla Lazio nel ’48, giusto in tempo per imbarcarsi per i Giochi di Londra, timbrandoli d’azzurro in piscina. Con lui Aldo Ghira, che, prima di essere stato un campione di pallanuoto, fu nuotatore che sommò record e medaglie. Fece in tempo pure a prendere una laurea in ingegneria, disegnandosi una vita, lontano dallo sport, da imprenditore. Palleggi sublimi, precisione e potenza nel tiro: uno degli atleti più prestigiosi della Lazio. Ghira e Arena in attacco, Ognio più dietro, ad inventare e cadenzare il ritmo. La Lazio nel sangue, se è vero che militò sempre in biancoceleste: ecco completato il trio che sbancò Londra. Ognio, come Ghira e come molti altri pallanuotisti dell’epoca, era stato pure formidabile nuotatore, vincendo numerosi titoli italiani nei 1500, 400 stile libero e nella staffetta 4×200. Sempre con l’Aquila griffata sull’accappatoio. Vittorio Lucarelli partì per i Giochi di Melbourne con un sogno in valigia. Lo realizzò nel fioretto a squadre, lui che non disdegnava neppure la spada. Con Giancarlo Guerrini e Salvatore Gionta (ritratto in una bella foto del Centro Studi Nove Gennaio Millenovecento), medaglie d’oro nella pallanuoto ai Giochi di Roma ’60, la Lazio coronò, in piscina, la propria superiorità dell’epoca. Frutto di lungimiranza e scelte azzeccate. Come le nuove teorie negli allenamenti propugnate da Zabberoni, ingaggiato dal Presidente Nostini. Guerrini fu nuotatore, pallanuotista di successo e pure scrittore, a tempo perso. Gionta, che non poteva non eccellere in acqua essendo nato a Formia, città di mare a sud di Roma, aveva già messo in bacheca lo scudetto della Lazio Pallanuoto del ’56. Una splendida favola vissuta in estate, quella, al cospetto di una Roma ormai sparita. Il penultimo mini-ritratto è per il brasiliano Pampa, oro nella pallavolo ai Giochi di Barcellona ‘92. Schiacciatore fenomenale, l’asso nella manica di quella Lazio Volley, trascinata di peso, grazie alle sue prodezze, in serie A. Un premio per una sezione antica, nata nel lontano ’51, tanto cara a Gian Casoni. E poi Felipe Anderson che, nel 2016, vinse a Rio de Janeiro l’oro nel calcio. Lasciando successivamente la Lazio, privandola dei suoi guizzi e della sua velocità. G.Bic.